7
del cambiamento sugli aspetti culturali, organizzativi e tecnici delle 
amministrazioni. 
Il capitolo si conclude analizzando le specificità delle indagini di soddisfazione 
nel contesto sanitario, dove si deve tener conto di particolari fattori che influenzano 
il grado di soddisfazione, come lo stato di malattia e lo status “del malato”, il 
rapporto medico-paziente, ed anche la natura pubblica del Servizio Sanitario 
Nazionale, che implica già di per sé un grado di coinvolgimento maggiore 
dell’utente, il quale si percepisce soprattutto come portatore di diritti sociali e di 
cittadinanza. 
Vengono approfondite di seguito le tecniche di rilevazione, esponendo tutti i 
momenti di una corretta indagine partendo dalla fase preliminare, proseguendo 
con la scelta del modello operativo da usare, con la costruzione del questionario, le 
tecniche di intervista, fino alla elaborazione ed interpretazione dei dati ottenuti. 
Senza pretese alcune di essere considerato un “trattato” di metodologia, questo 
terzo capitolo si prefigge lo scopo di mettere in guardia il lettore “distratto” dai 
possibili e più comuni errori che si possono verificare nella costruzione di un 
questionario di soddisfazione  del cliente. 
Nel quarto capitolo vengono analizzate le figure protagoniste del processo 
salute. 
Partendo dalla figura centrale del medico si procede con una panoramica sugli 
aspetti che ne hanno determinato il potere e l’ autoreferenzialità all’interno degli 
ospedali e della società, e sulle modalità del modello operativo. Di seguito viene 
approfondita la figura del paziente, analizzando le determinanti sociali, culturali e 
psicologiche degli stati di salute, il cambiamento della domanda di salute dal 
dopoguerra ad oggi, in particolare riferimento alla situazione italiana. 
Particolare approfondimento si dedica all’analisi del rapporto medico-paziente. 
Riprendendo la domanda espressa nel titolo del capitolo, abbiamo cercato un punto 
di incontro fra i due universi paralleli, rappresentati rispettivamente del medico e 
del paziente,  nel concetto di umanizzazione delle cure.  
 8
Riveste particolare attenzione la tematica di una corretta comunicazione, 
considerata a nostro avviso uno strumento di lavoro essenziale ai fini della 
realizzazione di un rapporto medico-paziente che sia ottimale, e quindi 
umanizzato.  
La ricerca illustrata nel quinto capitolo, partendo dalle riflessioni sviluppate 
attorno a queste tematiche,  si prefigge lo scopo di indagare la relazione fra 
percezione di qualità, soddisfazione degli utenti ed esperienza di ricovero in una 
Unità di Terapia Intensiva. 
Abbiamo ipotizzato l’esistenza di possibili influenze dell’assetto strutturale 
dell’unità di ricovero e della natura delle cure, sulla percezione della qualità 
dell’assistenza, ma soprattutto sulla dimensione personale del vissuto ospedaliero, 
confrontando un gruppo di pazienti ricoverati in terapia intensiva con un gruppo 
di terapia sub-intensiva.  
La ricerca si è mossa su un piano esplorativo e parallelamente su uno di 
riscontro teorico, utilizzando cioè lo strumento della ricerca empirica come 
elemento di riconferma. 
Si è preferito escludere percorsi di analisi orientati e ricercare precise condizioni 
di causa/effetto tra fenomeni, privilegiando invece, quella che potremmo definire 
come una metodologia “d’attesa”, optando per operazioni di tipo “esplorativo”. 
Quando, cioè, non ci si propone di ottenere risposte definitive su una realtà di 
studio, ma si cerca piuttosto di sondare all’interno di quella stessa realtà per 
ricercare l’esistenza di eventuali reti significative latenti. 
I miei ringraziamenti vanno prima di tutto ai soggetti intervistati, che hanno 
manifestato grande interesse dando la loro disponibilità per questa ricerca, al Dott. 
Gerardo Ansalone, Luca Cacciotti, e tutti i medici cardiologi, che hanno permesso e 
supportato il mio inserimento nella UTIC, al  Prof. Fatarella, che mi ha 
pazientemente seguito durante la realizzazione di questa tesi di laurea, ed infine a 
Chiara, Federico, Marco e Silvana, carissimi amici e compagni di avventure che 
hanno creduto in me sostenendomi con affetto durante tutti questi mesi, a loro va il 
mio più caro pensiero e ringraziamento. 
 9
 
-CAPITOLO PRIMO- 
 
“Breve viaggio all’interno dell’universo qualità” 
 
 
 Perché oggi si parla tanto di Qualità?  
 Il termine qualità è senza dubbio uno dei più usati in questi anni, ma come 
definirla? È un termine sfuggente, che rimanda a molteplici definizioni. Sembra 
impossibile, e forse anche inutile, tentare di racchiuderne i numerosi significati in un 
unico schema definitorio, se non fosse per il fatto che essa è fortemente legata a fattori 
contestuali e temporali, nonché al punto di vista strettamente personale di chi la valuta.  
Dobbiamo quindi pensare che entrare nel mondo della qualità significhi entrare 
nel mondo dei giudizi di valore perché la qualità è una caratteristica intrinseca propria 
di qualunque oggetto materiale o immateriale sulla quale si possono esprimere giudizi 
di valore positivi o negativi. 
La qualità di un prodotto o di un servizio è rappresentata dalle caratteristiche 
che gli consentono di soddisfare le attese di chi lo utilizza. 
Non si può quindi individuare un livello “assoluto” di qualità: sono le esigenze degli 
utilizzatori a definire di volta in volta le caratteristiche che il prodotto o il servizio 
deve possedere per soddisfarli. Non solo contesti, ma anche soggetti differenti 
determinano diversi valori di uno stesso oggetto/servizio. 
 Nel tempo il concetto di qualità assume significati differenti e sempre più ampi 
ed astratti, evolvendosi da qualità come “grado di conformità alle specifiche” e “grado 
di adeguatezza all’uso”
1
 verso una dimensione culturale di qualità come “capacità di 
soddisfare esigenze espresse ed implicite di tutte le parti interessate”.
2
 
 Negli ultimi anni, si delinea nel mondo industrializzato un netto passaggio da 
un’economia di produzione ad un’economia di mercato.  
                                                 
1
 Definizioni rispettivamente di P. Crosby e J.M.Juran 
2
 UNI EN ISO 8402 (edizione 1994) 
 10
 Il cliente, costretto ad accettare ciò che gli veniva proposto, ha 
progressivamente assunto potere, i clienti oggi pretendono la Qualità. Così da scelta di 
pochi è diventata una domanda sociale generalizzata.  
 La qualità è la risposta ai bisogni del mercato nell’era della globalizzazione, in 
un contesto molto competitivo ed ormai privo di frontiere.
3
 Chi non riesce a vederne la 
portata rischia di trovarsi escluso dal mercato. 
 Fare Qualità oggi significa porre il cliente al centro dell’attenzione e avere come 
primo obiettivo la soddisfazione delle sue mutevoli esigenze ed aspettative; tutto ciò 
prefiggendosi, con il coinvolgimento di tutti, un miglioramento step by step ma 
continuo.  
 Questo è, brevemente, il senso del “fare Qualità” nel ventesimo secolo.  
 
 
 
1.  UN CAMBIO DI PROSPETTIVA: DAL CONTROLLO DI QUALITA’ 
DEGLI ANNI 20 AL TQM 
 
 
 L’attenzione alla qualità ha inizio nel mondo industriale ed imprenditoriale 
americano degli anni ’20 quando le nuove tecnologie, l’applicazione del fordismo e del 
taylorismo, diedero inizio alla produzione industriale di massa di prodotti a prezzo 
contenuto destinati ad un alto numero di consumatori. In questa fase, per controllare la 
complessità del ciclo e del prodotto il problema della Qualità si sostanziava 
nell’individuare un meccanismo operativo che consentiva di separare i prodotti buoni 
da quelli difettati al termine del processo produttivo, oltre che a ridurne la percentuale 
sul totale dei prodotti.  
Questo tipo di controlli però non consentiva di risolvere i problemi che erano la 
causa a monte dei prodotti da scartare; fino agli anni ’50 si parlava quindi di qualità 
come grado di conformità a specifiche tecniche e si cominciò, dato il forte aumento di 
produzione industriale, ad effettuare controlli a campione con l’adozione di metodi 
statistici. 
                                                 
3
 F. Gualtieri (1999) 
 11
 È in Giappone, dove il rifiuto delle teoria scientifica taylorista, incompatibile 
con la cultura e la tradizione di un popolo che ha un elevato senso di partecipazione, 
che si impose dopo la seconda guerra mondiale una totale revisione delle teorie sulla 
qualità introdotte dagli ufficiali americani; fino ad allora il paese aveva generato 
prodotti scadenti che venivano destinati all’esportazione, per i quali il “made in Japan” 
era identificato con la scarsa qualità, infatti le aziende si concentravano nel tentativo di 
migliorare il rapporto qualità/prezzo con una strategia imitativa controllando, solo al 
termine del processo produttivo, la conformità del prodotto rispetto a standard 
qualitativi.  
 In seguito, negli anni ’50 la necessità proveniente da nuovi settori quali quello 
aerospaziale, nucleare, delle telecomunicazioni, di ottenere prodotti sempre più 
affidabili, condusse ad ulteriori miglioramenti dei processi di controllo. Si inizia a 
considerare la conformità dei prodotti durante tutta la loro “vita utile” e si 
implementano attività più complesse volte a prevedere, garantire e migliorare le 
prestazioni di prodotti/servizi nel tempo. Qualità diventa sinonimo di affidabilità 
(conformità nel tempo di utilizzo). Nasce l’assicurazione della Qualità, dove la novità 
principale consiste in un approccio sistematico ed integrato alla gestione della qualità 
che appunto si riconosce essere il risultato degli sforzi congiunti. Si sviluppa così il 
Total Quality Control (TQC - Feigenbaum 1961), che si definisce come una 
metodologia gestionale indispensabile per l’azienda e per la soddisfazione del cliente, 
capace di integrare gli sforzi di sviluppo.  
Questo nuovo approccio porta alla nascita del Total Quality System (TQS)
4
, 
cioè di una struttura organizzativa, pienamente inserita nell’azienda, riconosciuta e 
documentata in un sistema integrato e conforme a procedure gestionali e tecniche, 
predisposta per guidare e coordinare persone, macchine ed informazioni nel modo 
migliore e più pratico, ai fini dell’ottenimento della soddisfazione del cliente al minor 
costo possibile per l’azienda. Negli anni sessanta e settanta si diffonde così una nuova 
visione della Qualità che riesce a coinvolgere tutta l’impresa nel suo complesso. 
                                                 
4
 Feigenbaum V.(1983) . 
 12
 Fautori del punto di svolta furono paradossalmente dei seminari sulle tecniche 
di qualità di due studiosi americani, W.E. Deming ed in seguito J.M. Juran, che 
trovarono un campo fertile nel sistema produttivo giapponese avviandolo nel giro di 
un decennio su una strada completamente nuova: quella della Qualità Totale (QT). 
Nel periodo successivo, caratterizzato da continui cambiamenti negli scenari 
economici, dalla crescente competizione, dalla globalizzazione dei mercati, 
dall'aumento della domanda e dalla diversificazione degli stakeholders, è nato il 
concetto di Total Quality Management (TQM). Questo nuovo approccio è la vera 
rivoluzione avvenuta nell’ambito della Qualità, una nuova filosofia gestionale per cui 
la qualità riguarda la gestione globale del sistema di un'organizzazione e non semplici 
sotto-sistemi, processi isolati o dipartimenti. Viene inoltre accresciuto il concetto di 
prevenzione delle non conformità con l'introduzione del concetto di miglioramento 
continuo delle prestazioni finalizzato alla soddisfazione delle esigenze del cliente, 
dell'azienda (aumento della produttività nel lungo periodo, riduzione degli sprechi e 
dei costi, conseguente aumento dei profitti) e della società nel suo complesso.  
Così negli anni ’70 le aziende giapponesi iniziarono a riscuotere i primi successi 
internazionali grazie al nuovo sistema manageriale, immettendo sul mercato mondiale 
prodotti ad alta qualità per il consumatore ed a prezzi bassi. Nasceva il caso Giappone 
e la Qualità cessava di essere una caratteristica dei prodotti per divenire la modalità di 
rapportarsi, relazionare e fornire prestazioni al cliente, arbitro unico della soddisfazione e 
quindi del successo.        
  Con il passare del tempo ci si accorse anche in Europa che la qualità del 
prodotto non è data dal risultato finale, ma si determina dai livelli qualitativi raggiunti 
nello svolgimento dei vari processi produttivi.  
Si passa così dal controllo di Qualità sul prodotto al controllo di qualità sui processi.   È solo 
negli anni ’80 che le aziende occidentali hanno scoperto che la qualità totale era il vero 
vantaggio dell’industria giapponese, ed hanno iniziato a correre ai ripari, cercando di 
colmare il gap accumulato in tanti anni di superficialità.      
 La qualità non è più vista come un problema da risolvere, ma come 
un'opportunità di business, operativamente attuata nell’ambito del “Sistema Qualità” . 
 13
Da questo momento il management europeo prende coscienza della crescente 
importanza dell’efficacia di un controllo sulla Qualità intesa come variabile strategica 
essenziale per l’eccellenza competitiva. “La soddisfazione del cliente è diventata la miglior 
difesa dalla concorrenza”.
5
 
 Riassumendo possiamo sostenere che il concetto di Qualità oggi è legato alla 
motivazione e alla partecipazione di tutti, e la qualità stessa rappresenta un 
investimento strategico per l’Azienda capace di generare profitti. Il primo step che ha 
reso possibile questa dimensione culturale  della Qualità è stato il passaggio dall’era 
del controllo a quella di gestione della Qualità, dove da semplice tecnica statistica si 
evolve in cultura manageriale e stile di vita. Occorre quindi passare dal concetto di 
controllo a quello di garanzia-assicurazione di qualità di un prodotto. Questo salto 
operativo consente la realizzazione in azienda del sistema di gestione per la qualità 
aziendale e costituisce il primo passo per raggiungere la Qualità Totale, intesa come 
quel particolare modo di governare l’impresa che mira al successo nel tempo 
assicurando benefici sia per l’azienda che per la collettività. 
 
 
2.  LA QUALITA’ NELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE COME 
IMPRESA DI SERVIZI  
 
 L’universo della Qualità si è andato arricchendo progressivamente di concetti e 
sperimentazioni , in particolare provenienti dal mondo industriale ed imprenditoriale 
coinvolgendo nel cambiamento le pubbliche imprese. 
 Partendo da una spinta diversa e cioè la riduzione delle risorse ad essa 
destinate, la Pubblica Amministrazione (P. A.) in Italia, ha iniziato a guardare con 
interesse alla politica della Qualità, intesa come miglioramento ma anche come 
razionalizzazione ed ottimizzazione delle risorse, unica strada possibile ad un migliore 
utilizzo dei mezzi a sua disposizione. 
                                                 
5
 M. Gibertoni (1999) 
 14
 Quando si parla di imprese no-profit come la P. A., il prodotto offerto all’ utente 
è un servizio. 
 Il termine prodotto deriva dal latino producere che significa portare avanti, far 
avanzare, in pratica far esistere ciò che non esisteva; ma mentre per il prodotto 
industriale e imprenditoriale tale termine assume il significato di realizzazione di un 
prodotto tangibile, per le “aziende di servizi” si parla di erogazione di un servizio. 
Le organizzazioni che producono servizi si caratterizzano per essere a elevata 
complessità, complessità in parte condivisa con le organizzazioni che producono beni. 
Il termine complesso fa riferimento al tessuto, all’intreccio di parti diverse. Il tessuto 
possiede infatti caratteristiche che le singole parti non hanno e che solo limitatamente 
possono essere spiegate riconducendosi a elementi semplici (Zanarini, 1990). Accanto 
all’idea di organizzazione come gestalt si rilevano altri aspetti. Per organizzazione 
complessa va inteso un sistema non riducibile alle sue singole parti costituenti, aperto e 
in continuo interscambio con l’ambiente esterno, in continuo cambiamento, alla 
continua ricerca di un equilibrio, che deve far fronte a molteplici esigenze e obiettivi sia 
interni che esterni, costituito da molteplici livelli compresenti e intrecciati fra di loro, 
attraversato da plurime e differenti logiche di funzionamento (Zanarini, 1990; Bifulco, 
1996). 
Servizio deriva infatti dal sostantivo latino servus e dal verbo inglese service. Se 
al giorno d’oggi non è più diffusa, e soprattutto accettata e accettabile socialmente, la 
condizione del servo, ha invece destino opposto il desiderio e il piacere di essere 
serviti. Piacere che deriva, oltre che dal sentimento di essere sollevati da una fatica, dal 
sentimento di padronanza, dal “sentirsi padroni” proprio di colui che un tempo aveva 
posizione complementare al servo: il padrone. 
Servizio sarebbe quindi associato a una condizione di subalternità. Ma, come 
detto, nel contesto odierno nessuno nei servizi vuol fare il servo. Eppure la società 
moderna è passata, nei paesi tecnologicamente più evoluti, dall’antico predominio 
dell’attività primaria (agricoltura) e dal più recente predominio dell’attività secondaria 
(industria), al predominio dell’attività terziaria (servizi). Così è divenuto o diventerà 
proprio della maggioranza il “servire”, ma non come ai tempi della schiavitù. 
 15
  È molto difficile definire questo concetto, ma una cosa è certa, esso possiede 
valore sia agli occhi dell’offerente che del consumatore. Ovviamente il valore diventa 
effettivo quando da una parte esiste l’offerente con tutte le componenti necessarie alla 
produzione del servizio (materiali, strutture, personale, ecc.) e dall’altra esiste un 
utente che necessiti del servizio stesso. 
 Pertanto con la sempre crescente necessità di attrarre a se più clienti possibili, 
nasce l’idea di competitività. 
 Per essere competitivi è necessario che l’azienda offra all’ utente un prodotto di 
Qualità. 
 Nelle “imprese di servizi” l’ostacolo maggiore al miglioramento di Qualità si è 
rivelata la funzione istituzionale, la natura stessa del servizio impone infatti il 
soddisfacimento dei bisogni dell’utenza, non legandone l’erogazione ad esclusive 
logiche di convenienza. Tutto questo impedisce la possibilità di mutuare modelli legati 
a realtà industriali,  e nasce la necessità di trovarne di nuovi che siano compatibili con 
la funzione sociale del servizio reso dalle P.A. 
 Normativamente, già da diversi anni sono state poste la basi per una revisione 
del sistema del servizio pubblico in funzione di logiche di Qualità. 
 Il Legislatore prima ancora dell’Amministratore, con la legge 29/93 ha 
evidenziato il cardine della Responsabilità ben delineata fra strutture politica ed 
amministrativa, così come il concetto di responsabilità in funzione dei risultati, anche 
nella forma progettuale che l’Ente riesce ad esprimere. 
 Un Ente infatti non esiste in quanto tale, ma in quanto in grado di esprimere un 
progetto finalizzato al raggiungimento di un obiettivo. Non ottiene più risorse in 
quanto esiste, ma per quanto riesce ad esprimere progetti che migliorino la Qualità 
della vita di coloro che ne usufruiscono. 
L’importanza che i vari indirizzi danno in materia di Aziendalizzazione, fa 
riflettere anche sulla forma di monopolio fino ad ora assunta dal Servizio Pubblico, 
introducendo il concetto di scelta tipico fino ad allora dei sistemi privati, ed inserendo 
così la P.A. in una logica di quasi mercato, pur mantenendo al centro di un intero 
sistema il cittadino-utente ed i suoi bisogni. 
 16
 La maggiore consapevolezza dal cittadino-utente, che si accosta al Sevizio 
Pubblico, non più per ottenere un servizio “gratuito”, bensì un servizio a cui ha già 
contribuito attraverso la tassazione diretta o indiretta, fa si che non tolleri facilmente gli 
sprechi da parte della Struttura, che identifica come un cattivo utilizzo delle risorse che 
anche Lui ha contribuito a creare. 
 Ci troviamo dunque di fronte ad un cliente/utente che entra in contatto con 
un’impresa, con la “fabbrica del servizio”, per avere risposta alle sue attese e 
soddisfacimento ai suoi bisogni. 
 L’organizzazione di una struttura pubblica impone oggi una gestione per 
processi, per essere in grado di controllare una così vasta area di intervento. Un 
sistema così complesso come quello della P. A., che gestisce un lavoro così vasto ed 
articolato dovendo arrivare a tutta la popolazione, ha in fondo dei meccanismi 
chiaramente visibili: la bontà del servizio reso è immediata e visibile, così pure 
l’efficacia o il lavoro e l’atteggiamento degli operatori. Quasi tutto si svolge 
contemporaneamente alla prestazione, senza possibilità di correzioni. E così 
l’intangibilità degli oggetti, l’impossibilità di standardizzarli, il bisogno di elasticità e 
flessibilità, la sovrapposizione di produzione e consumo, sottolineano la necessità di 
porre maggiore attenzione, tanto nella teoria quanto nella pratica, ad alcuni importanti 
punti. Ad esempio, la relazione rappresenta lo strumento produttivo più importante 
nei servizi. Stante il fatto che i servizi si producono e consumano nella stessa unità 
spazio-temporale, contenitore e spazio di questa unità è proprio la relazione.  
I servizi si caratterizzano infatti per l’essere a elevata “tecnologia umana”, 
consistono in azioni e interazioni che sono eventi sociali (Normann, 1985). Si può 
addirittura arrivare a dire che il servizio coincide con la relazione, è la relazione. 
 L’interazione fra l’ utente e l’impresa di servizi, che varia a seconda del tipo di 
servizio di cui l’utente ha bisogno, è un elemento essenziale perché fa si che il suo 
giudizio sulla Qualità sia influenzato da ciò che viene fornito e dal modo in cui viene 
fornito. 
 La qualità del servizio erogato è strettamente collegata al supporto fisico e 
umano preposti alla produzione/erogazione del servizio stesso 
 17
3. L’ORGANIZZAZIONE OSPEDALIERA 
 
 I servizi ospedalieri, come servizi alla persona, sono attraversati da tutti gli 
elementi (sia di complessità che di cambiamento) menzionati finora, ma con loro 
peculiarità e caratteristiche. 
 Fine principale delle organizzazioni ospedaliere è quello di tutelare e 
promuovere la salute del cittadino, diritto riconosciuto costituzionalmente. Ma che 
cos’è la salute? Già il cercarne una definizione esaustiva mette di fronte a delle 
difficoltà. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha abbandonato la vecchia 
visione della salute come semplice assenza di malattia, per abbracciare quella che la 
vede come lo stato di completo benessere fisico, psichico, mentale e sociale. Da più 
parti si è però sottolineato quanto tale concezione sia troppo generica e utopica.  
 Non siamo quindi nella situazione di poter individuare una chiara, condivisa e 
universale definizione di salute. Forse ciò è determinato dal semplice fatto che non è 
possibile trovarne una.  
La salute quindi non è parte del mondo oggettivo degli accadimenti materiali, o 
meglio non lo è totalmente, è bensì composta e attraversata da un insieme di significati 
socialmente e culturalmente determinati, la salute “appartiene al mondo umano di 
senso” (Pearce, 1994). 
L’Autore individua poi un interessante modello che racchiude quattro 
dimensioni della salute:   
1. La salute come evento individuale/sociale.  
2. La salute da accettare/prevenire/riparare.  
3. La salute come miglioramento/prolungamento della vita.  
4. La salute come evento moralmente neutro/moralistico.  
Attorno a queste dimensioni è nata, si è sviluppata e ruota l’organizzazione 
ospedaliera e il miglioramento della qualità.  
Gli ospedali hanno abbandonato ormai da un secolo la loro identità di luogo di 
ricovero per indigenti ed emarginati sociali, per diventare gli Enti precipuamente 
dedicati alla cura. La loro evoluzione, come vedremo, è legata a due fattori 
 18
fondamentali: il medico (e la medicina) e l’organizzazione interna del lavoro (Guerra, 
1992).  
L’ospedale si è sviluppato di pari passo allo sviluppo della società industriale, 
conformandosi, nel suo funzionamento e nella sua strutturazione, al modello 
prevalente dell’epoca e divenendo in tutto simile a una fabbrica, la “fabbrica della 
salute”. La concezione dominante vedeva il malato come elemento deviante e la finalità 
principale dell’ospedale veniva individuata nell’eliminazione della devianza. In 
quest’ottica l’ospedale si sviluppa come organizzazione sostanzialmente chiusa verso 
l’ambiente esterno e dominata da una cultura medico-tecnologica, nella quale il 
paziente viene relegato a essere una “macchina da riparare”.  
È proprio questa impostazione che ha determinato un’evoluzione della pratica 
medica nella direzione dell’iperspecializzazione e di una iperconcentrazione di 
apparecchiature sempre più sofisticate per la diagnosi/cura delle malattie.  
Di pari passo il medico si è sempre più spostato all’interno delle grandi 
strutture ospedaliere, implementando quello che è stato definito il processo di 
“medicalizzazione” o, meglio, di “ospedalizzazione” della salute (Gosetti 1992). 
Tali caratteristiche sviluppatesi e consolidatesi sulla base del modello 
industriale, e che hanno in quel epoca rappresentato un’efficace risposta ai problemi di 
salute, sono oggi obsolete rispetto ai cambiamenti avvenuti nella nostra società. Si 
tratta di cambiamenti che riguardano sia l’interno che l’esterno delle organizzazioni 
ospedaliere e che hanno in questi ultimi anni determinato delle trasformazioni radicali 
in questi contesti produttivi.  
Sotto il profilo demografico c’è stato un rilevante invecchiamento della 
popolazione, i nuclei familiari hanno assunto configurazioni nuove, la medicina ha 
fatto enormi progressi, le trasformazioni socio-economiche e socio-culturali continuano 
a susseguirsi, la domanda di salute/cura si va sempre più differenziando.  
Gosetti prosegue sottolineando quanto la struttura ospedaliera moderna sia la 
combinazione di diversi sistemi di azione riconducibili alle differenti modalità di 
rapporto con lo stato di malattia e che prevedono: la diagnosi, l’isolamento, la terapia e 
la riabilitazione. Si tratta di una multidimensionalità organizzativa e gestionale, che 
 19
rappresenta forse il più forte elemento di complessità interna. Complessità 
riconducibile alla necessità di articolare processi interni distinti ma in stretto contatto 
fra loro: da un lato i processi più direttamente di carattere tecnico-sanitario e dall’altro 
quelli più a valenza gestionale-organizzativa e istituzionale. 
Per quel che riguarda l’organizzazione dell’ospedale si può delineare una 
compresenza al suo interno di due modelli. Se è infatti vero che l’ospedale non 
rappresenta un particolare e distintivo modello organizzativo, altrettanto vero è che al 
suo interno “modello professionale e burocratico si declinano congiuntamente” 
(Bifulco, 1996). Iniziamo dal modello professionale, influenzato massicciamente da 
quello medico, che si concretizza nel primato dello specialismo. Lo specialismo porta, 
sul versante dell’organizzazione del lavoro, alla compartimentazione degli interventi, e 
su quello del trattamento dell’oggetto (il materiale umano) alla frammentazione del 
corpo malato in problemi ai quali corrispondono competenze specifiche. Il modello 
burocratico, da parte sua, enfatizza la regolamentazione minuziosa delle mansioni (si 
pensi al mansionario appunto) e la rigida gerarchia di autorità.  L’ospedale è 
quell’unità organizzativa in cui i due modelli vengono messi più in luce nei loro 
elementi di convergenza e divergenza. È punto di convergenza la frammentazione del 
lavoro e dell’oggetto che, nel caso della burocrazia, discende dall’istanza della 
suddivisione formalizzata dei compiti, che si concretizza appunto nell’intervento 
parcellizzato sulle materie in base a procedure regolamentate. Sul versante della 
professione invece la frammentazione è determinata dalla qualificazione tecnico-
specialistica che risponde a sotto-problemi. 
Punti di divergenza e contrasto fra i due modelli sono la questione dei 
fondamenti dell’autorità e del controllo, e quella complementare della diversa 
concezione della competenza. Se nella burocrazia l’autorità e il controllo sulle 
prestazioni si fondano sulle linee formali della gerarchia, e la competenza coincide con 
il rispetto e l’applicazione delle regole che strutturano i compiti, nella professione il 
nucleo centrale è proprio la competenza, ma intesa in questo caso come la capacità 
performativa di conseguimento di un obiettivo, che rappresenta il parametro 
dell’autorità dei soggetti e della valutazione delle prestazioni. 
 20
L’applicazione dei principi di divisione e di specializzazione determina 
all’interno di queste organizzazioni una strutturazione caratterizzata da processi di:  
• moltiplicazione del numero dei compiti che concorrono a promuovere 
determinate prestazioni;  
• crescente eterogeneità dei compiti quando si considerino i contenuti di lavoro 
e il tipo di conoscenze richieste;  
• crescente differenziazione delle prestazioni che concorrono a dare una 
risposta complessiva a un particolare bisogno di assistenza;  
• crescente difficoltà e complessità delle azioni poste in essere per mantenere 
uno svolgimento coordinato dei compiti e una produzione coordinata delle 
prestazioni.  
 
Ciò determina concretamente alcuni fenomeni di una certa rilevanza. Primo fra 
tutti il fatto che la numerosità, la specializzazione e l’eterogeneità dei compiti rendono 
difficili le congiunzioni degli stessi. Il mantenimento della coordinazione tecnico-
operativa viene garantito dallo svolgimento di specifici compiti e processi di 
“supporto”, qualificati come “amministrativi”, “ausiliari” o “servizi vari”, che 
condizionano in maniera sempre più rilevante lo svolgimento dei compiti ritenuti 
“primari” (ovvero quelli di prevenzione, diagnosi e cura). Inoltre le organizzazioni 
ospedaliere, dato il loro fine generale di tutela della salute, devono costantemente far 
fronte all’esistenza di molteplici alternative di intervento, alla scarsità delle risorse e 
alla continua espansione della domanda. Tali elementi trovano risposta nell’emergere 
di posizioni organizzative alle quali è istituzionalmente e funzionalmente assegnata la 
responsabilità di ricondurre a unitarietà lo svolgimento dei diversi processi e 
l’utilizzazione delle risorse.  
Dobbiamo infine aggiungere l’esistenza di molteplici destinatari dell’intervento 
sanitario, la possibilità di adottare modelli diversi di risposta a determinate esigenze, 
l’esistenza di rilevanti interessi, spesso contrapposti, attorno a fenomeni economici di 
rilievo.