2
tali aiuti sulla competitività dei settori in cui essi sono stati 
concessi. 
Il quinto ed ultimo capitolo, infine, è dedicato alle vicende 
che hanno visto, e vedono tuttora, l’Alitalia ad un soffio dal 
fallimento.  
La finalità di questo lavoro è quella di fornire, per quanto 
possibile, un quadro ampio della disciplina e degli effetti degli aiuti 
di Stato mediante un’operazione di salvataggio o un progetto di 
ristrutturazione nell’ambito delicatissimo del risanamento di una 
impresa che versi in condizioni di difficoltà. 
 
 
 
 
 
 3
CAPITOLO I 
GLI OBIETTIVI DEL DIRITTO DELLA CONCORRENZA E GLI 
AIUTI DI STATO: EVOLUZIONE STORICA 
 
1. Gli interessi coinvolti nella disciplina degli  
Aiuti di stato. 
Nell’ambito della disciplina della concorrenza contenuta nel 
Trattato CE, la materia degli aiuti di Stato è caratterizza da alcune 
difficoltà di approccio. 
Nella materia degli aiuti di Stato confluiscono, infatti, interessi 
eterogenei, e a volte confliggenti, di difficile contemperamento: 
interessi della Comunità, interessi dei singoli Stati, interessi dei 
consumatori e degli utenti, interessi delle imprese destinatarie 
degli aiuti e delle imprese concorrenti…e così via. Ed è sempre in 
tale materia che si incontrano, e si scontrano, l’opzione liberista 
della Comunità europea che guarda con fiducia al mercato, e 
l’opzione politica propria degli Stati che guarda invece ai fallimenti 
del mercato stesso. 
 
1.1 L’interesse della Comunità. 
Nella disciplina comunitaria della concorrenza ed ancor più nella 
materia degli aiuti di Stato, proprio nel momento in cui si tenta di 
comprendere la ratio della regolamentazione di tali aiuti, quello che 
sembra sfuggire è la regola in virtù della quale gli interessi vengono 
composti. 
È imprescindibile, a tal proposito, identificare gli interessi 
comunitari che sono alla base del generale principio di 
incompatibilità degli aiuti di Stato, e questo implica una 
enucleazione degli obiettivi propri della politica della concorrenza 
della CE. 
 4
La scelta strategica in favore della concorrenza operata dal Trattato 
CE è scelta politica non fine a se stessa ma funzionale 
all’unificazione dei mercati nazionali degli Stati membri ed alla loro 
trasformazione in mercato interno. 
Il mantenimento di una struttura economica concorrenziale nella 
filosofia del Trattato non è obiettivo antitetico a quello 
dell’integrazione europea: il conflitto fra i due obiettivi è in effetti 
più ipotetico che reale dal momento che, a lungo termine, 
l’integrazione non può che essere benefica per l’efficienza del 
processo economico. 
E’ perciò la realizzazione del mercato unico che si delinea come 
interesse primario della Comunità, ma vi sono anche altri scopi che 
possono essere perseguiti attraverso la politica della concorrenza 
quali lo stimolo all’attività economica, l’allocazione delle risorse, lo 
stimolo all’innovazione, i benefici per i consumatori
1
…etc. 
La concorrenza è il miglior stimolo all’attività economica in quanto 
favorisce il costante adeguamento delle strutture della domanda e 
dell’offerta all’evoluzione delle tecniche. Solo la selezione naturale 
offerta dal mercato può garantire la sopravvivenza delle imprese 
più efficaci ed innovative. 
Quanto all’allocazione delle risorse, mentre in un’economia 
pianificata sono le autorità che determinano in anticipo le esigenze 
dei consumatori, in un sistema economico di tipo liberista il ruolo 
della concorrenza è quello, di un processo regolatore dell’attività 
economica, derivante dalle preferenze e dalle scelte espresse sui 
mercati attraverso le singole decisioni dei produttori e dei 
consumatori. 
La concorrenza obbliga, in oltre, all’innovazione le imprese 
comunitarie che, non potendo concorrere, dati gli alti costi europei 
della mano d’opera, in produzioni a basso prezzo, sono obbligate ad 
                                       
1
 Così la Commissione nella VIII Relazione sulla politica di concorrenza del 1978, 
p. 133, punto 175. 
 5
indirizzarsi verso produzioni ad elevata tecnologia. Detto stimolo 
costituisce un progresso dell’intero settore industriale. Evidenti, 
poi, i vantaggi per i consumatori che sono, in definitiva, i 
beneficiari naturali della concorrenza. 
Da ciò consegue che l’interesse giuridico alla realizzazione di un 
mercato unico non è un interesse “statico” ma “dinamico” in 
quanto si adatta continuamente all’evoluzione dell’ordine 
economico. 
 
1.2 L’interesse dello Stato concedente l’aiuto. 
L’interesse dello Stato e l’interesse della Comunità possono non 
coincidere.  
La realizzazione del mercato interno ha comportato la caduta dei 
sistemi protezionistici classici, ma non ha del tutto eliminato la 
propensione dei Governi ad adottare misure che possano condurre 
ad effetti analoghi a quelli vietati e cioè ad un’alterazione del libero 
gioco della concorrenza. Alla base degli aiuti, in fondo,  vi è sempre 
un atteggiamento di sfiducia degli Stati nei confronti del mercato le 
cui regole sembrano a volte scontrarsi con obiettivi solidaristici, 
occupazionali, sociali, perequativi
2
.  
La molteplicità degli interessi pubblici sottesi ad un intervento 
qualificabile come aiuto ai sensi del Trattato è quindi tale da 
rendere impossibile l’enucleazione di un interesse statale da 
contrapporre all’interesse della Comunità. Di certo, l’interesse dello 
Stato non può che essere il risultato di una mediazione-
composizione di vari interessi pubblici che dovrebbe rendere la 
                                       
2
 Così l’aiuto ad un’impresa, la cui crisi determinerebbe pesanti conseguenze sul 
piano occupazionale, può essere considerato del tutto lecito in una prospettiva 
nazionale, ancorché non lo sia affatto in una prospettiva comunitaria. Più 
evidente è poi l’autolegittimazione degli Stati nel concedere aiuti a favore di 
imprese, operanti in settori economici strategici, il cui sviluppo e la cui crisi 
avrebbero cioè ripercussioni sull’intera economia nazionale. Attraverso gli aiuti, 
gli Stati tentano poi, a volte, di attuare una politica di sostegno all’occupazione 
ovvero interventi a finalità sociale e redistributivi della ricchezza.  
 
 6
scelta in concreto attuata la più rispondente agli obiettivi di politica 
economica legittimamente perseguibili dai singoli Stati nel rispetto 
dei parametri fissati dalla Comunità. 
 
1.3 Gli interessi delle imprese. 
Circa le imprese coinvolte nell’erogazione di una misura statale 
qualificabile come aiuto, si possono identificare due tipi di interessi 
specularmente confliggenti: gli interessi dell’impresa o delle 
imprese che beneficiano della misura e l’interesse dell’impresa o 
delle imprese concorrenti che vengono danneggiate dall’erogazione 
dell’aiuto. 
Sin dalla I Relazione sulla politica di concorrenza del 1971, la 
Commissione ha affermato che un aiuto statale implica 
generalmente un conflitto di interessi tra gli operatori economici 
che ne beneficiano ed i loro concorrenti negli altri Stati membri, 
che vengono, in conseguenza, a trovarsi, sul mercato comunitario, 
in posizione meno favorevole di quella che a loro normalmente 
spetterebbe se non venisse concesso l’aiuto. 
Infatti, in un sistema economico in cui la concessione degli aiuti 
sia generalizzata, le imprese potenzialmente più competitive sono 
esposte ad effetti negativi: si vedono sottratte possibilità di 
espandere la propria produzione e quindi, di puntare ad ottenere 
preziose economie di scala; non possono conseguire quei profitti 
che rendono possibile l’accumulazione di capitale necessario a 
nuovi investimenti di ricerca; e, non vedendo premiata la propria 
efficienza, non sono stimolate ad ulteriori miglioramenti. 
Tuttavia, sia le imprese beneficiarie dell’aiuto che quelle 
potenzialmente danneggiate dallo stesso, hanno, in un determinato 
momento, un interesse comune: quello della certezza, in ordine alla 
compatibilità comunitaria, della situazione di fatto e di diritto 
creata dal progetto di istituzione di una misura statale, certezza 
 7
che può derivare solo da una decisione espressa o tacita della 
Commissione
3
. 
 
2. Le prime regole internazionali. Sovvenzioni e aiuti 
concessi dagli Stati: dal GATT al Trattato della 
Comunità Europea. 
L’azione comunitaria in materia di aiuti pubblici si inserisce in un 
quadro storico e giuridico piuttosto ampio. 
Sebbene l’impostazione della politica economica e delle scelte di 
politica industriale rientri tradizionalmente nella competenza 
domestica degli Stati, si è via via assistito ad una progressiva 
erosione della sovranità nazionale per effetto degli accordi stipulati 
in sede di liberalizzazione degli scambi internazionali e soprattutto 
nell’ambito del GATT (General Agreement on Tariffs and Trade) e di 
altre organizzazioni economiche internazionali. 
Prestando attenzione all’Accordo generale sulle tariffe doganali e il 
commercio (GATT), che offre il sistema più articolato e completo 
oltre che di più ampia applicazione dato il numero degli Stati 
contraenti, si può osservare come la materia delle sovvenzioni vi 
abbia avuto uno sviluppo notevole che ha seguito nel tempo 
l’andamento delle necessità e delle priorità d’intervento degli Stati 
contraenti, fino all’istituzione dell’Organizzazione mondiale del 
commercio, la c.d. WTO (World Trade Organization). 
Le relative disposizioni contenute nel testo originario dell’Accordo 
generale del 1947 permettevano ad uno Stato contraente di 
introdurre diritti compensativi come reazione a sovvenzioni 
disposte da un altro Stato a favore della fabbricazione, produzione 
                                       
3
 Sul punto, si veda C. PINOTTI, Gli aiuti di stato alle imprese nel diritto 
comunitario della concorrenza, Padova, 2000, p. 2 ss. 
 8
esportazione di prodotti industriali che avrebbero potuto 
danneggiare la produzione del primo Stato (art. VI)
4
.  
Con un successivo accordo, c.d. Codice sulle sovvenzioni e sulle 
misure compensative, stipulato nell’ambito del Tokio Round e 
firmato a Ginevra il 12 aprile del 1979, che entrò in vigore il 1° 
gennaio del 1980, la disciplina delle sovvenzioni diventava più 
particolareggiata e vincolante per alcuni aspetti. Tale Accordo 
manteneva in linea di principio la legittimità delle sole sovvenzioni 
alla produzione, purché rispondenti a taluni obiettivi e sottoposte 
all’obbligo di comunicazione ad un apposito comitato; vietava le 
sovvenzioni all’esportazione di prodotti diversi da alcuni prodotti 
primari; e prevedeva la possibilità di adottare “misure appropriate” 
di risposta alle sovvenzioni, alternative rispetto ai diritti 
compensativi
5
. Il Codice conteneva anche disposizioni espresse 
sulle modalità ed i parametri per la determinazione del pregiudizio 
importante (material injury) allo Stato importatore, che costituiva 
una condizione generale per la legittimità dei diritti compensativi, 
accanto al nesso di causalità fra le sovvenzioni e il pregiudizio 
stesso. 
Mancavano, però, una definizione precisa ed un elenco tassativo 
delle sovvenzioni ammesse e di quelle vietate ed una posizione 
chiara quanto alla portata del divieto di sovvenzioni, ai quali si è 
                                       
4
 Le sovvenzioni erano dunque legittime in linea di principio (art. XVI), sebbene 
gli Stati riconoscessero gli effetti negativi delle sovvenzioni all’esportazione 
soprattutto per i prodotti di base. La loro adozione dava però facoltà alle altre 
Parti contraenti di introdurre correttivi per ripristinare una situazione più 
corretta dal punto di vista della concorrenza negli scambi mediante 
“countervailing duties”, definiti come diritti speciali “levied for the purpose of 
setting any bounty or subsidy bestowed, directly or indirectly, upon the 
manufacture, production or export of any merchandise (imposti al proposito di 
compensare ogni premio o sussidio accordato, direttamente o indirettamente, 
sulla manifattura, produzione o esportazione di ogni merce). 
5
 Si pensi, a tal proposito, alla sospensione delle concessioni e degli obblighi 
derivanti dall’Accordo generale, nonché misure provvisorie volte a prevenire 
danni che potevano sorgere durante il periodo dell’inchiesta svolta ai sensi 
dell’art. 2 (come ad esempio diritti compensativi provvisori garantiti da depositi 
corrispondenti all’importo delle sovvenzioni). 
 9
giunto solo nel corso dell’Uruguay Round
6
, ottavo negoziato 
commerciale multilaterale  del GATT, conclusosi nel dicembre del 
1993, che ha portato alla firma dell’accordo istitutivo 
dell’Organizzazione mondiale del commercio, detta OMC
7
 (WTO), 
nell’aprile del 1994 a Marrakesh
8
; ad esso è annesso un Accordo 
sulle sovvenzioni e sulle misure compensative.  
La sovvenzione vi è definita come un contributo finanziario 
accordato da un governo o da un organismo pubblico nel territorio 
di uno Stato membro che comporti un vantaggio ai soggetti 
sovvenzionati
9
.  
In questa ampia definizione sono comprese tutte le sovvenzioni a 
titolo gratuito, ogni forma di prestito, la partecipazione al capitale 
                                       
6
 L’Uruguay Round chiude un ciclo di negoziati apertosi all’Avana nel 1948. Il 
disegno lì delineato si avvia a completamento e dopo 45 anni i commerci 
internazionali entrano in un’epoca caratterizzata da maggiori certezze e da più 
promettenti prospettive. 
L’ultimo ciclo negoziale, l’Uruguay Round appunto, ha preso le mosse da una 
dichiarazione politica dei Ministri riunitisi a Punta del Este nel 1986, per 
concludersi il 15 dicembre del 1993. Non va assolutamente trascurata la portata 
storica di tale trattativa culminata in una vera e propria trasformazione del 
GATT. In tal senso, Uruguay Round: dal GATT all’Organizzazione Mondiale del 
Commercio, Ministero del commercio con l’estero, Quaderni (1), Roma, 1994. 
7
 Il trattato istitutivo dell’OMC gestisce tutte le intese scaturenti dall’Uruguay 
Round, assicurando il puntuale rispetto degli impegni assunti. Caratteristiche 
importantissime di tale organismo sono, infatti, la gestione di un efficace sistema 
di regolamento delle controversie, l’impegno di tutti i paesi aderenti di 
uniformare le proprie legislazioni nazionali alle regole del GATT e la rinuncia a 
misure unilaterali di ritorsione. 
8
 L’Accordo generale sulle tariffe doganali e sul commercio del 1994 è 
giuridicamente distinto dal GATT 1947. Così G. ADINOLFI, L’organizzazione 
mondiale del commercio, profili istituzionali e normativi, Padova, 2001, p. 43.  
9
 Ciò avviene nei casi in cui: 
1) una prassi governativa implichi il trasferimento diretto di fondi (ad esempio 
sussidi, prestiti, iniezioni di capitale), potenziali trasferimenti diretti di fondi o 
obbligazioni (ad esempio garanzie su prestiti); 
2) un governo rinunci o non proceda alla riscossione di entrate altrimenti dovute 
(ad esempio con incentivi fiscali quali crediti d’imposta); 
3) un governo fornisca merci o servizi diversi da infrastrutture generali ovvero 
proceda all’acquisto di merci; 
4) un governo effettui dei versamenti ad un meccanismo di finanziamento, o 
incarichi o dia ordine ad un organismo privato di svolgere una o più funzioni 
(quali al punto 1 e 3) che di norma spetterebbero al governo e la prassi seguita 
non differisca per nessun aspetto dalle prassi normalmente adottate dal governo, 
oppure venga posta in essere una forma di sostegno del reddito o ai prezzi ai 
sensi dell’art. XVI del GATT (1994) che pure conferisca un vantaggio. 
 10
sociale, la prestazione di garanzie, incentivi fiscali, crediti di 
imposta, e così via. 
Perché le sovvenzioni così definite siano sottoposte all’Accordo è 
necessario che presentino due caratteri. 
In primo luogo la sovvenzione deve attribuire un vantaggio a favore 
delle imprese beneficiarie, che viene valutato secondo il parametro 
delle condizioni di mercato vigenti o della prassi di investimento di 
investitori privati nello Stato membro interessato. 
In secondo luogo, le sovvenzioni non devono essere indifferenziate, 
rivolte cioè a tutta l’economia di uno Stato, ma devono essere 
specifiche per un’impresa o industria, o per un gruppo di imprese o 
industrie, un settore di produzione, una regione
10
. 
Ai sensi dell’articolo 3 le sovvenzioni all’esportazione, presenti e 
future, sono proibite
11
.  
In ogni caso le misure adottate, quali esse siano, devono essere 
pari alla sovvenzione sia dal punto di vista quantitativo, sia da 
quello temporale. Esse non devono dunque superare l’importo 
dell’aiuto di cui si sia constatata l’esistenza e restano in vigore per 
il tempo e nella misura necessari a neutralizzare la sovvenzione 
che è causa del danno.  
                                       
10
 Sono considerate sempre specifiche, anche se generalizzate, le sovvenzioni 
all’esportazione, tra le quali rientrano sia le sovvenzioni condizionate ai risultati 
di esportazione, delle quali l’allegato I dell’Accordo contiene un elenco di 
massima, sia le sovvenzioni condizionate all’uso preferenziale di merci nazionali 
rispetto ai prodotti importati, sottoposti al “local content requirement” (art. 2, par. 
3). 
11
 Qualora uno Stato membro ritenga che un altro Stato membro accordi o 
mantenga una sovvenzione vietata l’articolo 4 prevede un meccanismo di 
consultazioni tra le Parti al fine di “chiarire la situazione  e di pervenire ad una 
soluzione definita di comune accordo”. E’ prevista la costituzione di un gruppo 
speciale incaricato di esaminare la questione ed eventualmente di raccomandare 
la revoca della sovvenzione; contro tale raccomandazione, che viene dall’organo 
di conciliazione, il Dispute Settlement Body
11
, è possibile proporre appello. Ove 
tale raccomandazione non venga osservata, il DSB può autorizzare il primo Stato 
ad adottare contromisure adeguate. Va sottolineato come uno Stato possa 
iniziare la procedura indipendentemente dal fatto di aver subito un pregiudizio 
grave dei propri interessi.