3
Certamente c’è anche un altro aspetto, forse per alcuni più noto,
che spicca di Oriana Fallaci, e che sono le sue idee, i suoi pensieri e i
suoi distinguo così netti e categorici, così difficilmente preservabili in
un mondo che va nella direzione opposta eppure da lei difesi sempre
senza paura, con le unghie e coi denti.
Ecco, l’ammirazione per una donna che ha avuto degli ideali, più
o meno condivisibili, ma sempre vivi, forti ed umani, mi ha portato a
scegliere di concentrare il mio studio sulla sua attività di giornalista e,
in particolare, su un settore nel quale, a mio giudizio, il lato umano e
la capacità personale risultano fondamentali: l’intervista. Perché se lei
è riuscita ad avere colloqui con tanti personaggi spesso irraggiungibili
e con i quali nessun altro giornalista è riuscito, ci sarà un motivo, e io
credo che questo motivo esuli dalla sua notorietà, o almeno non sia
riconducibile solo alla sua fama mondiale (che del resto non è la causa
ma la conseguenza della sua bravura giornalistica).
Altro punto di ammirazione è poi stato, per me, il suo uso della
lingua italiana. Una vera cultrice, capace di emozionare come le sue
parole, con la sua resa così vivida e così perfetta dei vocaboli sulla
pagina.
Partendo dalla biografia di Oriana Fallaci, esaminata nel primo
capitolo, ho approfondito il suo lavoro giornalistico con particolare
4
attenzione per la sua carriera a L’Europeo, periodico per il quale ha
realizzato la maggior parte delle sue più famose interviste.
Dopo aver esaminato in breve anche l’elenco dei suoi libri ho
dedicato il secondo capitolo all’argomento centrale della tesi, ovvero
alle sue interviste e quindi all’analisi del suo stile, con particolare
attenzione sempre al lavoro svolto per L’Europeo e alla sua opera
Intervista con la storia. Mi sono documentata inoltre anche tramite
l’uso di libri suoi o di altri giornalisti e scrittori, nei quali ci si
sofferma appunto sul suo stile nelle interviste. Nelle pagine successive
ho cercato di esaminare invece i suoi dialoghi dal punto di vista
stilistico.
Nel terzo capitolo ho raccolto e riportato testimonianze dirette di
alcune persone che hanno conosciuto bene la giornalista e scrittrice
fiorentina, intrecciando con lei rapporti di lavoro e amicizia e che mi
hanno potuto dare un prezioso contributo nella ricostruzione di questa
figura che non ho potuto purtroppo conoscere né apprezzare mentre
era ancora in vita.
Questa tesi vuole essere una ricerca nella quale senza pretese ho
cercato di ricostruire, principalmente per mio personale interesse
storico e giornalistico, una lezione di vita e un metodo di lavoro dati
da una grande professionista, il cui valore è riconosciuto, al di là di
battaglie ideologiche e polemiche, in tutto il mondo.
5
CAPITOLO PRIMO
1.1 La vita e le opere di Oriana Fallaci
Oriana Fallaci nacque a Firenze il 29 giugno 1929
1
da genitori
fiorentini: Tosca ed Edoardo Fallaci. Pochi tratti per definirne la
biografia, ma a mio parere essenziali per comprendere lo spirito di
libertà che ne ha guidato ogni battaglia e che ha contraddistinto la sua
attività di giornalista e scrittrice. Per farlo userò qualche riga
estrapolata da alcune cartelle dattiloscritte provenienti dalla stessa
macchina per scrivere Olivetti della Fallaci. La biografia della
scrittrice alla quale mi rifarò è tratta da un documento originale, scritto
dalla giornalista e consegnato in esclusiva all’allora direttore de
L’Europeo per i lettori del periodico che chiedevano insistentemente
sue notizie biografiche.
1
La biografia è stata ricostruita anche grazie alle notizie reperibili su: www.corriere.it, www.italialibri.net,
www.wikipedia.org
6
A raccontare del grande interesse che la biografia della
giornalista suscitava quando ancora era in vita è Salvatore Giannella,
redattore de L’Europeo quando la Fallaci lavorava per la testata, e con
cui ho avuto modo di parlare personalmente: «Io all’epoca (si riferisce
agli anni Settanta), ero redattore de L’Europeo, scrivevo servizi e
curavo la pagine delle lettere. Toccavo con mano l’interesse che la
figura di Oriana suscitava nel pubblico… la maggior parte delle lettere
riguardavano lei. Molti volevano sapere della sua vita, della sua
tecnica»
2
.
«Un giorno approfittando di un incontro con Oriana – continua
Giannella – le chiesi se invece di mandare in stampa notizie
biografiche scritte da altri non potesse essere lei stessa a raccontarsi.
Si schernì, ma dopo un paio di settimane dalla sua casa di New York
arrivarono sei cartelle». Un quadro biografico
3
che, al di là della
bellissima prosa della Fallaci, rivela aneddoti e dettagli molto
interessanti.
In questo documento la scrittrice racconta della sua vita a partire
dall’infanzia e della sua carriera dagli inizi, quando abbandonò l’idea
di studiare medicina per tentare la strada del giornalismo.
2
Testimonianza raccolta durante un incontro nella redazione de L’Europeo a Milano nel marzo 2007. Salvatore
Giannella sarebbe diventato direttore de L’Europeo negli anni Ottanta.
3
Il documento è in parte inedito; in altra parte distribuito da L’Europeo.
7
Primogenita di quattro figlie, fu la prima a lavorare per i giornali,
influenzata dall’esempio dello zio Bruno, che lavorava per il
settimanale Epoca.
Durante la giovinezza, lo stato politico e sociale dell’Italia ebbe
un notevole influsso sulla sua maturazione, così come la figura del
padre, un liberale avverso a Mussolini, che non si piegò mai per tutto
il periodo fascista. Quando l’Italia decise di entrare attivamente nella
Seconda guerra mondiale, Oriana Fallaci aveva poco più di dieci anni.
Unendosi al padre, artigiano di oggetti artistici, nel movimento
clandestino della Resistenza, divenne membro del Corpo dei volontari
per la libertà contro il Nazismo, partecipando come staffetta
partigiana: «Portavo armi, giornali clandestini, messaggi ai compagni
nascosti o riuniti in formazioni partigiane… E per un certo periodo il
mio lavoro principale fu quello di accompagnare verso le linee alleate,
dalla città, i prigionieri inglesi e americani fuggiti dai campi di
concentramento».
Durante l’occupazione di Firenze da parte delle truppe naziste, il
padre fu catturato, imprigionato e torturato, prima di essere rilasciato
vivo. A soli quattordici anni Oriana ricevette un riconoscimento
d’onore dall’Esercito italiano per il suo attivismo durante la guerra e
per la sua attività di staffetta partigiana. Il conflitto finì nel 1945 e di lì
8
a poco la giovane avrebbe deciso di diventare scrittrice: «La prima
volta che sedetti alla macchina da scrivere, mi innamorai delle parole
che emergevano come gocce, una alla volta, e rimanevano sul
foglio… ogni goccia diventava qualcosa che, se detta, sarebbe
scivolata via, ma sulle pagine quelle parole diventavano tangibili».
Molti sono i ricordi della figura paterna, alcuni dei quali
affiorano in un’intervista rilasciata a Luciano Simonelli
4
nel 1979 per
La domenica del Corriere nella suite del Grand Hotel Excelsior di
Roma nella quale la scrittrice rivela: «[…] Andavo a caccia, mi ci
portava mio padre. Avevo nove, dieci anni quando, al capanno, il
babbo m’insegnò a sparare. E continuai fino verso i venticinque anni,
trenta. Poi un giorno mi accorsi che il fucile era sporco. Sai, lo sporco
che impolvera l’interno delle canne quando non lo si usa. E mi chiesi
da quanto tempo non l’adoperavo. E scoprii che era un tempo
lunghissimo […]». E proprio la figura paterna rimase sempre viva nel
ricordo dell’affezionata figlia, che pronunciò un accorato e
commovente addio dal pulpito della cappella nel cimitero degli Allori
a Firenze il 9 febbraio 1988. L’inno funebre, intitolato appunto A
Edoardo Fallaci, si apre così: «Non ci saranno cerimonie religiose. La
religione di mio padre era la libertà, e la libertà non ha bisogno di
litanie o paramenti. Non si nutre di ricerche o speranze extraterrene.
4
L. Simonelli, Diario del Novecento, Milano 2004.
9
Ci limiteremo dunque ad accompagnarlo alla sua tomba e dirgli
addio».
A Firenze la giovane Oriana studia all’Istituto magistrale fino al
giorno in cui decide di iscriversi al ginnasio, conseguendo la maturità
a soli sedici anni ed ottenendo ottimi risultati soprattutto nelle materie
umanistiche. «Prendevo la scuola terribilmente sul serio
5
. Studiavo
pazzamente, con piacere e con convinzione. In condotta però davo
problemi. Non perché mancassi di rispetto verso i professori, ma
perché polemizzavo spesso con loro».
Nel 1965 Oriana Fallaci dedicò al padre il libro Se il sole muore
in cui descrisse i preparativi per lo sbarco americano sulla luna. Per
scrivere il libro incontrò il capo progetto della missione, l’ex
scienziato nazista Wernher von Braun.
Nel 1967 si recò in qualità di corrispondente di guerra per
L'Europeo in Vietnam. Ritornerà nel paese dell’Indocina dodici volte
in sette anni raccontando la guerra e documentando menzogne e
atrocità del sanguinoso conflitto. Le esperienze di un anno di guerra
vissute in prima persona vennero raccolte nel libro Niente e così sia
pubblicato nel 1969.
5
Citazione tratta dalla già citata autobiografia.