9
Una breve trattazione è stata dedicata anche alla storia del petrolio
mediorientale della quale sono state ripercorse le tappe
fondamentali, dagli albori delle missioni esplorative nella regione
fino alla lotta tra le maggiori compagnie mondiali per l’accesso e lo
sfruttamento della preziosa risorsa a partire dal 1945.
Nella Parte II è stata invece affrontata nello specifico la crisi
petrolifera iraniana, con le varie vicende connesse alla
nazionalizzazione dell’Anglo-Iranian Oil Company, i tentativi di
mediazione, l’organizzazione e la realizzazione del “coup” contro il
primo ministro iraniano, a opera dell’intelligence britannica e
statunitense.
Per una più precisa e completa trattazione della questione, lo studio
si è dunque dispiegato, innanzitutto, con una analisi sistemica
globale, a volo d’uccello del Medio Oriente, per poi concentrarsi
maggiormente sulla vicenda iraniana.
Il contesto considerato, è quello dei primi anni successivi alla fine
della seconda guerra mondiale, un periodo molto importante della
storia del Novecento che segnò il tramonto delle potenze europee e
l’emergere di due superpotenze dalle dimensioni quasi
intercontinentali, l’URSS e gli USA, due Stati attorno ai quali, a
partire da questo momento, si crearono due sistemi economici e
sociali profondamente diversi che per molti anni causarono la
divisione del mondo in due parti distinte e in perenne contrasto tra
loro.
Si tratta di un periodo molto delicato anche per la recente storia del
Medio Oriente, un lasso temporale decennale dal 1945 al 1954
caratterizzato da fermenti sociali, tentativi di emancipazione
economica e una crescente aspirazione dei popoli che abitano
questa regione, verso il raggiungimento di una effettiva
10
indipendenza dalle grandi potenze europee, Regno Unito e Francia,
in particolar modo.
In un periodo in cui, a fronte di una inesorabile perdita di influenza
degli Inglesi e dei Francesi, spossati dalle vicende belliche, la
regione assistette ad un progressivo aumento dell’influenza e del
coinvolgimento, politico, ma anche militare ed economico, da parte
delle nuove super potenze mondiali uscite trionfalmente dalla
guerra contro l’Asse, gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica.
L’intero studio si basa su una precisa ed attenta selezione delle
fonti sia in forma cartacea che reperite su siti internet.
Per quanto riguarda il materiale cartaceo, un ampio spazio è stato
riservato all’esame delle monografie sul tema, prevalentemente in
lingua inglese, prodotte nel corso degli anni dai maggiori studiosi
mondiali delle problematiche dell’area mediorientale.
Per l’elaborazione della tesi si è fatto ricorso anche a riviste e
periodici specializzati, italiani e stranieri .
Per quanto riguarda l’esame della vicenda iraniana della
nazionalizzazione dell’industria petrolifera e del successivo
rovesciamento del regime di Mossadegh, è stato fatto un costante
riferimento ai documenti ufficiali statunitensi prodotti dal
Dipartimento di Stato, dal Pentagono, da ambasciate varie, e
raccolti nella collana Foreign Relations of the United States
(FRUS), edita a cura del United States Government Printing Office
di Washington.
In particolare, è stato compiuto un attento esame del volume
“FRUS, 1952-1954, vol. X, Iran: 1951-1954” dedicato interamente
alla questione petrolifera iraniana.
11
Oltre a ciò, grazie alla ricerca sul web sono state reperite importanti
fonti inedite provenienti dagli archivi segreti della C.I.A. e da
quelli del National Archives and Records Administration (NARA).
Per quanto riguarda i documenti provenienti dagli archivi della
C.I.A., si tratta di un rapporto ufficiale del colpo di Stato
organizzato nel 1953 in Iran, datato 1954 e firmato Donald N.
Wilber, agente segreto statunitense operante al tempo in Iran.
Il corposo documento che è stato divulgato nel giugno 2000 dal
New York Times sul suo sito internet (permangono gli interrogativi
sull’identità di chi sia stato a fornirglielo), presenta una
ricostruzione abbastanza dettagliata delle varie fasi di preparazione
e di realizzazione del piano elaborato dai servizi segreti anglo-
iraniani per destituire Mossadegh.
Il documento, sebbene lasci in sospeso alcune questioni
fondamentali, ha permesso di fare luce sulle varie dinamiche, fatte
di contatti informali, pressioni, organizzazione di sommosse
popolari, che portarono al rovesciamento del governo nazionalista
iraniano.
Gli altri documenti, quelli del National Archives and Records
Administration (NARA) sono stati reperiti presso il sito del
National Security Archivi, un indipendente istituto di ricerca non
governativo statunitense che si trova presso la George Washington
University di Washington.
L’archivio dell’istituto pubblica documenti a cui è stata tolta la
qualifica di segretezza, acquisiti attraverso il Freedom of
Information Act (FOIA).
I documenti reperiti sono deliberazioni del Dipartimento di Stato e
del National Security Council inerenti l’azione della C.I.A. in Iran
ed i piani per la organizzazione del colpo di Stato in Iran.
12
PARTE I
Il Medio Oriente nell’immediato
secondo dopoguerra:
declinante influenza britannica,
Guerra Fredda e lotta per le risorse petrolifere
13
CAPITOLO I
Gli eventi bellici della seconda guerra mondiale
in Medio Oriente
PARAGRAFO I: La rivolta anti-britannica di Rashid Alì in
Iraq e la questione siriano-libanese.
Mentre il continente europeo e quello asiatico furono letteralmente
travolti e sconvolti dalla violenza e dalla ferocia dei combattimenti
il Medio Oriente, complessivamente, fu coinvolto nel secondo
conflitto mondiale in modo relativamente marginale. Si può
certamente affermare che “il dramma di vaste operazioni militari,
di avanzate e di ritirate, Nord Africa a parte, fu sopportato
direttamente da un solo paese e cioè dall’Egitto.”
1
Il deserto
occidentale egiziano fu infatti teatro di una intensa battaglia dalle
fasi alterne combattuta dalle forze dell’Asse dell’Afrika Korps e
l’esercito britannico che possedeva nel paese un cospicuo
contingente militare. Il controllo sull’Egitto rivestiva per entrambe
le parti una importanza strategica fondamentale, significava il
controllo sul Canale di Suez, punto di convergenza di tutte le rotte
navali dirette verso l’Oriente. Gli Inglesi in particolare, temevano
che i folgoranti successi militari dei Tedeschi potessero in qualche
modo fare presa su gran parte dell’opinione pubblica egiziana
ostile alla sorta di protettorato che la Gran Bretagna esercitava sul
paese, spingendo l’Egitto verso una alleanza con la Germania.
1
G. Valabrega, Medio Oriente. Aspetti e problemi, Milano, 1980, p. 10
14
Altrove, in altre aree della regione mediorientale, le vicende
belliche non mancarono di incidere anche notevolmente sulla realtà
locale, bombardamenti aerei furono subiti un poco ovunque,
l’intera area si trasformò in un’ “immensa retrovia”
2
ma
sostanzialmente, “in rapporto con le stragi nel centro dell’Europa o
nel Pacifico, questo settore registrò le conseguenze della seconda
guerra mondiale prevalentemente in modo indiretto”
3
. Ciò risulta
certamente “un fatto […] rimarchevole specie tenendo presente
l’importanza strategica che l’area mediorientale ha sempre avuto e
che probabilmente raggiunse un acme quando, secondo i piani
tedeschi, proprio di qui avrebbe dovuto passare una branca della
tenaglia destinata a ricongiungersi con quella che attraverso
l’URSS sarebbe passata per l’intero Caucaso.”
4
Paesi come l’Iraq,
la Siria, il Libano e soprattutto l’Iran furono terreno di scontro dei
due schieramenti interessati ambedue a consolidare le rispettive
posizioni nella regione, ma per lo più le varie operazioni militari si
risolsero rapidamente nel giro di qualche mese se non di giorni e
videro sempre trionfare gli Alleati.
L’Iraq costituiva certamente il paese dove più cospicua risultava la
propaganda tedesca che poteva contare sulla simpatia di ministri in
carica e di alti comandanti. Fu così che nell’ aprile del 1941 in
concomitanza con le inarrestabili e fulminee vittorie tedesche un
po’ su tutti i fronti, mentre il governo e la monarchia irachena
risultavano gravemente indeboliti dai numerosi interventi di capi
militari e generali, che soprattutto in passato avevano tentato di
delegittimare l’ordinamento statale minandone il potere, venne
organizzato un vero e proprio complotto guidato da Rashid Alì al-
2
G. Valabrega, Il Medio Oriente. Dal primo dopoguerra a oggi, Firenze, 1973, p. 16
3
G. Valabrega, Medio Oriente. Aspetti e problemi, op. cit., p. 11
4
Ibidem, p. 11
15
Gailani, un carismatico personaggio che aveva più volte ricoperto,
tra il 1921 e il 1941, la carica di ministro e di premier nel governo
iracheno e che si era apertamente schierato a favore della causa
tedesca. Lo scopo dei complottanti era quello di rovesciare l’assetto
delle alleanze: rompere con l’Inghilterra che in base al trattato di
Baghdad del 1930 manteneva uno stretto controllo militare sul
paese, schierarsi con le forze dell’Asse e recuperare la libertà
5
.
Rashid Alì con l’aiuto di quattro colonnelli reazionari anglofobi
che avevano stipulato un accordo di mutuo aiuto e che si erano
uniti nel cosiddetto “Quadrato d’oro”, sostenuto dall’Iran di Reza
Scià Pahlevi e da un forte nucleo di esponenti arabi di orientamento
filo-nazista rifugiatisi in Iraq
6
, rovesciò con un putsch il governo in
carica e dopo aver creato un “ un governo di difesa nazionale”,
appoggiato dall’esercito nella persona del generale Amin Zaki,
capo di stato maggiore, depose il reggente al trono l’emiro Abdul
Ilah, che fu costretto a rifugiarsi in Siria.
Dopo una iniziale disponibilità del nuovo governo iracheno ad
accogliere la truppe britanniche nel paese, come prevedeva il
trattato del 1930, mossa questa dettata dalla esigenza di prendere
tempo in attesa di un massiccio aiuto da Berlino e Roma ed in
considerazione del fatto che gli Inglesi controllavano i punti vitali
del paese, il primo maggio Rashid Alì si oppose ad una richiesta
del governo di Sua Maestà di poter far passare le truppe sul
territorio iracheno. Tutto ciò provocò lo scoppio di aperte anche se
moderate ostilità, le truppe irachene attaccarono l’aeroporto di
Habbaniya, vicino a Baghdad, dove aveva sede la base britannica.
5
I ribelli fin dal 1940 si erano adoperati molto per mettersi in collegamento con i Tedeschi attraverso contatti con
l’ambasciata di Ankara.
6
Tra tali illustri esponenti del mondo arabo spiccava il nome del gran muftì di Gerusalemme Haj Amin al-Husayni, ed
i siriani Jamil Mardam e Choukri Kuatli.
16
A questo punto il governo britannico, temendo che il paese,
posizionato in un area politicamente strategica, come il Golfo
Persico, potesse realmente cadere nelle mani delle forze dell’Asse,
lanciò nel paese una energica campagna militare.
Truppe arabe ben fornite provenienti dalla Transgiordania guidate
dal comandante inglese Glubb Pascià entrarono nel paese e si
congiunsero con un piccolo contingente indiano fatto sbarcare a
Bassora per spezzare il fragile assedio che gli insorti iracheni
avevano posto alle caserme inglesi. Con una rapida avanzata le
truppe britanniche spazzarono via ogni sacca di resistenza senza
che i Tedeschi potessero (o volessero?) inviare aiuti ai rivoltosi
iracheni, tranne che un numero limitato di tecnici e qualche
centinaio di tonnellate di equipaggiamento e di materiale bellico. Il
30 maggio Rashid Alì insieme agli altri ribelli fu costretto a
lasciare il paese ed a riparare a Teheran.
Al termine degli scontri la situazione nel paese rimase piuttosto
agitata e confusa con una serie di torbidi, repressioni ed
impiccagioni di alcuni responsabili della rivolta, ma nel giro di
poco tempo la pace fu ristabilita in tutto il paese. Il 14 giugno il
governo inglese proclamò nuovamente il suo rispetto della
indipendenza del paese, la monarchia venne restaurata anche se
essa aveva ormai perso gran parte del prestigio e la simpatia della
maggior parte della popolazione a causa della sua completa
sottomissione all’Inghilterra (senza la quale la restaurazione non
sarebbe stata mai possibile), la quale “spadroneggiava come in un
territorio di conquista.”
7
Altri due paesi dove i Britannici furono costretti ad affrontare un
serio pericolo di occupazione tedesca furono senza dubbio la Siria
7
G. Valabrega, La rivoluzione araba, Milano, 1967, p. 122
17
ed il Libano. In questi paesi infatti, in seguito al crollo della
Francia nelle mani della Germania nel 1940 si era formata una
amministrazione coloniale francese succube del regime filo-nazista
di Vichy, il quale ansioso di assicurarsi più concessioni possibili
dalla Germania aveva dato istruzioni all’Alta Commissione di
Beirut affinché collaborasse totalmente con l’Asse. L’ostilità tra i
regimi mandatari francesi e la Gran Bretagna sfociò in un conflitto
armato ad inizio giugno del 1941 quando venne concesso l’uso
delle basi siriane ad aeroplani tedeschi diretti in Iraq per portare
aiuti ai ribelli di Rashid Ali.
L’8 giugno un esercito misto costituito da truppe inglesi
accompagnate da un contingente di forze della Francia Libera del
generale Charles de Gaulle, guidate dal generale Catroux, partirono
dalla Palestina su tre direzioni e dopo con una rapida avanzata in
territorio siriano sconfissero in sole sei settimane la strenua
resistenza delle forze di Vichy, annunciando per bocca del
generale Catroux la fine del regime dei mandati in Siria ed in
Libano. Terminate le ostilità con il generale de Gaulle ed il
ministro di stato inglese Oliver Lyttelton, con uno scambio di note,
garantirono l’indipendenza dei due paesi che venne proclamata di lì
a poco.
Anche in questo caso le motivazioni che spinsero gli Inglesi ad
intraprendere una rapida azione in Siria e in Libano erano palesi, le
due amministrazioni francesi agli ordini del governo di Vichy e
assolutamente prone alle direttive nazi-fasciste costituivano un
“pericolo immediato per le posizioni inglesi nel Medio Oriente, il
rischio cioè che Berlino e Roma riuscissero ad impiantare nel cuore
18
del Levante una base d’operazioni strategico-militare con larghe
possibilità di manovra in direzione dell’India e del Caucaso.”
8
Se dunque paesi come l’Iraq, la Siria e il Libano costituirono gli
scenari dove i due blocchi belligeranti si scontrarono, in maniera
più o meno diretta, per il controllo di una regione ritenuta
fondamentale per le sorti del conflitto, certamente non meno vitale,
per entrambe le parti, si rivelò il controllo dell’Iran, sia per
motivazioni di carattere strategico-militare, sia per motivi più
prettamente economici.
8
Ibidem, p. 117
19
PARAGRAFO II: La Persia dalla rivoluzione del 1905 fino
all’inizio della seconda guerra mondiale.
L’Iran, sebbene fosse, al solo pari della Turchia nella regione
mediorientale, uno stato sovrano ed indipendente da molto tempo,
un paese abituato “ad assumersi la responsabilità della propria
sopravvivenza e del proprio benessere”
9
, era da secoli al pari della
stessa Turchia, oggetto delle mire espansionistiche russe, ma
diversamente da questa era un paese minacciato anche a sud,
dall’impero britannico che con i suoi possedimenti nel golfo
persico e il controllo dell’India “senza cercare un’espansione
territoriale […] ambiva comunque a una penetrazione politica ed
economica nel paese”
10
.
Ciò nonostante, fino alla rivoluzione iraniana del 1905, i Russi
avevano mantenuto una posizione indiscutibilmente dominante nel
paese, tanto da spingere il ministro delle finanze zarista a dichiarare
che l’intera parte settentrionale della Persia era destinata per sua
natura a divenire in futuro, se non parte del grande impero russo,
almeno un paese sotto il suo completo controllo
11
.
Nell’agosto 1907 le due grandi potenze rivali siglarono a
Pietroburgo una trattato che doveva rimanere segreto in base al
quale, visto “il loro interesse speciale al mantenimento della pace e
dell’ordine, per ragioni d’ordine geografico e economico”
12
, la
Persia veniva di fatto divisa in due sfere di influenza, la parte
centro-settentrionale del paese sotto il controllo russo e la parte
sud-orientale sotto il controllo inglese, più una zona centrale
neutrale.
9
B. Lewis, La costruzione del Medio Oriente, Roma - Bari, 2003, p. 176
10
Ibidem, p. 178
11
Louise L’E. Fawcett, Iran and the cold war: the Azerbaijan crisis of 1946, Cambridge, 1992, p. 83
12
M. Monterisi, Iran, Milano, 1941, p. 216
20
Sebbene il testo del trattato contenesse una premessa dove veniva
ribadito il mutuo impegno delle due potenze nel rispettare
“l’integrità e l’indipendenza” nonché il desiderio di preservare
l’ordine e il pacifico sviluppo del paese mediorientale, esse erano
in pratica addivenute alla spartizione della Persia. La Russia
rinunciava in sostanza alla parte meridionale del paese e quindi al
suo tradizionale obbiettivo di raggiungere il mare libero,
riconoscendo al contempo “gli interessi speciali della Gran
Bretagna nel Golfo Persico”
13
, ma in cambio otteneva il controllo
della maggior parte del territorio persiano con tutte le sue città
principali, compresa la capitale Teheran, ma soprattutto dei
giacimenti petroliferi del Khorāsān, Mazandaran, Gilan, ed
Azerbaigian, anche se a quell’epoca il governo zarista non pensava
di sfruttarli. La Gran Bretagna, malgrado la zona posta sotto la sua
influenza fosse prevalentemente desertica, accettò di buon grado i
termini di questo accordo in quanto il suo principale obbiettivo in
realtà era stato raggiunto, e cioè quello di bloccare l’avanzata
zarista verso il Golfo Persico che i britannici consideravano
fondamentale per assicurare i traffici commerciali diretti verso
l’India.
Inoltre nella zona centrale neutrale del paese già si trovava una
concessione petrolifera inglese.
La Persia, sebbene cercasse di evitare ogni coinvolgimento
dichiarando la propria neutralità fu direttamente coinvolta nella
Grande Guerra, il suo territorio si trasformò in un enorme campo di
battaglia dove si scontrarono le forze turche e tedesche da una parte
e gli eserciti zarista ed inglese dall’altra.
13
Ibidem, p. 217
21
Durante i cinque anni di battaglie, offensive e controffensive
militari, il popolo persiano subì pesantemente gli effetti di una lotta
di cui non comprendeva il significato. I traffici commerciali a causa
delle vicende belliche erano stati interrotti, la miseria dilagava in
tutto il paese ed una maggiore incertezza dell’avvenire permeava
l’animo dei Persiani.
Con il crollo dell’impero zarista a seguito della rivoluzione
bolscevica del 1917 e la conseguente firma del trattato di pace con
la Germania avvenuta a Brest-Litovsk nel marzo del 1918 e
successivamente con la sconfitta turco-germanica, gli Inglesi
pensarono, per un momento, di poter ridurre tutta la Persia a loro
protettorato assicurando in tal modo oltre ad una protezione
completa del suo preziosissimo dominio coloniale indiano, anche la
salvaguardia delle proprie concessioni petrolifere contro possibili
mire straniere e sovietiche in particolare.
Così scriveva il capo del Foreign Office Lord Curzon nel 1919:
“Ora che stiamo per assumere il mandato in Mesopotamia, che ci
renderà contigui ai margini occidentali della Persia, non possiamo
permettere che esista, tra le frontiere del nostro impero indiano […]
e quelle del nostro nuovo protettorato, un focolaio di disordini,
intrighi ostili, confusione finanziaria e disordine politico. Inoltre
[…] possediamo nell’estremità sud-occidentale della Persia grandi
interessi, ovvero giacimenti petroliferi, di enorme importanza per la
marina britannica, e che ci impongono di riporre enorme attenzione
su quella parte del mondo.”
14
Oltre a queste motivazioni di carattere geopolitico ed economico, a
spiegare il particolare interesse inglese per la Persia concorre anche
il fatto che se il paese fosse rimasto per così dire “incostudito” la
14
P. Mansfield, Storia del Medio Oriente, Torino, 1993, p. 229
22
propaganda comunista proveniente dal nord avrebbe potuto trovare
campo libero per espandersi con facilità in tutta la regione.
Il disegno politico britannico sembrò realizzarsi il 9 agosto 1919
con la firma del trattato anglo-persiano
15
.
Secondo le clausole del trattato veniva conferita alla Gran Bretagna
la responsabilità di riorganizzare l’esercito persiano attraverso
l’invio di alcuni ufficiali di Sua Maestà nel paese.
La Gran Bretagna forniva allo stato persiano un prestito di due
milioni di sterline per provvedere alla ricostruzione interna e per la
realizzazione di opere pubbliche come strade e linee ferroviarie, in
cambio otteneva il controllo sulle finanze del paese mediorientale
con la nomina di esperti consiglieri inglesi alla tesoreria di stato.
Lord Curzon, quasi sicuramente con tutta onestà, ma denotando al
contempo una carente conoscenza della realtà iraniana, credette che
l’accordo siglato garantisse in pieno gli interessi persiani.
Presentando il trattato al gabinetto britannico egli affermava: “Il
governo persiano, rendendosi conto che noi siamo la sola grande
potenza confinante, strettamente interessata al destino della Persia,
capace e disposta ad aiutarla, ha spontaneamente deciso di
chiederci di assistere la Persia nel ricostruire le sue fortune”
16
.
In realtà, attraverso la stipulazione del trattato l’Inghilterra non
manifestava altro che l’intenzione di istituire un vero e proprio
protettorato nel paese ed aggiungere un ulteriore tassello a quel
mosaico di terre, razze e culture differenti che era il proprio
impero.
15
Jean-B. Duroselle, Storia diplomatica dal 1919 ai nostri giorni, Milano, 1998, p. 59
16
M. Monterisi, Iran, op. cit., p. 288