2
trasparenza e nel rispetto dei criteri di efficienza, efficacia ed 
economicità.    
All’AIFA è assegnata una competenza sul farmaco e sull’intero 
sistema farmaceutico. In particolare, mira a promuovere la conoscenza 
e la cultura del farmaco; a favorire e premiare gli investimenti in 
ricerca e sviluppo in Italia; a rafforzare i rapporti con l’EMEA, le 
Agenzie degli altri Paesi e con gli altri organismi internazionali, a 
garantire l’accesso al farmaco e il suo impiego sicuro e appropriato 
come strumento di difesa della salute; a provvedere al governo della 
spesa farmaceutica in un contesto di compatibilità economico-
finanziaria e competitività dell’industria farmaceutica; ad assicurare 
innovazione, efficienza e semplificazione delle procedure di 
autorizzazione all’immissione in commercio, in modo da determinare 
un accesso rapido ai farmaci innovativi e ai farmaci orfani.  
Il mio lavoro è stato strutturato cercando di offrire inizialmente 
un quadro di insieme di quelle che sono state nel tempo le 
problematiche legate alla protezione della salute e in particolare 
all’esperienza giuridica del settore farmaceutico.  
Nel primo capitolo è ripercorso l’iter legislativo 
dell’ordinamento sanitario, per meglio comprendere attraverso quali 
trasformazioni e riforme strutturali si è pervenuto all’attuale sistema 
salutare e a una nuova idea di Salute.  
Il secondo capitolo è dedicato all’evoluzione normativa del 
farmaco e della farmacia. Il percorso della legislazione farmaceutica è 
fondamentale per mettere in luce, da una parte, l’importanza che il 
farmaco assume presso gli operatori del diritto, sia nazionali che 
comunitari, considerata la sua notevole incidenza sulla salute del 
cittadino e, dall’altra, la rilevanza che la farmacia acquisisce quale 
 3
struttura/servizio/professione preposta alla dispensazione dei mezzi 
utilizzati per correggere e ripristinare con prodotti terapeutici, e per 
conservare con prodotti salutari, la condizione di benessere ottimale di 
ciascun individuo nell’ambito della comunità, garantendo la 
realizzazione dell’interesse pubblico alla tutela della Salute. 
Il terzo capitolo analizza l’informazione scientifica sul farmaco 
che rappresenta il complesso di dati clinici-farmacologici che le 
aziende farmaceutiche forniscono agli operatori sanitari in modo da 
indirizzarli correttamente nella scelta e nell’utilizzazione del 
medicinale. Dopo aver individuato gli elementi di novità apportati dal 
Codice dei medicinali ad uso umano (d.lgs. n. 219/2006) alla 
regolamentazione dell’informazione scientifica sul farmaco, si è 
affrontato il problema relativo al coordinamento tra le norme statali e 
l’operato regionale, considerato che oggi l’informazione scientifica sul 
farmaco si trova a vivere in mezzo a una zona conflittuale tra il 
legislatore centrale - lo Stato - e vari attori decentrati - le Regioni - che 
hanno anch’essi il diritto di legiferare a tutti gli effetti.    
Il quarto capitolo è dedicato all’Agenzia Italiana del Farmaco. 
Partendo dalla legge istitutiva si è cercato di mettere in rilievo i singoli 
aspetti in essa previsti, offrendo in particolare una descrizione 
dettagliata dell’organizzazione, del funzionamento e delle competenze 
di questo organismo. Si è proposta, inoltre, un’ipotesi sulle ragioni 
sottese alla scelta del modello dell’agenzia e, quindi, di 
un’amministrazione separata da quella statale. Infine, è stata valutata 
l’istituzione dell’AIFA dal punto di vista dei suoi rapporti con gli altri 
livelli di governo, diversi da quello statale. In particolare, da un lato, 
viene analizzato se l’emanazione della norma istitutiva dell’Agenzia 
sia avvenuta nel rispetto delle competenze legislative e amministrative 
 4
delle Regioni e, dall’altro, viene verificato se l’istituzione di questo 
ente abbia contribuito a portare avanti il progetto della costruzione di 
una rete europea di amministrazioni del settore.          
Nel quinto capitolo, considerato che uno degli obiettivi 
fondamentali dell’AIFA è quello di voler fare acquisire all’Italia 
autorevolezza presso l’Agenzia Europea dei Medicinali (EMEA) e gli 
altri organismi europei e internazionali, attraverso una partecipazione 
attiva al processo registrativo comunitario, si è approfondito il sistema 
europeo di autorizzazione all’immissione dei medicinali, basato su 
una procedura “centralizzata”, una procedura di “mutuo 
riconoscimento” e una procedura “decentrata”. Inoltre, si sono 
analizzati la struttura amministrativa, la regolamentazione finanziaria 
e le competenze dell’EMEA, nonché il suo fondamentale ruolo nelle 
suddette procedure.           
 
   
 
 
          
      
 
 
 
 
 
 
 
 5
Capitolo primo 
LA STORIA DELLA LEGISLAZIONE SANITARIA 
 
 
SOMMARIO: 1.1. Le prime strutture sanitarie in Italia. - 1.2. L’organizzazione sanitaria negli Stati 
dell’Italia pre-unitaria. - 1.3. L’evoluzione legislativa della salute dall’Unità d’Italia sino 
all’istituzione del Servizio sanitario nazionale. - 1.3.1. L’ordinamento della sanità pubblica nel 
Regno d’Italia. - 1.3.2. Il periodo fascista e la creazione dell’Alto Commissariato per l’Igiene e 
la Sanità. - 1.3.3. La Salute nella Costituzione Italiana. - 1.3.4. Il sistema mutualistico. - 1.3.5. 
L’istituzione del Ministero della sanità. - 1.3.6. Il decennio dal 1968 al 1978: la riforma 
ospedaliera e il trasferimento delle competenze alle Regioni. - 1.4. La riforma della Salute. - 
1.4.1. L’istituzione del Servizio sanitario nazionale. - 1.4.2. Il riordino della sanità con il d.lgs. 
n. 502/92. - 1.4.3. La riforma sanitaria ter (d.lgs. n. 229/99). - 1.4.4. I provvedimenti di 
“aggiustamento” della riforma ter. - 1.4.5. La ristrutturazione del Ministero della sanità (oggi 
della Salute). - 1.5. La tutela della Salute nel nuovo Titolo V della seconda parte della 
Costituzione. 
 
 
1.1. Le prime strutture sanitarie in Italia 
 
La protezione della salute ha una storia di lungo periodo. Fin 
dall’antichità, essa ha costituito un fine principale per i responsabili 
della res publica. Infatti, i primi popoli civilizzati utilizzarono le 
proprie conoscenze scientifiche accumulate, per costruire strutture 
amministrative e servizi con l’obiettivo di salvaguardare la salute (da 
intendersi soprattutto in termini di protezione sociale e di 
sopravvivenza degli individui) della comunità. In epoca preindustriale 
l’azione più significativa è sicuramente quella caritativa della Chiesa 
nelle sue diverse espressioni. La Chiesa perseguiva due obiettivi: 
influire sulle coscienze attraverso la predicazione affinché si rivolga 
attenzione a chi era in difficoltà; realizzare strutture capaci di essere 
una risposta concreta a quanti esprimevano una domanda di 
accoglienza, ospitalità e cura
1
.  
                                                 
1
 Cfr. GUIDUCCI P. L., Manuale di diritto sanitario, Milano, 1999, pag. 19; ciò è esplicato  
anche in VICARELLI G., Alle radici della politica sanitaria in Italia: società e salute da Crispi al 
 6
Le radici dell’attuale sistema sanitario sono tuttavia da ricercare 
in epoca più moderna. E’ nel corso dell’età comunale (tra la metà del 
XIV secolo e i primi del XVI) che, in corrispondenza con la 
formazione dei primi Stati moderni, vengono istituiti gli uffici di 
sanità
2
, cioè degli istituti avanzati di organizzazione sanitaria che 
producono una documentazione sulle condizioni igienico-sanitarie ed 
economico-sociali del tempo. La loro finalità era quella di emanare 
disposizioni di ordine pubblico per prevenire la diffusione di malattie 
contagiose, limitare i danni economici conseguenti alle epidemie e 
punire coloro i quali, approfittando dei periodi di peste, carestia, 
eccetera, coglievano l’occasione per sconvolgere (ancora di più) la 
quiete pubblica. Inoltre, i Comuni si dotano di uno strumento di 
controllo e di assistenza sanitaria che è rappresentato dal medico 
condotto, la cui istituzione risale all’epoca romana
3
. Con il tempo gli 
uffici di sanità iniziano ad espletare anche compiti anagrafici, di 
registrazione ed analisi dei decessi. Il tutto in un’opera di 
                                                                                                                                     
fascismo, Bologna, 1997, pag. 16 dove si afferma che: “è la Chiesa, assieme alla famiglia, ad 
assolvere la maggior parte delle funzioni di protezione sociale in epoca preindustriale”.  
2
 Cfr. BUIATTI E., GEDDES M., MACIOCCO G., Sanità Pubblica, Roma, 1981, pag. 15 che 
attribuisce agli uffici di sanità le caratteristiche della magistratura ordinaria, con un proprio 
organico di magistrati, tecnici (medici, chirurghi, barbieri) e sbirri. 
3
 Cfr. VICARELLI G., Alle radici della politica sanitaria in Italia, cit., pag. 53, dove nella nota 
14 si afferma che “secondo Plinio i Romani vivono nei primi seicento anni della loro storia senza 
medici e si affidano per la terapia ai semplici rimedi della medicina domestica del pater familias. 
Ben prima dell’avvento dei medici, però, e certo con assai maggiore efficacia rispetto alle 
condizioni sanitarie collettive, i Romani dedicano cure assidue all’igiene pubblica, che 
accompagna le tappe della loro espansione imperiale costituendone un marchio e un vanto. 
Quando, poi, nella Roma tardo-repubblicana e imperiale, di fronte ai problemi sanitari posti dal 
rapido incremento della popolazione urbana e dalle esigenze dei ceti agiati ed acculturati, ci si 
risolve all’uso dei medici e della loro arte si sceglie una strada di tipo liberistico, incoraggiando, 
attraverso tutta una serie di facilitazioni e privilegi, l’immigrazione e la stabilizzazione nella città 
di sempre più numerosi medici privati stranieri, soprattutto greci ma anche giudei e in qualche 
caso egiziani. Mentre, dunque, nelle città ellenistiche il medico pubblico è un’istituzione ben 
consolidata, a Roma i medici assumono una posizione libero-professionale seppure via via 
garantita e protetta in termini giuridici e finanziari. Se in un primo tempo è la cittadinanza che 
viene concessa ai medici che accettano di risiedere a Roma, in un secondo tempo, in concomitanza 
con un’epoca di accentuata fiscalità, le immunitas garantiscono ai medici esenzioni da obblighi 
costosi e gravosi in cambio della loro presenza. Tali immunitas vengono, nel tempo, riconosciute 
ad un numero limitato di medici così che si formano collegi ristretti di sanitari autorevoli e 
privilegiati scelti dai loro eminenti concittadini”.               
 7
coordinamento e collaborazione con le magistrature degli altri Stati 
della Penisola. Successivamente nel corso dei secoli XVI e XVII si 
sviluppano delle modificazioni nell’atteggiamento verso i fenomeni 
morbosi e delle riforme, seppur limitate, nell’assistenza ai malati. Si 
estende l’organizzazione dell’assistenza pubblica e di quella che oggi 
è chiamata la rete ospedaliera, soprattutto grazie al maggiore 
intervento della Chiesa e dei vari ordini religiosi. La rete ospedaliera 
si amplia grazie alla costituzione di strutture destinate a scopi curativi-
assistenziali e alla creazione di reparti e interi ospedali per l’assistenza 
agli infanti abbandonati e ai malati infetti
4
. Inoltre, inizia la 
sistematica registrazione dei fenomeni demografici (natalità, 
mortalità) e il medico si avvia a diventare il punto di riferimento 
dell’organizzazione sanitaria nazionale e locale. 
Tra la fine del XVIII e l’inizio del XIX secolo, si diffonde la 
tendenza ad avocare al settore laico (centrale e locale) molte delle 
funzioni che in precedenza erano svolte dalla Chiesa. Infatti, da un 
lato, si assiste ad un lento ed inesorabile affievolimento del fervore 
religioso e, dall’altro, all’emersione di un’opinione diffusa secondo 
cui la beneficenza è dovere dello Stato. Questa ultima funzione, 
secondo Voltaire “basandosi sull’amore per gli uomini e sul desiderio 
di rendersi utili, deve sostituirsi alla carità, che poggia essenzialmente 
sulla pietà”. In questo modo, i poteri pubblici aumentano le proprie 
funzioni assistenziali non arrivando, però, a coprire i nuovi bisogni 
derivanti dai processi di industrializzazione. È proprio in questi anni 
che si ha il primo vero esempio di legislazione sanitaria in vigore su 
tutto il territorio nazionale. Esso è rappresentato dal Codice Sanitario 
Napoleonico del 1806, che ebbe validità in tutti gli Stati italiani e 
                                                 
4
 Cfr. BUIATTI E., GEDDES M., MACIOCCO G., Sanità Pubblica, cit., pagg. 15-16. 
 8
istituì i medici per gli indigenti e la polizia medica con una sua 
direzione alle dipendenze del Ministero dell’Interno, riordinò le 
misure di profilassi nella lotta alle malattie infettive, rafforzò le 
misure igieniche ambientali e istituì delle Commissioni sanitarie nei 
Comuni capoluoghi per consulenze e pareri alle Autorità 
amministrative. 
 
 
1.2. L’organizzazione sanitaria negli Stati dell’Italia pre-unitaria 
 
All’inizio del XIX secolo nei diversi Stati italiani, grazie anche 
alla diffusione del Codice Sanitario Napoleonico, compaiono le prime 
vere e proprie organizzazioni sanitarie: si predispongono delle 
strutture con lo scopo di prevenire, ma soprattutto curare, i fatti 
pericolosi per la salute dei cittadini
5
.  
Nel regno Lombardo-Veneto venne istituito il protomedico e 
Venezia, in particolare, si dotò di un Magistrato di sanità marittima. Si 
istituirono i protomedici subalterni denominati medici provinciali, 
mentre nelle città e nei comuni minori le autorità che di solito sono 
preposte all’attività amministrativa, provvedevano anche alla polizia 
sanitaria
6
.  
Nel Granducato di Toscana, le funzioni di provvedere alla tutela 
della salute vennero affidate alle ordinarie autorità amministrative e 
solo successivamente venne creata la carica di sopraintendente di 
sanità medica interna. Il sopraintendente aveva le funzioni di direzione 
                                                 
5
 Cfr. BUSNELLI F. D., BRECCIA V., Il diritto alla salute, Bologna, 1979, pagg. 44 e ss. 
6
  Le strutture amministrative (anche sanitarie), nel regno del Lombardo–Veneto, presentavano 
una organizzazione di carattere razionale e moderno che poi venne mutuata in altri ordinamenti 
italiani. Infatti, la dottrina afferma che quello del Lombardo–Veneto sia stato uno dei migliori 
ordinamenti giuridici del tempo, anche in materia di organizzazione sanitaria.  
 9
degli ospedali e di iniziativa per mantenere e tutelare la salute 
pubblica, ma erano essenzialmente delle funzioni consultive con 
limitati poteri di amministrazione attiva. 
Lo Stato pontificio, invece, presentava una legislazione 
abbastanza compiuta. Infatti, nel 1818 venne emanato un codice 
sanitario, poi integrato successivamente dal regolamento del 1831, che 
prevedeva delle precise disposizioni riguardanti le precauzioni da 
prendersi onde prevenire il diffondersi di malattie contagiose. Nel 
1834 venne creata la congregazione speciale di sanità di cui facevano 
parte tre consiglieri di sanità che venivano scelti fra esperti in 
materia
7
.  
Anche il regno delle Due Sicilie aveva una legislazione 
abbastanza articolata. Venne creato un sopraintendente generale di 
salute che doveva provvedere alla tutela della salute, svolgendo una 
funzione di carattere generale. Esso si avvaleva di un organo 
collegiale consultivo e di una facoltà medica, anch’essa con funzioni 
consultive. A livello provinciale le funzioni sanitarie erano svolte 
dagli intendenti e a livello comunale dalle deputazioni. Nel 1820 
vennero poi emanati due regolamenti, uno per il servizio sanitario di 
terra e l’altro per quello marittimo. Quest’ultimo regolamento costituì 
indubbiamente uno dei primi costrutti normativi per la tutela della 
salute contro i pericoli derivanti dai traffici per via mare.  
Infine, di maggiore interesse sono le vicende del Regno di 
Sardegna. Questo perché i precedenti storici di questo regno sono 
direttamente collegati con le prime disposizioni normative del Regno 
                                                 
7
 Cfr. ALESSI R., L’Amministrazione sanitaria, in Atti del Congresso celebrativo del centenario 
delle leggi amministrative di unificazione, Vicenza, 1967, pag. 17 dove viene affermato che in tale 
commissione per la prime volta è presente, seppur timidamente, l’elemento tecnico. Finora, negli 
organismi preposti all’espletamento della funzione sanitaria erano presenti solo soggetti aventi 
funzioni prettamente amministrative.         
 10
d’Italia. Nel 1818 venne istituito il protomedico a Torino, nello stesso 
periodo in cui lo stesso istituto venne creato nel Lombardo-Veneto. A 
livello provinciale venne creato un medico rappresentante con 
funzioni di vigilanza sui sanitari, sui farmacisti, sui droghieri e su 
coloro che preparavano prodotti medicamentosi. Nel 1831 furono 
emanate delle disposizioni normative d’urgenza, per ovviare alla 
grave situazione conseguente ad una epidemia colerica. Queste norme 
vennero qualificate come disposizioni di polizia sanitaria, seguite nel 
1833 da altre per ovviare al diffondersi di malattie contagiose degli 
animali. 
Dall’esame di tali norme emerge che le funzioni affidate ai 
protomedici, ai medici rappresentanti, ai magistrati di sanità era 
soprattutto di natura giuridico-amministrativa più che tecnico-
sanitaria
8
. Una riforma fondamentale fu attuata  nel 1839, con la quale 
venne ristrutturato il protomedicato e stabilita una sua organizzazione 
interna abbastanza articolata. Al protomedico capo spettavano tutte le 
funzioni relative alla tutela, in senso lato, della salute dei cittadini. Dal 
protomedicato dipendevano poi i protomedici provinciali. Con l’editto 
30 ottobre 1847 vennero creati il Consiglio superiore di sanità e i 
Consigli provinciali di sanità e questo rappresenta una impostazione 
determinante per il futuro delle strutture sanitarie. 
Un’ulteriore riforma importante fu la legge 12 maggio 1851 con 
la quale fu soppresso il protomedicato, con conseguente affidamento 
delle sue funzioni ai Consigli provinciali di sanità. 
                                                 
8
 In effetti nei diversi Stati pre-unitari si aveva, salvo alcune eccezioni, una prevalenza assoluta 
dell’elemento amministrativo su quello tecnico-sanitario nell’ambito dello svolgimento delle 
funzioni sanitarie. Infatti, all’apparato tecnico-sanitario erano affidate soprattutto funzioni di 
carattere preparatorio e consultivo, giustificate anche dal fatto che le norme emanate dai vari 
ordinamenti erano soprattutto di polizia sanitaria volte non tanto a prevenire quanto a punire fatti 
pericolosi per la salute delle persone.      
 11
Questa rappresenta la struttura dell’organizzazione sanitaria che 
sarà trasposta e poi completata successivamente nell’ambito del 
Regno d’Italia.   
 
                                    
1.3. L’evoluzione legislativa della salute dall’Unità d’Italia sino 
all’istituzione del Servizio sanitario nazionale 
 
L’unità d’Italia ha rappresentato l’evento che ha abolito la 
legislazione sanitaria dei singoli Stati pre-unitari, fornendo le basi per 
la previsione di un sistema assistenziale centralizzato e unificato, 
almeno da un punto di vista della sua organizzazione burocratica. 
Attraverso la prima legge sanitaria (legge n. 2248 del 1865, e in 
particolare l’allegato C), prende corpo la beneficenza legale, che viene 
ad essere erogata dallo Stato (e dai suoi organi sul territorio) o da altri 
organismi extrastatali (per esempio la Chiesa) in favore di indigenti o 
di particolari categorie di cittadini
9
. Questo tipo di beneficenza 
all’inizio del XX secolo si trasforma in beneficenza pubblica, che 
viene ad essere garantita dalle Istituzioni Pubbliche di Assistenza e 
Beneficenza (IPAB). Durante il periodo fascista, l’innovazione più 
significativa è rappresentata dal Testo Unico delle leggi sanitarie 
(R.D. n. 1265 del 1934), mentre nel secondo dopoguerra si diffonde 
un sistema basato sulla sicurezza sociale, anche se essa si trova ancora 
in uno stato larvale
10
.  
                                                 
9
 Cfr. PRIMICERIO B., Il Servizio Sanitario Nazionale: struttura, organizzazione e modelli 
gestionali, Roma, 2004, pagg. 17 e ss.  
10
 Il concetto di sicurezza sociale si consoliderà e sarà posto alla base del Servizio sanitario 
nazionale, attraverso la legge n. 833 del 1978 (la cosiddetta Riforma sanitaria).   
 12
Un salto qualitativo si è avuto attraverso il precetto contenuto 
nell’art. 32 della Costituzione
11
, con la creazione dell’Alto 
Commissariato per l’Igiene e Sanità Pubblica (decreto luogotenenziale 
12 giugno 1945, n. 417), e successivamente con l’istituzione del 
Ministero della sanità (legge 13 marzo 1958, n. 296). In tal modo i 
problemi sanitari escono all’ambito delle competenze di polizia 
sanitaria che, fino a quel momento, aveva caratterizzato l’ordinamento 
sanitario italiano. Inoltre, l’assistenza ospedaliera è completamente 
affidata agli istituenti Enti ospedalieri, attraverso la legge n. 132 del 
1968.  
Gli anni settanta sono caratterizzati dall’istituzione e 
dall’attivazione delle Regioni ordinarie, alle quali vengono affidati 
poteri in materia di assistenza sanitaria e ospedaliera attraverso una 
devoluzione dallo Stato alle Regioni delle funzioni inerenti la predetta 
materia. Inoltre, vengono posti in liquidazione gli enti mutualistici, 
che erano stati costituiti in epoca fascista e che avevano caratterizzato 
e amministrato l’assistenza sanitaria per circa un cinquantennio. 
Infine, nel 1978, con la Riforma sanitaria (legge n. 833/78) venne 
istituito il Servizio sanitario nazionale e introdotta nel nostro Paese 
una nuova idea di Salute.  
Si cercherà di ripercorrere, nei prossimi paragrafi, tale percorso 
legislativo che dall’Unità d’Italia ha portato ad un nuovo sistema 
salutare.         
 
 
                                                 
11
 Nell’art. 32 Cost. si afferma che “la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto 
dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può 
essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario se non disposizione di legge. La legge non 
può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”. 
 13
1.3.1. L’ordinamento della Sanità Pubblica nel Regno d’Italia 
 
A seguito dell’Unità d’Italia, si provvide all’emanazione di 
alcune leggi di unificazione amministrativa del Regno. In campo 
sanitario, la prima legge fu quella del 30 giugno 1861 riguardante la 
sanità marittima. Il 30 novembre dello stesso anno venne poi emanato 
il relativo regolamento di esecuzione
12
. Con questa legge, il nuovo 
stato unitario dava esecuzione alla Convenzione di Parigi del 1852 con 
la quale si era disciplinata, in modo esemplare, la materia della sanità 
marittima. 
Da un punto di vista dell’organizzazione burocratica delle 
strutture sanitarie terrestri, si propose un sistema assistenziale 
centralizzato. Attraverso la legge Rattizzi del 3 agosto 1862, n. 753, si 
provvide a coordinare in un'unica disciplina le numerose istituzioni 
solidaristiche presenti sul territorio, che finora avevano assicurato 
l’assistenza sanitaria e sociale in favore della popolazione più 
bisognosa
13
. A queste istituzioni viene concessa un’autonomia di 
attività, ma vengono poste sotto il controllo del Governo attraverso gli 
organi provinciali
14
. 
Una completa opera di unificazione nazionale della legislazione 
nei vari settori di attività dello Stato fu attuata dalla fondamentale 
legge 20 marzo 1865, n. 2248, la quale prevedeva l’approvazione di 
una serie di allegati contrassegnati dalle prime letture dell’alfabeto, 
costituenti ciascuno un’autonoma legge. L’allegato C rappresentava il 
                                                 
12
 Cfr. BUSNELLI F. D., BRECCIA M., Il diritto alla salute, cit., pag. 49 in cui si afferma che i 
problemi sanitari vennero subito visti in relazione ai traffici per via di mare attraverso i quali erano 
ipotizzabili i maggiori pericoli di diffusione di malattie epidemiche.   
13
 Cfr. JORIO E., Diritto Sanitario, Milano, 2006, pag. 14. 
14
 Cfr. FACINCANI M., SOFFIATI E., Principi di legislazione e organizzazione sanitaria 
(nazionale e internazionale), Milano, 1994, pag. 41.  
 14
primo provvedimento legislativo “organico” in materia sanitaria, che 
costituiva il punto di partenza di tutta l’evoluzione normativa 
successiva, ma che risentiva ancora della legislazione piemontese
15
. 
Tale articolato normativo è considerato da una parte della dottrina
16
 
una compiuta disciplina unitaria che regolamentava, seppur in modo 
incompleto, l’organizzazione della sanità pubblica. Con tale legge 
vennero abolite le precedenti legislazioni in materia dei singoli Stati 
(in alcuni casi avanzate rispetto al periodo) e la tutela della salute 
pubblica (che si ispirava  sostanzialmente all’editto piemontese del 
1847, secondo il quale la tutela della salute pubblica era affidata alle 
autorità civili) viene affidata al Ministero dell’Interno. A livello 
periferico, il Ministero era coadiuvato dai prefetti, sottoprefetti e 
sindaci ai quali venivano affiancati, a vari livelli, organismi tecnici-
sanitari di nuova istituzione: il Consiglio superiore di sanità (presso il 
Ministero dell’interno), i Consigli provinciali di sanità (presso la 
Prefettura), ed i Consigli sanitari di circondario (presso ogni 
Sottoprefettura), con funzione eminentemente preparatoria e 
consultiva
17
. Di questi Consigli facevano parte elementi tecnici 
sanitari ma il potere dispositivo verso l’esterno era demandato 
principalmente agli organi amministrativi. Successivamente venne 
emanata la legge 22 giugno 1874 con il relativo regolamento di 
esecuzione del 6 settembre 1874 n. 2120. La normativa del 1865 e del 
1874, sulla base dell’impostazione dei vecchi stati pre-unitari, 
prevedevano soprattutto disposizioni di polizia sanitaria e di tutela 
dell’igiene pubblica. Uniche norma in materia di assistenza sanitaria 
                                                 
15
 Cfr. A. QUARANTA, Il sistema di assistenza sanitaria, Milano, 1985, pagg. 1-2.  
16
 Tra cui M. ANGELICI, Principi di diritto sanitario, Milano, 1974, pag. 5. 
17
 Il relativo regolamento di esecuzione del 18 giugno dello stesso anno colmò alcune lacune 
della legge e aggiunse ai predetti organi le commissioni municipali d’igiene presiedute dal sindaco 
con compiti analoghi a quelli che in seguito saranno attribuiti all’ufficiale sanitario. 
 15
erano quelle relative ai casi di malattie endemiche ed epidemiche. 
Inoltre, si disciplinava l’organizzazione degli ospedali e l’esercizio 
delle professioni sanitarie. 
Dopo l’emanazione delle leggi e dei regolamenti del 1865 e del 
1874, furono elaborati moltissimi progetti e disegni di legge che 
ponevano l’accento sulla necessità di avvalorare l’elemento tecnico-
sanitario rispetto a quello prettamente amministrativo nell’ambito 
delle strutture sanitarie. Tra i più importanti spiccano i progetti di 
Nicotera del 1876 e quello Bertani del 1885, soprattutto per il loro 
carattere innovativo
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. Questi progetti però non vennero approvati dal 
Parlamento. Nel 1887 Crispi divenne Presidente del Consiglio e volle 
iniziare il suo  operato con la Riforma sanitaria, perché consapevole 
della necessità di colmare le carenze del settore. 
 
 
 
                                                 
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 Cfr. GIANNICO L., Amministrazione sanitaria: storia, in GIANNINI M. S., DE CESARE G. (a 
cura di), Dizionario di diritto sanitario, Varese, 1984, pagg. 75 e ss., dove viene affermato che 
soprattutto il progetto di Bertani del 1885 presentava aspetti anticipatori dell’organizzazione 
sanitaria di un secolo dopo. Le gravi esigenze igienico-sanitarie convinsero l’allora Capo di 
Governo, De Pretis, della necessità e urgenza di realizzare una efficiente rete di difesa della salute 
pubblica, dando così l’incarico ad Agostino Bertani - nobilissima figura di medico e patriota- di 
predisporre un progetto di “Codice per la pubblica igiene”. Nel 1885 il Bertani, dopo una 
scrupolosa inchiesta personale sulle condizioni sanitarie del Regno, realizzata a mezzo dei medici 
condotti, presentò il suo progetto di codice. Alla base dell’organizzazione sanitaria era posto il 
“Medico condotto”, investito ad un tempo di funzione curativa e di quella preventiva, con la 
qualifica e l’autorità di “Ufficiale Sanitario dello Stato”; da questi si ascendeva al medico 
circondariale (all’epoca esisteva la Sottoprefettura) e quindi al Medico Provinciale, capo di ufficio 
tecnico sanitario fiancheggiato, con funzioni di consulenza, da un Consiglio per la pubblica igiene. 
Al centro si faceva capo al Magistrato Supremo per la pubblica igiene, assistito dal Consiglio 
Superiore Centrale e da un Ufficio Tecnico. Tale consiglio doveva essere composto da 
rappresentanti delle esistenti Facoltà Mediche e a sua volta presentava al Ministro dell’Interno una 
terna per la nomina del Magistrato, il quale, insignito della qualifica di Sottosegretario di Stato, era 
il delegato governativo davanti al Parlamento nella discussione di materie igieniche e sanitarie. 
Trattatasi di una piramide tecnico-sanitaria del tutto svincolata dall’autorità amministrativa 
(Sindaco, Prefetto), di estremo interesse per la sua apertura politico-progressista ma certamente 
prematura di fronte alle condizioni dello Stato italiano dell’epoca. Il Codice Bertani, con poche 
varianti, venne presentato al Senato, ma per la morte di De Pretis nel 1887 e per le vicende 
politiche susseguite non venne approvato dal Parlamento.