6
una medesima professione o, a maggior ragione, di professioni diverse 
1
. 
Nell’ambito del lavoro autonomo, l’introduzione di un Capo, intitolato 
“delle professioni intellettuali ”, costituisce una vera e propria innovazione 
sistematica rispetto al codice previgente, il quale non contemplava alcuna 
disciplina specifica in materia 
2
. Nel tentativo di individuare le fattispecie 
che si ricollegano alla c.d. “prestazione d’opera intellettuale” (art. 2230 
c.c.), il compito non è certo agevole, sia per l’estrema indeterminatezza del 
termine “professione”, sia per le ambiguità del sostantivo “intellettuale” 
che l’accompagna. Basti pensare, quanto al primo, che talora “professione” 
è utilizzato dal legislatore come elemento di identificazione della persona 
fisica - espressivo della “condizione sociale” del soggetto 
3
-; altrove il 
riferimento alla professionalità indica l’attività esercitata in modo stabile, 
continuativo o sistematico (art. 2082 c.c.); mentre il carattere 
“professionale” dell’attività richiamato dall’art. 1176, 2° comma, c.c. 
qualifica invece il profilo della diligenza della prestazione richiedente 
particolari doti tecniche, conoscenze ed abilità lavorative
4
. 
Inoltre, nelle leggi speciali apprestate per disciplinare attività lato sensu 
professionali - cui la disciplina delle professioni intellettuali fa espresso 
rinvio (art. 2230 , 2° comma, c.c.) -, il legislatore di norma adopera il 
termine “professioni”, sganciato dall’attributo dell’intellettualità, per 
                                                          
1
 C.LEGA, Le libere professioni intellettuali, Milano 1974, pag. 28 e segg. 
2
 PERULLI, Lavoro autonomo - Contratto d’opera e professioni intellettuali , in Tratt. A. Cicu e F. Messineo – 
Mengoni, Milano 1984, p. 352. 
3
 G.CATTANEO, La responsabilità civile del professionista, Milano 1958, pag. 35. 
4
 G.CATTANEO, op. cit., p. 3 s. 
  
 
7
designare indifferentemente attività manuali, intellettuali o 
imprenditoriali.
5
 
Il che conferma la difficoltà, soprattutto oggi, di procedere per 
classificazioni troppo rigide: le forme dell’attività economica, che invero 
tendono a confondersi con l’attività professionale, evolvono 
continuamente, rendendo necessariamente mobili i confini tra le 
professioni (in senso lato) e l’impresa. 
La “professionalità”, va intesa come una caratteristica della singola 
prestazione che è oggetto dell’obbligazione; tale prestazione può essere 
esplicazione di un’attività professionale nel senso sopra indicato, ma non 
necessariamente, potendo trattarsi anche di un atto isolato
6
. 
“Attività professionale” significa un’attività che richiede particolari 
conoscenze o abilità, e di cui può essere controllata la conformità alle 
norme tecniche inerenti a una certa disciplina. Quindi non è necessario, per 
l’art. 1176, 2° comma c.c., che la prestazione del debitore faccia parte 
della sua attività continuativa, stabile, sistematica, ma occorre che tale 
prestazione abbia carattere tecnico
7
. 
                                                          
5
 Numerosi testi legislativi qualificano come “professione” l’esercizio di attività imprenditoriali; così ad es. la 
L.12 marzo 1968, n.316 sulla disciplina della libera professione di agente e rappresentate di commercio, le cui 
prestazioni non ricadono sotto la disciplina dell’art.2229 c.c. trattandosi di imprenditori ausiliari, la L.21 marzo 
1958, n.253 sulla disciplina della professione di mediatore, che normalmente è un imprenditore ausiliario. 
Peraltro nei suddetti testi non si riscontra quella autonomia in materia di formazione degli albi e di disciplina 
che è, come vedremo, caratteristica normale delle categorie di professionisti intellettuali (art.2229, co. 2°, c.c.). 
In giurisprudenza cfr. Cass: 17 giugno 1982, n.3679, cit. in F.DI CERBO, Le professioni intellettuali nella 
giurisprudenza, Milano, 1988, p.5, laddove si stabilisce che perché l’esercizio di un’attività venga ricondotta 
alla categoria della professioni intellettuali di cui all’art. 2229 c.c. non è sufficiente la qualificazione legislativa 
quale “professione”, elemento a tal fine rilevante è invece l’autonomia riconosciuta dalla legge al consiglio 
dell’ordine professionale in materia di formazione degli albi e di disciplina sugli iscritti. 
6
 G.CATTANEO, in op. cit., p. 5 s. 
7
 R.SCOGNAMIGLIO, Personalità umana e tutela costituzionale, cit.,p.803 s. 
  
 
8
Viene suggerito come criterio di distinzione tra contratto d’opera in genere 
e quello d’opera intellettuale, quello dell’iscrizione dei professionisti in 
appositi albi o elenchi (art. 2229 c.c.), esistenti per quasi tutte le 
professioni intellettuali
8
. Ciò, peraltro, non esaurisce il problema
9
, potendo 
esistere ed esistendo professioni intellettuali per le quali non sono previsti 
albi o elenchi (arg. ex art. 2229 c.c., e 2231, 1° comma c.c.). Laddove 
questi manchino, la soluzione dovrà essere individuata caso per caso. A tal 
fine una prima approssimazione può essere raggiunta, avendo riguardo alla 
professionalità di chi si impegna a svolgere attività intellettuale, che non è 
richiesta nel lavoro autonomo in genere. Inoltre, ed in ogni caso, la 
soluzione dipende dalla natura dell’attività dedotta in contratto, secondo la 
prevalenza del momento intellettuale su quello materiale valutata alla 
stregua dei criteri forniti dalla tradizione storica e dalla coscienza sociale. 
L’elemento qualificante dell’intellettualità, che innegabilmente rappresenta 
una specificazione del concetto di professione (o meglio di opera) non 
sembra tale, per il suo contenuto ambiguo e relativo, da fungere quale 
sicuro e definitivo criterio discretivo. Ogni attività intellettuale, infatti, 
comporta uno sforzo fisico anche notevole, mentre l’attività manuale, 
anche la più umile, non può dirsi disgiunta da un certo livello di 
intellettualità. 
                                                          
8
 F.SANTORO PASSARELLI, voce Professioni intellettuali, in Noviss. Dig. It., Torino 1976, p. 24. 
9
 Contra: C.LEGA, op. cit., p. 13 e s., secondo il quale l’iscrizione all’albo professionale costituisce l’unico 
criterio 
  
 
9
La “discrezionalità”, in se, non è determinante; come sappiamo essa 
appartiene anche alle attività manuali (che rientrano nel genus lavoro 
autonomo) mentre, al contrario, in alcune professioni “intellettuali” tale 
caratteristica si presenta notevolmente ridotta (si consideri, ad es., 
l’attività di tenuta della contabilità)
10
. Quanto alla “liberalità”, nel senso 
precisato, essa certamente ben si attaglia  alle professioni intellettuali più 
tradizionali (quelle del medico, avvocato e notaio, richiamate dalla dottrina 
in esame); ma da un lato, la liberalità non è riscontrabile in attività 
professionali diverse, che pur contengono elementi di intellettualità (si 
pensi, ad es., allo spedizioniere doganale o al mediatore marittimo), 
dall’alto quel richiamo non fornisce un preciso fondamento normativo alla 
nozione di professione intellettuale
11
. 
La questione della definizione della fattispecie, risulta quindi, a tutt’oggi, 
non solo un problema aperto ma anche un problema teorico - pratico di 
difficile soluzione, atteso che la qualificazione giuridica assorbe e co-
determina le caratteristiche struttural-funzionali ascritte alle professioni 
intellettuali
12
. Si noti, peraltro, che l’evidenza del momento intellettuale - 
o discrezionale, o liberale - dipende sostanzialmente dalla “costruzione” 
storico-sociale dell’identità professionale, costruzione cui non è estraneo 
un preciso “lavoro” di argomentazione, svolto dai ceti interessati, volto a 
dimostrare l’efficacia pratica della professione rispetto ai bisogni della 
                                                          
10
 F.SANTORO PASSARELLI, op., cit., p.23. 
11
 Cfr. per la critica v. C.MAVIGLIA, Professioni e preparazione alle professioni, Milano, 1992, p.57 s 
12
 Cfr. V.OLGIATI, Avvocati e notai tra professionismo e mutamento sociale, in ID., Saggi sull’avvocatura, 
Milano, 1990, p.13. 
  
 
10
collettività unitamente alla dimostrazione (teorica) della legittimazione 
scientifica della disciplina sulla quale la professione si fonda; cosicché il 
giurista, nel valutare la natura dell’attività dedotta in contratto, secondo il 
parametro della prevalenza del momento intellettuale su quello materiale, 
ammette di doversi adeguare, in definitiva ai criteri forniti dalla tradizione 
storica delle “operae liberales” e dalla “coscienza sociale” (in quanto 
recettiva dell’identità professionale costruita e legittimata in ragione degli 
scopi sociali perseguiti dal ceto intellettuale) 
13
. 
Il carattere dell’intellettualità della prestazione, che pare l’unico elemento 
assolutamente necessario perché un’attività possa essere ricompresa nel 
novero delle professioni di cui agli artt. 2229 e ss. del c.c. rischia infatti di 
risolversi in una vuota tautologia. Senza contare che un’autorevole dottrina 
ritiene “intellettuale” finanche l’attività esercitata dall’imprenditore 
commerciale, mentre altri capovolgendo l’assoluto, tende a negare la 
consolidata cesura, fondata sulla lettura tradizionale dell’art. 2238 c.c., tra 
professione intellettuale e impresa
14
, la quale sottrae la professione liberale 
al rischio del lavoro. 
Non è un caso, allora, che parte della dottrina abbia valorizzato, a fini 
ricostruttivi, i profili giuspubblicistici del tema in oggetto, giungendo in 
tal modo a prospettare una nozione rigidamente formalistica di professione.  
                                                          
13
 F.SANTORO PASSARELLI, op. cit., p. 23. 
14
 G.ALPA, Dalle professioni liberali alle imprese di servizi. Le nuove professionalità tra libertà dei privati e 
interesse pubblico, in Ec.dir-terz., 1990, p.290. 
  
 
11
In questa prospettiva si è affermato, ad esempio, che per le professioni il 
cui esercizio è subordinato all’iscrizione ad un Ordine o Collegio
15
, ovvero 
ad un albo o elenco (art. 2229 c.c.)
16
, il riconoscimento del carattere 
intellettuale risulterebbe senz’altro implicito dalla disciplina legislativa.  
La professione, in quest’ottica, si individua dunque sul piano del diritto 
pubblico, come l’attività disciplinata normativamente attraverso una 
tipologia organizzativa, che dà luogo alla configurazione di un gruppo 
professionale necessario, mentre la serie indeterminata di attività 
professionali non disciplinate dalla legge rientrerebbe nel tipo generale 
predisposto dal legislatore per il lavoro autonomo (art. 2222 e ss. c.c.)
17
. 
 
                                                          
15
 G.CATTANEO, op. cit., p. 16, secondo il quale per le altre professioni il carattere intellettuale andrebbe 
accertato direttamente. 
16
 F.SANTORO PASSARELLI, op. cit., p. 24. 
17
 Posizione solo in parte assimilabile a questa è espressa da P.PISCIONE, voce Professioni (disciplina delle), 
in Enc. Dir., XXXVI, Milano, 1987, p. 1040 ss., per il quale il termine professione va giuridicamente riservato 
a colui che svolge un’attività di particolare rilevanza pubblica tale che la legge imponga per l’esercizio di essa 
l’iscrizione in appositi albi o elenchi tenuti dal relativo ente pubblico professionale (p. 1048), ed esclude dal 
novero delle professioni quelle attività per le quali “la legge non prevede la costituzione di un ente pubblico 
professionale ma soltanto l’esistenza, presso una pubblica amministrazione (ad esempio camere di commercio, 
industria, artigianato, agricoltura) di un ruolo, che non ha funzione di certezza legale, ma semplicemente 
informativa” (1042). 
  
 
12
2 - PROFESSIONI PROTETTE E NON PROTETTE 
 
Può dunque concludersi osservando come il concetto di “professione 
intellettuale” non sia unitariamente inteso, ricomprendendo esso al suo 
interno sia attività “per l’esercizio delle quali è necessaria l’iscrizione ad 
albi ed elenchi” (art. 2229 c.c.), sia attività operative di carattere 
intellettuale, che presentano caratteristiche tipiche delle professioni 
formalmente riconosciute ma non hanno ottenuto l’esplicita protezione da 
parte dell’ordinamento giuridico 
18
.  
Le prime sono state definite - secondo una terminologia accolta anche dalla 
Corte Costituzionale
19
- come professioni “protette”, nel senso, soprattutto, 
dell’interdizione all’esercizio da parte di chi non sia iscritto all’albo, e 
della privazione del diritto alla retribuzione del prestatore d’opera 
intellettuale non iscritto (art. 2231 c.c.). 
A tale “protezione”, che si manifesta inoltre nella soggezione degli iscritti 
al potere disciplinare esercitato dagli ordini a salvaguardia della dignità e 
del decoro della professione, si riferisce il carattere rigorosamente 
personale della prestazione ex art. 2232 c.c. 
                                                          
18
 Cfr. TAR Piemonte, sez. I, 19 ottobre 1985, n. 393, in Trib.amm.reg.,1985,I,p. 4132; contra C. Stato, sez. VI, 
9 agosto 1991, n. 510, in Foro amm., 1991, p.2067, per il quale libere professioni sono soltanto quelle per le 
quali è richiesta l’iscrizione in un albo professionale; e P. Crotone ) maggio 1987, in Giust. Civ., 1987,I,p. 
2402, Dov’è affermato che “la libera professione...non è una qualsiasi attività, ma solo l’attività intellettuale 
per l’esercizio della quale è richiesta la laurea od il diploma che vengono conseguiti alla fine di un corso di 
studi specifici...(ed) è necessaria l’iscrizione in appositi albi o elenchi”. 
19
 (132) Sent. n. 17 del 22 gennaio 1976, in Riv. Dir. Lav.,1976, II, p. 47. 
  
 
13
Le seconde, c.d. professioni non protette - cui vanno equiparate le 
professioni artistiche 
20
-, si qualificano sulla base delle caratteristiche 
sostanziali (intellettualità, discrezionalità, liberalità), ed il loro esercizio, 
pienamente libero, è consentito in forma impersonale; tant’è che gli 
esercenti professioni intellettuali non protette (come, ad esempio, l’agente 
di pubblicità, il consulente aziendale, l’esperto di marketing, l’esperto di 
hardware, e software, ecc.), come ha chiarito la giurisprudenza, non sono 
soggetti al divieto di cui all’art. 2, L. n. 1815/1939 
21
. 
Ma anche tale distinzione non appare, in definitiva, esaustiva. Esistono 
infatti professioni protette - per l’esercizio delle quali è necessaria 
l’iscrizione ad un albo o elenco - che contemplano - quale oggetto della 
relativa obbligazione - una o più prestazioni non protette, ossia non 
riservate al dominio esclusivo di quella determinata professione, e perciò 
legittimamente eseguibili da soggetti non iscritti a quell’albo, ovvero 
iscritti ad un albo diverso. Come dire che i confini segnati per ripartire le 
competenze professionali da un lato, e gli ambiti disciplinari di attività 
rispettivamente protette e non protette, dall’altro, sono incerti e mobili, e 
nuove tensioni, in materia, suscita l’istituzione del diploma universitario, 
laddove le nuove figure professionali immesse sul mercato del lavoro si 
trovino sprovviste di un’adeguata regolamentazione.  
                                                          
20
 F.GALGANO, Professioni intellettuali, impresa, società, in Contr. Impresa, 1991, p. 9 ss. 
21
 Corte Cost. n. 17 del 22 gennaio 1976, cit., seguita da Cass. 30 gennaio 1985, n. 566, in Giust. Civ., 
1985,I,737; Cass. 12 marzo 1987, n. 2555, in Riv.not., 1987,85. Secondo F.GALGANO, op. ult.cit., p. 1 ss., gli 
esercenti professioni protette non sono neppure vincolati a regolare il loro rapporto con il cliente secondo lo 
schema del contratto d’opera intellettuale, potendo stipulare contratti d’appalto.