24 
 
 
2.4 I poeti e le loro intuizioni sulla verità umana 
Il poeta racconta di un mondo interiore che si muove, dice di sé, della 
propria realtà umana più profonda. Latente. Anche l’educatore nel suo 
lavoro di riabilitazione deve rivolgersi per lo più a una realtà nascosta, e 
latente. Rispettando sempre la sua posizione professionale senza mai 
confondersi con quella medica, solo il medico può usare il bisturi per curare 
il paziente. Oltre l’osservazione del fenomeno manifesto deve saper 
comprendere anche un invisibile e saper leggere una difficoltà psicologica 
che va oltre il comportamento. E’ in questo senso che la poesia può offrire 
piccole conferme a una ricerca scientifica. 
Come afferma la Dottoressa Cecilia Iannaco nel libro “La medicina della 
mente, Storia e metodo della psicoterapia di gruppo”, poeti e scrittori si 
sono sempre confrontati con un mondo fatto di sensazioni e di immagini, 
con una realtà non cosciente che, sebbene mai veramente indagata e studiata 
nella storia della cultura, è stata definita e descritta come realtà non umana, 
realtà animale, realtà mostruosa e demoniaca. Inconsapevolmente i poeti 
hanno saputo svelare bugie, hanno saputo dire con parole ciò che non sono 
riusciti a dire studiosi, filosofi e scienziati. Cardine della loro capacità di far 
poesia è la fantasia: 
«Dimmi, dove nasce la fantasia, 
nel cuore o nella testa? 
Come si genera, come si sviluppa? 
Dimmi, dimmi. 
Dagli occhi si genera, 
si nutre dal guardare e muore  
nella culla dove vive. 
Suoniamo a morto 
la campana della fantasia. 
Din-don, din-don […]»  
 
15
 Ivi, pp. 34-35.
25 
 
«Tell me where is fancy bred, 
How begot, how nourished? 
Reply, reply  
It is engender’d in the eyes 
Whit gazing fed; and fancy dies 
In the cradle where it lies.  
let us all ring fancy’s knell; 
I’ll begin it. Ding dong, bell 
Ding, dong bell» (III.2.63-72).  
 
L’idea di tradurre “where is fancy bread” in “dove nasce la fantasia” è di 
Massimo Fagioli
16
.  
E’ lo Shakespeare de “Il mercante di Venezia” che parla. Il poeta non lo sa 
ma, forse senza rendersene conto, allude alla possibile perdita della fantasia: 
il primo pensiero, è la capacità di immaginare che realizza ogni bambino nel 
venire alla luce può andar perduto nella culla dove vive, gli occhi. 
È un linguaggio, quello del poeta, che non dà propriamente la conoscenza: 
dice di un senso che per essere poi conoscenza deve essere ‘tradotto’ in un 
linguaggio che, comprensibile a tutti, racconti un pensiero. Tuttavia dice 
molto. 
Il poeta usa le parole di sempre, che tutti conoscono, ma le unisce in un 
modo che, oltre a suscitare una sensazione di bellezza, racconta di un 
rapporto profondo con il proprio mondo interiore. Il poeta fa poesia (dal 
greco pòiesis che ha la stessa radice del verbo poièin, ‘fare’, ‘creare’) cioè 
crea, fa nascere, fa sì che qualcosa esista. Verbo pericoloso, ‘creare’ è poco 
usato dagli studiosi perché indefinito e perché troppo spesso accostato alla 
religione e al trascendente. Eppure la parola indica “passaggio da ciò che 
non esiste a ciò che esiste”, da ciò che non è a ciò che è. Il poeta è creativo 
poiché crea un nuovo linguaggio, che non vuol dire inventare parole, ma 
saper accostare, unire parole conosciute, usuali, comuni, per dire qualcosa 
che usuale non è. Le sue parole raccontano altro, non proprio il significato, 
 
16
 William Shakespeare, Il mercante di Venezia, Sansoni, Firenze 1977, p. 432, in 
Colamedici D., Masini A., Roccioletti G., La medicina della mente, storia e metodo della 
psicoterapia di gruppo, L’Asino d’oro, Roma 2011, p. 31.
26 
 
ma il senso profondo della dimensione umana. Raccontano non solo di una 
fantasia che può andare perduta, come ci ha detto Shakespeare, ma anche di 
una fantasia che può essere conservata o recuperata
17
.  
Ma i poeti devono essere compresi: occorrono fantasia e intelligenza 
sensibile per cogliere il senso invisibile dell’espressione poetica. 
Shakespeare parla di fantasia, questa perla letteraria crea l’immagine di un 
recupero della fantasia perduta, di una possibile recovery: la fantasia che 
troppo spesso, troppo presto, va perduta - nella culla dice Shakespeare -; La 
perdita della capacità di immaginare, dall’altra, la possibilità del recupero di 
questa fantasia, che sta alla base di ogni essere umano. E se questa fantasia, 
creatività umana, gioia di vivere, viene persa, ecco la tristezza di “Antonio” 
che fa la depressione che non è solo tristezza, questo abbattimento 
dell’umore, sconforto, mancanza di entusiasmo. E la rabbia, l’odio feroce, la 
bramosia e l’avidità di “Shylock” che forse potrebbe essere una depressione 
ancor più grave: “Tristezza o Depressione? La differenza è enorme, tornerò 
a scrivere della ‘Depressione’ quando non è solo tristezza in un altro 
capitolo”. 
I poeti, continua la Dottoressa Cecilia Iannaco, senza rendersene conto, 
hanno spesso avuto grandi intuizioni. Per chi voglia proporsi una ricerca più 
profonda è importante accostarsi agli artisti con curiosità e rispetto, 
cercando di cogliere il senso vero di ciò che esprimono e che, magari, non è 
immediata comprensione. Se guardiamo a tanta formazione universitaria 
letteraria, accademica e non, vediamo che, da sempre, questa ha posto il 
rapporto fra letteratura, scienza, psicologia, considerando la letteratura come 
semplice ancella delle altre discipline. Non si “ascolta” il pensiero poetico, 
ma si piega e distorce il senso della rappresentazione per un proprio fine, per 
dire qualcosa che, in realtà, il poeta e lo scrittore non raccontano. Se 
guardiamo, ancora, a tanta critica letteraria che usa l’analisi del testo 
strutturale, vediamo come questa spezzetti il testo, la parola, e cercando 
 
17
 D. Colamedici, A. Masini, G. Roccioletti, La medicina della mente, storia e metodo della 
psicoterapia di gruppo, L’Asino d’oro, Roma 2011, pp. 30-32.
27 
 
l’assonanza, l’allitterazione, snaturi e impoverisca quello che è il pensiero 
altrui. È fondamentale, al contrario, avere rispetto per il senso della 
rappresentazione che è poi, pensiero: ‘ascoltare’ il pensiero dell’altro senza 
imporre il proprio. Il rispetto che occorre nell’avvicinarsi alla letteratura è 
un atteggiamento per l’immagine nel suo insieme, per un dire nascosto 
dell’immagine. E’ come se fosse un sogno che va colto nel suo senso, 
nell’insieme di un pensiero
18
. “Come ci si confronta allora con questo 
linguaggio?” continua la Dottoressa. Secondo lei ci si confronta chiedendosi 
cosa sta dietro, oltre la parola, chiedendosi se la parola dice o meno una 
verità; comprendendo che alcune parole sono esistite senza indicare di fatto 
ciò che volevano dire o indicare, senza avere il loro oggetto. Mancavano di 
senso. Per comprendere meglio il tutto, l’aiuto può venire dalla poesia
19
.  
Leggendo il libro “La medicina della mente” di D.Colamedici, A.Masini e 
G.Rocchetti mi sono potuta soffermare su questa frase che mi ha colpito sin 
da subito, «…ecco allora che ascoltando i poeti possiamo trovare la verità 
delle cose».  
Mi sono chiesta “quale verità?”. Quella di una realtà umana, nascosta 
silenziosamente tra le righe dei poeti, che con la loro intuizione hanno 
contribuito al patrimonio non solo culturale ma soprattutto umano. E allora 
qual è l’esigenza fondamentale dell’essere umano?  
Quella di riempirsi di contenuti umani validi e delle cosiddette esigenze che 
si differenziano dai bisogni (studiare, dipingere, creare, scrivere, leggere 
ecc.) e di cercare la creatività e la fantasia in ogni forma d’arte per non 
vivere solo nei bisogni primari dell’uomo. L’essere umano unico nella sua 
specie, è l’unico capace di disegnare la linea, quella linea che ancor prima di 
oggi tracciavano i primitivi nelle grotte. Quindi se è dotato di ciò (collegato 
ad una mente sana e ricca di immagini) può scrivere un’opera, una poesia, 
una canzone. Queste, nel silenzio della solitudine dello scrittore, diverranno 
capolavori, che quasi sempre, senza una connotazione precisa e razionale, 
 
18
 Ivi, p. 33. 
19
 Ivi, p. 34.
28 
 
hanno contribuito a spiegare l’origine dei grandi malesseri e delle grandi 
problematiche che l’uomo, essendo un animale sociale, possiede. La poesia, 
il dramma, la commedia e tutto quello che il meraviglioso Shakespeare è 
stato capace di fare, veniva forse da una sua sanità mentale e non scissa. 
Perché solo colui che possiede la capacità di narrare e di scrivere di 
personaggi malinconici, tristi, dubbiosi, incerti e avidi avrà certamente 
vissuto una vita fatta di molte emozioni, e chissà se il Bardo inglese 
inconsciamente non ci ha voluto parlare di una sua nascostissima tristezza. 
L’opera nasce probabilmente da colui che ha scavato dentro la sua psiche 
(per esempio i dubbi famelici di esistenza di Amleto, la rabbia di Shylock e 
lo smarrimento di Antonio, immagini chiare per dire di una perdita interna, 
di uno svuotamento psichico). Il poeta pur non essendo un medico arriva 
dritto al cuore delle persone che, senza sapere, alle volte, trovano la risposta 
a molti dubbi leggendo anche solo una frase, una parola in un mondo di 
lettere. 
 
Nella letteratura alcuni esempi o concetti vengono colti senza una precisa 
spiegazione razionale, questa intuizione dei poeti che senza rendersene 
conto, hanno distinto il rapporto esatto, sano con la realtà - vedere cioè la 
realtà per ciò che è - da quello patologico, falso e confuso. Forse con una 
ricerca nuova, e con un senso profondo, possiamo denunciare l’orribile 
bugia di un uomo che è uguale a sé stesso dall’origine del tempo, l’inganno 
che l’uomo non si possa modificare. Non è vero che ciò debba essere così. 
Per sempre. Se riusciamo a sradicare da dentro di noi la convinzione 
dell’impossibilità di trasformarsi che l’essere umano ha sempre avuto, 
rendiamo possibile una trasformazione in senso evolutivo, in senso 
creativo
20
. 
 
 
 
20
 Ivi, p. 38.