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INTRODUZIONE E MOTIV AZIONE ALLA RICERCA 
 
Il lavoro qui presentato trae spunto da ricerche più ampie condotte sui giovani adulti e volte ad 
analizzare le differenze, in ambito metalinguistico, tra individui che dispongono di un unico codice 
linguistico e di scrittura (monolingui) e individui che, al contrario, possiedono e padroneggiano due 
differenti codici linguistici (bilingui). In particolare, l‟interesse rivolto ai giovani adulti (studenti o 
ex studenti universitari di Facoltà Umanistiche) di età compresa tra i 20 e i 30 anni, fa eco agli studi 
condotti da Pinto, Trusso, Kristiansen nel 2002 e da Pinto, Trusso, Bevilacqua nel 2004, dai quali 
emergeva una maggiore e spiccata capacità metalinguistica da parte dei bilingui e la notevole 
incidenza della pratica simultanea delle due lingue, dall‟infanzia o dalla pre-adolescenza, sulle 
abilità metalinguistiche degli stessi. Lo studio da me presentato si avvicina ad un‟altra ricerca molto 
interessante condotta sotto la supervisione della Prof.ssa Pinto e volta ad analizzare le abilità 
metalinguistiche e cognitive di giovani adulti bilingui e monolingui italofoni/francofoni mediante 
l‟utilizzo del TAM-3 (Pinto, Iliceto, 2007), impiegato anche nella sua versione francese denominata 
THAM-3, e delle Matrici Progressive di Raven (Raven, Raven, Court, 1998). Ancora una volta i 
risultati hanno mostrato la migliore capacità metalinguistica nonché una lieve superiorità, dal punto 
di vista dell‟intelligenza non verbale, a favore dei bilingui. A tale scopo, ai partecipanti alla ricerca, 
testati in Italia, sono stati somministrati i medesimi test: il TAM-3 impiegato, questa volta, anche 
nella sua versione inglese denominata MAT-3 e le Matrici Progressive di Raven, somministrato 
nella forma tradizionale. Obiettivo centrale di tale lavoro è quindi ottenere una visione più ricca e 
completa delle differenze che intercorrono in ambito metalinguistico e cognitivo  tra il gruppo dei 
bilingui e quello dei monolingui, e tra il tipo di bilinguismo e monolinguismo che caratterizza i 
partecipanti alla ricerca. Nello specifico, il lavoro qui presentato si articolerà in due parti: 
- Nella prima parte, verranno esposti i presupposti teorici che sono alla base della ricerca. In 
particolare, verranno presentati alcuni dei legami, riscontrati dalla letteratura internazionale, 
che intercorrono tra lo sviluppo metalinguistico e lo sviluppo cognitivo sia in un contesto 
più generale che all‟interno del fenomeno del bilinguismo. 
- Nella seconda parte, invece, verrà presentata la ricerca. Sarà specificato l‟impianto 
metodologico utilizzato, verranno descritte le  ipotesi, gli obiettivi, la descrizione del 
campione e gli strumenti di indagine impiegati. L‟ultimo capitolo sarà, invece, dedicato alla 
descrizione dei risultati della ricerca grazie all‟uso degli strumenti d‟indagine statistica di 
tipo descrittivo e inferenziale.
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Per vicende personali, dai 5 ai 7 anni,  mi sono ritrovata in una terra straniera alle prese con 
l‟insegnamento della letto-scrittura sia in lingua italiana che in lingua inglese. Ho quindi avuto la 
possibilità, durante il periodo pre-scolare e scolare, di imparare le fondamenta di entrambe le lingue 
e, per un certo periodo di tempo, di sfiorare una pratica bilingue che è poi sfumata al mio rientro in 
Italia. Successivamente, retaggi senza dubbio teorici e culturali mi hanno portato a percorrere la 
strada del monolinguismo, percepita come più chiara e lineare rispetto a quella del bilinguismo che 
alcuni denigratori hanno visto come portatrice di caos e “confusione mentale”. Nel corso degli anni, 
tuttavia, ho avuto l‟opportunità di entrare in contatto con il bilinguismo attraverso gli altri: amici, 
genitori di amici etc. In questo senso, dall‟infanzia e per tutta la giovinezza, il tema del bilinguismo 
ha ritmato, con più o meno forza, un mio percorso di vita. E ancora, durante gli anni universitari, a 
un interesse personale e intuitivo  si è affiancato  un interesse anche teorico che mi ha spinta, 
dapprima, a scegliere una specifica ricerca tesa all‟analisi e al confronto delle abilità 
metalinguistiche di bilingui e monolingui, grazie a un esame della Prof.ssa Pinto, e 
successivamente, a dedicare a questa tematica il lavoro finale di tesi. Questa ricerca mi ha così 
fornito la possibilità di avvicinarmi con maggior intensità al fenomeno del bilinguismo, di 
ammirarlo, di conoscerlo e di comprenderlo in alcune rilevanti sfaccettature fino quasi a „farlo mio‟. 
Una  bilingue mancata dunque: questa, in fondo, è la motivazione personale che mi ha spinta alla 
realizzazione di questo lavoro.
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PARTE PRIMA 
 
I. PRESUPPOSTI TEORICI E CONTRIBUTI EMPIRICI ALLO STUDIO 
DELLA CONSAPEVOLEZZA METALINGUISTICA E DEL BILINGUISMO. 
 
I.1. LINGUISTICA E PSICOLINGUISTICA 
 
Il linguaggio è uno strumento del pensiero, non solo perché lo traduce in parole, permettendo così 
all'individuo di “parlare anche con se stesso”, vale a dire di pensare e ragionare, ma anche perché 
sollecita ad agevola lo sviluppo dei processi mentali che organizzano in varie forme i dati 
dell'esperienza. 
Attraverso il linguaggio diamo realtà all'esperienza: definendola, descrivendola e rappresentandola. 
In altre parole è come se vi fosse un linguaggio con cui si ragiona e un linguaggio di cui si ragiona. 
Sulla lingua come uso agiscono, seppure in gradi differenti da parlante a parlante, sia una coscienza 
metalinguistica, dove “coscienza” sta per grado di consapevolezza e “metalinguistica” per 
riflessione sulla funzione e sul meccanismo della lingua, sia una competenza linguistica. Nel tempo, 
varie discipline di natura linguistica quali la linguistica teorica, la psicolinguistica (in particolare la 
psicolinguistica evolutiva), e alcune discipline applicate all‟insegnamento, quali la glottodidattica
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 e 
la psicopedagogia del linguaggio, hanno mostrato un forte interesse verso le “abilità 
metalinguistiche” o meglio, verso la “consapevolezza metalinguistica”, intendendo con tale termine 
la capacità di riflettere sulle strutture e sul funzionamento del linguaggio. Alla linguistica, in 
particolare, va riconosciuta la creazione stessa dell‟aggettivo “metalinguistico” e del corrispondente 
sostantivo “metalingua” o “metalinguaggio”, secondo un‟accezione distinta e complementare a 
quella che risulta pertinente per gli psicologi. 
Negli anni ‟30 del secolo scorso, il filosofo Carnap (1934), nell‟ambito della logica formale, 
propone una distinzione tra lingua per designare e descrivere oggetti, denominata appunto “lingua-
oggetto” e “meta-lingua”. Oltre vent‟anni dopo, il linguista Jakobson (1963), riprende questa 
distinzione definendo la “funzione” metalinguistica quella che ci permette di parlare della parola  e 
quindi di riflettere sul significato stesso delle parole. Secondo l‟autore la funzione metalinguistica 
costituisce ogni atto di comunicazione verbale che formula un messaggio utilizzando un codice. 
Questo atto di comunicazione è sempre fondato sulla presenza di un mittente che stabilisce un 
contatto con un destinatario in un determinato contesto. Quando l‟attenzione di entrambi gli 
interlocutori è concentrata sulla struttura del codice e non sul contenuto, la funzione dominante in 
quel momento è appunto la funzione metalinguistica. 
                                                 
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 La “glottodidattica” è quella disciplina interessata all‟insegnamento di lingue non native mentre la “psicopedagogia 
del linguaggio” è una disciplina interessata alla progettazione e alla valutazione di interventi pedagogici nella lingua 
nativa.
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Nella sua forma più specifica, la funzione metalinguistica sfocia nella creazione di una  
metalingua. Al contrario, la forma più compiuta di tale attività creatrice di metalingua si ha ogni 
volta che viene formulata una nuova teoria linguistica che cerca una collocazione nel suo campo 
disciplinare di riferimento, che è appunto la linguistica. 
Nella sua forma più astratta, dunque, una metalingua è la teoria della lingua e non ha per contenuto 
un oggetto o un‟azione del mondo extralinguistico, bensì una moltitudine di parole le quali possono 
entrare in relazione con oggetti, eventi ed azioni al di fuori del mondo linguistico. Per lavorare sul 
prodotto metalingua, sono indispensabili processi cognitivi in grado di attivare delle funzioni 
metalinguistiche.  Jakobson, nel dare forma al concetto di funzione metalinguistica, evoca situazioni 
che rispecchiano il nostro modo di parlare quotidiano e che evidenziano tale processualità: “Come il 
Jourdain di Molière
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, che faceva prosa senza saperlo, noi mettiamo in pratica il metalinguistico 
senza renderci conto del carattere metalinguistico del nostro operare. Ogni processo di 
apprendimento linguistico, in particolare l’acquisizione della lingua materna da parte del fanciullo, 
si giova largamente di simili operazioni metalinguistiche” (Jakobson, 1963, 1974). Anche nelle 
parole del linguista francese, Emile Benveniste, è evidente l‟indicazione di un‟attività mentale che 
richiede un distanziamento psicologico dalla lingua-oggetto, infatti l‟autore definisce la 
metalinguistica come “la possibilità che possediamo di elevarci al di sopra della lingua, di 
astrarcene, di contemplarla, pur utilizzandola nei nostri ragionamenti e nelle nostre osservazioni” , 
sostenendo che il privilegio della lingua è quello di comprendere al tempo stesso il significato dei 
simboli e dell‟enunciato (Benveniste,1974). L‟suo del prefisso “meta” rinvia quindi a qualcosa che 
va oltre, che va  “al di là”. 
Più recentemente, Tunmer, Pratt e Herriman (1984) scrivono che la consapevolezza metalinguistica 
“può essere definita come l’abilità di riflettere su e di manipolare le caratteristiche strutturali del 
linguaggio parlato, trattando il linguaggio come oggetto di pensiero, in contrasto con il semplice 
uso del sistema linguistico per comprendere e produrre frasi. Essere metalinguisticamente 
consapevoli equivale ad accorgersi che il flusso del discorso, che inizia con segnali acustici e 
termina con il significato inteso da colui che parla, può essere osservato con occhio razionale ed 
essere preso come oggetto a sé stante”.  
Le considerazioni effettuate fin qui, lasciano intravedere una certa diversità fra gli specifici approcci 
che caratterizzano il linguista e lo psicolinguista. In particolare, l‟atteggiamento della 
psicolinguistica, in linea con la definizione di Tunmer, Pratt e Herriman, è volto a rintracciare, nel 
corso dello sviluppo dell‟individuo, gli indizi di consapevolezza metalinguistica dal punto di vista 
del soggetto umano che li attua, sulla base di processi psicologici che possono avere un‟espressione 
                                                 
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 M. Jourdain è il protagonista della celebre commedia di Molière “Il borghese gentiluomo”, del 1670.
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verbale ma anche non verbale; al contrario, il linguista ha il compito di sezionare i fatti di lingua dal 
punto di vista dell‟oggetto-codice individuando, così, delle unità pertinenti. 
Il punto di vista della psicolinguistica quindi, aiuta il linguista a restituire la lingua a colui per il 
quale e dal quale è fatta; a sua volta, il punto di vista del linguista, aiuta lo psicologo a capire come 
un‟attività cognitiva di riflessione su determinati usi della lingua, si incarni, in modo più o meno 
pertinente, nella metalinguistica. 
Le diversità sopra citate sono state analizzate dallo psicolinguista francese J.E. Gombert (1990), il 
quale ha formulato quattro combinazioni possibili: 
1- Nel caso in cui un adulto o un bambino usano, inconsapevolmente, nel loro linguaggio, 
termini metalinguistici: il linguista registrerà tracce di meta lingua mentre lo psicolinguista 
non potrà parlare né di riflessività né competenza né di abilità “meta”; 
2- Nel caso in cui sia il bambino che l‟adulto si soffermano ad ascoltare le parti finali di alcune 
parole, a parer loro cariche di significato, o si correggono spontaneamente in quella precisa 
parte del discorso se pensano di non aver detto come realmente volevano dire: il linguista, 
contrariamente a prima, non troverà esempi di metalingua mentre lo psicolinguista 
individuerà tracce di riflessività a livello di attenzione selettiva, percezione uditiva, recupero 
in memoria di forme note, di significanti distinti e di feedback articolatorio nel caso di una 
produzione corretta. In tal caso, si parlerà di coscienza o consapevolezza metalinguistica di 
livello intuitivo, non verbalizzata. 
3- Nel caso in cui un bambino scolarizzato o un adolescente con una più avanzata 
scolarizzazione, dinanzi a due frasi sinonime, formulate con un ordine diverso, affermano 
che, sebbene costruite in maniera diversa, entrambe le frasi hanno eguale significato: il 
linguista troverà scarso materiale metalinguistico mentre lo psicolinguista registrerà 
un‟attività riflessiva cosciente, in quanto verbalizzata. In tal caso, si parlerà di 
consapevolezza e competenza di analisi metalinguistica. 
4- Infine, se nel caso precedente, l‟argomentazione della sinonimia diviene più tecnica e mette 
in gioco categorie grammaticali del tipo “soggetto”, “oggetto”, “azione in forma passiva” o 
“azione in forma attiva”, saranno soddisfatti i criteri metalinguistici sia del linguista che 
dello psicolinguista. In tal caso, si potrà parlare di riflessività cosciente o consapevolezza e 
di competenza metalinguistica di un livello tecnico più avanzato.