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valore se si percepisce la necessità di capire quale passato ha preceduto lo
stato di cose odierno e quali perdite ha subito la cultura russa nei tempi della
diffusione violenta del pensiero unico.
Esemplare a questo proposito è il destino, drammatico, della psicoanalisi
russa. Per le idee avanzate da Freud, la Russia presentava un terreno fertile,
non soltanto perché, all’inizio del novecento, era molto libera e aperta a
qualunque pensiero innovativo (ricordiamo la divulgazione straordinaria delle
idee di Nietzsche e dello stesso Marx), ma anche perché i problemi centrali
della psicoanalisi, come quelli dell’inconscio, dell’aggressività o della
pulsione di morte, si affrontavano già da tempo negli scritti dei più importanti
scienziati e romanzieri russi, quali Tokarskij, Mečnikov, Dostoevskij. Dal
1910 al 1930 la psicoanalisi fu una delle componenti essenziali della vita
intellettuale russa, divulgandosi con la velocità di una “vera epidemia” e
promettendo prospettive fruttuose. Crudele, invece, fu il destino che l’attese.
La lotta ideologica post-rivoluzionaria, iniziata dai leader politici, segnando
lo sviluppo di tutte le scienze nazionali, non soltanto cancellò le prospettive
della crescita della psicoanalisi russa, ma, con l’intenzione di contrastare
“l’ideologia capitalista”, praticamente espulse la psicoanalisi dalla Russia,
facendola diventare oggetto di critiche intransigenti per quasi sei decenni.
Alcuni psicoanalisti russi emigrarono, altri dovettero rinunciare allo studio
delle idee psicoanalitiche, impegnandosi ad acquisire la fiducia degli
4
scienziati stalinisti arrivati al potere, i quali davano il “tono ufficiale “ alla
scienza; altri ancora trovarono rifugio nella pedologia, ma anche questa
possibilità durò solo fino al 1936.
La psicoanalisi degli anni Trenta, divenne una delle prime vittime della
ideologizzazione e della politicizzazione della scienza nella Russia post-
rivoluzionaria e venne, ancora per molti anni, ufficialmente associata con
“l’ideologia borghese”.
“Nella storia della psicoanalisi l’evoluzione delle idee era strettamente
collegata ai destini degli uomini” scrive Aleksandr Marcovič Etkind
nell’introduzione del suo libro intitolato Eros nevozmosznogo. Istoria
psichoanaliza v Rossii ([Eros dell’impossibile. Storia della psicoanalisi in
Russia], 1993). “Le vite umane, quelle degli analisti e quelle dei loro pazienti,
presentano interesse nella storia della psicoanalisi non meno (forse più) dei
destini delle idee scientifiche. Questa è la natura dell’analisi, che si fonda
sulle biografie di queste persone, sulle parole, sugli atteggiamenti, sulle scelte
fatte nel corso della loro vita, e sulle relazioni che questi uomini ebbero fra di
loro...” La psicoanalisi, più di qualunque altra disciplina, è stata, infatti,
influenzata nel suo evolversi dalle vicende umane delle persone che l’hanno
teorizzata. Nietzsche scrisse giustamente nel 1882 a Lou Andreas-Salomè:
Mia cara Lou, la Vostra idea di riportare i sistemi filosofici nelle vite personali dei loro autori (è buona)…io
proprio così insegnavo filosofia classica e sempre dicevo al mio uditorio: una volta che il sistema è stata
smentito è morto, però, se non possiamo smentire la personalità che lo rappresenta, non possiamo uccidere
neanche il sistema (Pfeiffer, 1999, p.198) .
5
Alla storia della psicoanalisi internazionale hanno partecipato molti
intellettuali provenienti dalla Russia: la brillante Lou Andreas-Salomè, il
fedele seguace di Freud, Max Eitingon, la romantica Sabina Spielrein, i quali
conservarono costanti relazioni con il paese d’origine e non di rado vi fecero
ritorno. Essi costituirono una parte importante del circolo freudiano e dei suoi
primi allievi. Nicolaij Osipov, Moisej Wulff, Tatiana Rosenthal, Michail
Assatiani, Leonid Drosnes erano psicoanalisti che studiavano o si
consultavano con lo stesso Freud, Jung o Abraham. Tutti erano tornati in
Russia per cominciare a lavorare attivamente e propagandare la psicoanalisi.
Ma poteva durare a lungo questa grande impresa in un paese, nel quale
iniziava la lotta al pluralismo, così indispensabile allo sviluppo della scienza?
Purtroppo conosciamo la triste fine di questa battaglia…Ciò non toglie
l’importanza del contributo degli studiosi russi alla divulgazione della
psicoanalisi negli anni in cui questa era ancora agli inizi e doveva conquistare
il riconoscimento da parte della scettica Europa.
In questa tesi vorrei tentare di dare il mio contributo di ricerca su di un
periodo breve per la storia, ma molto intenso e ricco di fatti….
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I - Gli inizi
§1 - Il fertile ambiente che favorì l’introduzione della
psicoanalisi
La psicoanalisi russa ha una storia inusuale. Nel patrimonio scientifico e
culturale della Russia ottocentesca erano emerse delle figure e degli specifici
concetti che possono essere inseriti nel vasto panorama relativo alla
“preistoria” del pensiero psicoanalitico. Questo fiorire di idee maturò in
modo parallelo, anche se non completamente scollegato, all’evolversi di una
concezione oggettiva della psicologia e in sintonia con alcuni grandi temi
della cultura occidentale.
Nell’Europa orientale la Russia era un impero in rapida espansione. Dopo
l’emancipazione di oltre 22 milioni di servi della gleba, proclamata dallo zar
Alessandro II nel 1861, vi si era realizzato un rapido sviluppo economico. Il
popolo poteva godere di un certo grado di libertà. Fiorirono le arti, si
affermarono, anche sulla scena mondiale, famosi scrittori e scienziati di varie
discipline, compresa la psichiatria.
Due altri aspetti meritano di essere ricordati. La specificità russa della
vicinanza tra intellettuali e popolo, fondata sulla convinzione che i contadini
esprimessero i valori più alti della civiltà nazionale . Con il motto “ritorno al
popolo”, molte persone colte cercarono di rinnovare la loro ispirazione
7
attingendo a quella fonte ancora vergine (si pensi, a questo proposito, alle
intense pagine di Dostoevskij, Turgenev e Tolstoj). In effetti il popolo russo
conservava ancora pienamente il proprio folklore e le proprie arti tradizionali.
In secondo luogo, non si può dimenticare che la Russia è la terra nella quale
nacque il “nichilismo”, una tendenza culturale pervasa dal fascino dell’idea di
distruzione. Le lontane origini del nichilismo possono essere rintracciate nella
memoria storica delle stragi perpetrati dai mongoli, che dal XIII al XV secolo
devastarono metà dell’Asia e della Russia centrale, massacrando milioni di
esseri umani, riducendo interi paesi a deserto e distruggendo fiorenti città fino
all’ultimo abitante. Lo stesso tipo di crudeltà venne esercitato dallo zar Ivan il
Terribile. Una mentalità apocalittica si era diffusa tra la popolazione, dando
luogo a casi di autodistruzione in massa.
Nel corso del XVII secolo comparve la setta dei raskol’niki
1
( “i vecchi
credenti”) che distrussero le proprie case e si diedero la morte con il fuoco
pur di non accettare talune modifiche apportate ai libri sacri. Questi furono
ispiratori di numerose sette nelle quali la tendenza all’autodistruzione era
particolarmente evidente: gli skoptsy (o “mutilatori”) e i chlysty (o
“flagellanti”).
In questa temperie culturale due scienziati russi: lo psichiatra Tokarskij ed il
fisiologo Mečnikov (Ellenberger, 1976, p.306) a cavallo del ‘900,
1
Scismatici.
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enunciarono, nelle loro opere, alcune anticipazioni della pulsione di morte. Il
primo, nel suo saggio filosofico, ispirandosi agli stoici, dissociava dall’idea di
morte i sentimenti e le immagini spiacevoli ad essa collegate fino a che non
rimaneva di questa idea nulla di spaventoso. Egli citava un centenario il quale
affermava che, ad una certa età, il bisogno di morire era altrettanto naturale
quanto il bisogno di dormire. Mečnikov parlava più precisamente di un
desiderio di morire associato ad un sentimento piacevole, riservato ad un
ristretto numero di persone risparmiate dalla morte prematura o dai disagi
della vecchiaia. Questi due autori consideravano, però, l’istinto di morte
come un più semplice desiderio di morire dissociandolo dall’idea di istinti
distruttivi ed autodistruttivi, come invece stabilì successivamente Freud
(1920).
Su un altro versante, B.Tarnovskij, nel 1886, anno in cui Krafft-Ebing
pubblicò Psychopathia sexualis, presentò uno studio
2
sulle devianze sessuali
che ebbe molto successo, in esso vi si esaltava il ruolo dei fattori organici
nell’acquisizione delle perversioni sessuali.
Vasilij Rozanov
3
, l’iniziatore del trascendentalismo sessuale, nel 1905,
propugnò il concetto di “santità del sesso” che egli identificava, addirittura
con Dio:
2
B.Tarnowskij, Die krankhaften Erscheinungen des Geschlechtssinnes; eine forensischpsychiatrische Studie,
Hirschwald, Berlino 1886
3
Futuro marito di Apollinarija Suslova, già amante di Fëdor Dostoevskij
9
L’atto sessuale è il centro dell’esistenza è il momento nel quale l’uomo diventa un dio. Il sesso è la fonte
metafisica della mente, dell’anima e della religione. Egli chiamò religione del Sole le antiche religioni
orientali e l’ebraismo primitivo, perché erano terrene e mondane, esaltavano la procreazione e la fertilità, la
continuità della famiglia e la perpetuazione della specie. L’antica civiltà egizia, era “una sorta di lirismo
fallico”. Il cristianesimo, che insegna l’ascetismo, la castità e la verginità, è una religione di morte. La vita è
la casa; la casa deve essere calda, bella e rotonda come un ventre. Gli omosessuali crearono la civiltà greca e
furono i più grandi geni. La prostituzione è “il fenomeno più sociale, in una certa misura il prototipo della
socialità…; i primi Stati nacquero dagli istinti delle donne verso la prostituzione” . Rozanov interpretò gli
scrittori attraverso le loro vite intime ( dalla loro “ biancheria intima” come egli diceva ); il suo simbolismo
sessuale complessivo lo condusse a vedere il fallo ovunque nella natura.
4
Alla luce di questi esempi, l’idea che Freud sia stato il primo ad introdurre
una nuova teoria sessuale in un’epoca nella quale la sessualità era considerata
tabù, può essere, dunque, disconfermata dall’affacciarsi di teorie sessuali,
come quelle evolutesi in Russia, contemporaneamente ma in modo
indipendente dal pensiero freudiano.
Anche i contatti personali di Sigmund Freud con la Russia non sono scarsi.
La madre dello psicoanalista, nata a Brody, una cittadina della Galizia non
lontana dal confine russo, in gioventù, trascorse alcuni anni nella città di
Odessa sul Mar Nero, ove risiedevano due suoi fratelli.
Anche il padre, Jacob Freud, all’età di settantanni si trasferì ad Odessa con la
speranza, risultata vana, di potervi avviare un’attività commerciale .
Durante il suo soggiorno a Parigi presso la clinica di Charcot, Sigmund Freud
divenne amico di un giovane collega russo, Darkševič (1858-1928)
al quale
lo univano, oltre agli interessi professionali, la comune riservatezza, la
preminenza data ai valori familiari e religiosi, nonché la passione per l’attrice
Sarah Bernard.
4
Riassunto delle idee di Rozanov tratto da Ellenberger, 1976, p.514.
10
Insieme scrissero anche un articolo sull’anatomia del nervo uditivo.
Darkševič, tornato in Russia, divenne docente all’università di Kazan’
5
, dove
organizzò la prima clinica per la cura dell’alcolismo, e, all’apice della sua
carriera, quando era rettore della Scuola Superiore di Medicina a Mosca, ebbe
fra i suoi pazienti Lenin.
Grazie al collega russo il nome di Freud comparve in una pubblicazione edita
in Russia molto prima che egli elaborasse le sue teorie psicoanalitiche. Nel
1884 nella rivista medica Vrač [Il medico] uscì un articolo di Darkševič
6
, nel
quale egli informava i medici russi sul lavoro svolto da Freud nel laboratorio
di Meynert, in particolare sul metodo di colorazione con il cloruro d’oro dei
preparati istologici di tessuti del sistema nervoso centrale.
5
Nel suo libro Corso sulle malattie nervose, Kazan,1904 Darkševič indicò il metodo freudiano
quale trattamento per i casi di isteria (forse non è casuale che proprio a Kazan venne fondata, dal
giovane Lurija, una società psicoanalitica nel 1922 ).
6
“Il nuovo metodo di colorazione dei preparati microscopici per ricerche istologiche nel sistema
nervoso centrale”, Vrač, 1884, vol.5, n°6, p.94.
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§2 - Dalla psicologia oggettiva alla psicoanalisi
In questo panorama culturale, iniziarono a farsi strada, in Russia, le idee
psicoanalitiche. La psicoanalisi venne conosciuta ed accettata in Russia
prima che in molti paesi occidentali tra cui la Francia e l’Italia e, in misura
minore, la Germania.
I capostipiti della scuola russa di fisiologia e di riflessologia sembra abbiano
mutuato un certo interesse per il tema dell’inconscio derivandolo dalla
complessiva atmosfera scientifico-culturale della Russia ottocentesca.
Sečenov, Pavlov, Bechterev, furono i massimi esponenti della “scuola della
psicologia oggettiva” : il metodo sperimentale che applicarono allo studio di
qualunque fenomeno fisiologico o psichico, rimase profondamente inscritto
nella tradizione scientifica russa e contribuì a determinare il destino della
psicoanalisi.
In una certa misura, quella psicologia oggettiva che aveva consentito la
nascita della psicoanalisi in Russia, dopo pochi decenni, si comportò come il
mitico padre Cronos, finendo per divorarla.
Per un crudele destino col nome di Serbskij a Mosca e Bechterev a
Leningrado vennero intitolati istituti tristemente coinvolti nella repressione
della dissidenza politica attraverso i metodi psichiatrici.
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A Bechterev
7
spetta il merito di aver fondato nel 1908 l’Istituto di
Psiconeurologia di Pietroburgo, al quale collaborò la psicoanalista Tatiana
Rosenthal applicandovi il metodo freudiano, nonché il primo laboratorio
russo di psicologia sperimentale a Kazan’, città nella quale si sarebbe
laureato Aleksandr Lurija nel 1921, psicologo che avrebbe dato un grande
contributo alla diffusione delle teorie freudiane in Unione Sovietica. Non
esiste alcun scritto dal quale si possa chiaramente evincere l’atteggiamento
assunto da Bechterev nei confronti della psicoanalisi. Nella sua concezione,
trovavano posto i fenomeni inconsci, collegati all’attività dei riflessi, in
questo caso , però, le vie di tali riflessi pur trovandosi nel sistema nervoso,
non sono influenzate dall’attività dell’individuo, tali riflessi rimangono,
pertanto, “inavvertiti”.
Anche nell’opera di Ivan M. Sečenov (1829-1905) troviamo considerazioni
significative intorno al tema dell’inconscio. Nella sua teoria il fenomeno
percettivo si sviluppa a vari livelli di cui alcuni inconsci; ne discende
l’illegittimità di ridurre l’attività psichica al solo elemento cosciente. Non si
tratta naturalmente di una teoria dell’inconscio, tuttavia queste idee appaiono
7
Vladimir M. Bechterev (1857-1927) fu una delle personalità scientifiche più importanti della Russia. Si
incontrava di frequente con lo Zar. Visitò anche Lenin. Autore di oltre 600 articoli e monografie nel campo
della anatomia, fisiologia, neurologia, psicologia e psichiatria. L’opera più rilevante Principi generali di
riflessologia dell’uomo (1918). Nel 1895 aveva visitato Wundt a Lipsia, poi fu a Parigi da Charcot per
perfezionarsi nella tecnica ipnotica. Tale tecnica veniva utilizzata da Bechterev per la psicoterapia nel suo
Istituto Psiconeurologico a Pietroburgo, istituto finanziato dal ricco Konstantin Pankjeev, la cui figlia si era
suicidata durante una crisi depressiva ed il secondo figlio, Sergej, curato da Bechterev con scarsi risultati,
analizzato da Freud, divenne poi famoso come “l’uomo dei lupi”. Conosciamo la lapidaria diagnosi
(“paranoia”) formulata nel ’27 subito dopo che il luminare era stato chiamato al Cremlino per visitare Stalin.
La notte stessa Bechterev morì. La moglie venne deportata e i tre figli vagarono da un orfanotrofio all’altro.
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sufficienti per considerare Sečenov il più importante fra gli studiosi russi
ottocenteschi che si posero questo problema.
Tra i medici che cercarono di applicare alla ricerca ed alla pratica clinica le
idee di Sečenov va menzionato un altro grande psichiatra russo, Korsakoff.
Alla morte di questi la psichiatria russa si scisse in due grandi tronconi: uno
seguì la concezione tassonomica delle malattie mentali sostenuta dallo
psichiatra tedesco Kraepelin, nell’altro si riconobbero quegli psichiatri
“guidati da Serbskij diventati pionieri dell’introduzione in Russia delle idee
di Freud, Jung e Bleuler.” (Etkind, 1993, p.137)
Serbskij, dopo Korsakoff primario della clinica psichiatrica dell’Università di
Mosca, non fu un analista praticante ma favorì gli interessi dei suoi allievi
verso le nuove teorie psicoanalitiche.
Per la comprensione delle malattie mentali in luogo della classificazione
nosografica di Kraepelin vennero considerate ipotesi di tipo psicodinamico
con riferimenti agli esperimenti associativi di Jung ed ai casi clinici di Freud.
Nell’ambulatorio psicoterapeutico della clinica psichiatrica lavorarono
Assatijani e Dovbnja. Alla sua scuola si formò anche uno dei più importanti
psicoanalisti russi, Nikolaj Osipov tornato in patria nel 1904 dopo un lungo
esilio volontario.
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Nel 1921 l’Internationale Zeitschrift für Psychoanalyse pubblicò un articolo
di Osipov : “Sul movimento psicoanalitico di Mosca”, nel quale l’autore
ricordava quel periodo:
Serbskij era d’accordo con il ruolo dominante dei disturbi sessuali nella eziologia delle nevrosi, non
accettava, però, l’uso della parola “sessualità” nell’ampiezza del suo significato, considerando che Freud
“sessualizzasse” eccessivamente il mondo. Questo suo pensiero si manifestava anche nei frequenti lapsus.
Infatti, Serbskij, che di abitudine pronunciava le parole straniere molto chiaramente, spesso articolava il
nome “Freud” nel modo seguente: “Fre-ud”, cioè separatamente, accentuando la sillaba “ud”. La parola
russa “ud” ha il significato dei genitali maschili, ma talvolta anche femminili. Adesso questa parola sta
scomparendo dall’uso, però negli anni in cui il prof. Serbskij fu studente, la parola “ud” si poteva ancora
incontrare nei libri di medicina. Anch’io ho fatto dei lapsus, spesso pronunciando al posto di Freud ,
“Freund”, ciò manifestava i miei sentimenti di amicizia nei confronti della teoria freudiana.
Nel libro di consultazione per gli studenti “Breve terapia delle malattie psichiche” (2° edizione, Moskva,
1911) Serbskij dedicò alcune pagine alla “psicoanalisi freudiana. (“Zur psychoanalytischen Bewegung”, VII,
1921, pp.380-388).
Quando nel 1911 lo zar ridusse l’autonomia delle istituzioni universitarie, in
segno di protesta molti docenti moscoviti si dimisero dai loro incarichi, fra
questi Serbskij che era un monarchico di idee liberali.
Per il grande rispetto di cui godeva il professor Serbskij, insieme a lui, abbandonarono la clinica quasi tutti i
medici senza distinzione di idee politiche. (Osipov, “Zur psychoanalytischen Bewegung”, Internationale
Zeitschrift für Psychoanalyse ”, VII, 1921, pp.380-388).
Le divergenze teoriche sul pansessualismo della teoria freudiana non
influenzarono le relazioni interpersonali tra Serbskij e i suoi collaboratori.
Serbskij rimase il patron degli analisti moscoviti fino alla sua improvvisa
scomparsa avvenuta nel ’17. Per anni, dopo le sue dimissioni dalla clinica,
diresse i “Piccoli Venerdì”
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, voluti da Osipov, ai quali parteciparono
professionisti di vari orientamenti e specializzazioni ( psicologia, psichiatria,
8
Il nome riprendeva quello delle cadenze bimensili delle riunioni dei membri medici della Società
Neuropatologica e Psichiatrica dell’Università. Anche i “Grandi Venerdì” erano diretti da
Serbskij.
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sociologia, pedagogia, criminologia), nei quali si trattarono temi di interesse
psicoanalitico. Nel 1912 la società dei “Piccoli Venerdì” divenne una società
psichiatrica autonoma. Nel 1914 erano in calendario alcune riunioni dedicate
alla teoria freudiana, ma lo scoppio del conflitto impedì il loro svolgimento e
contribuì alla scioglimento della società.