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Prendendo il via da quest’assioma ho stimato
utile prevedere, come base principale per datare
l’inizio del periodo da analizzare, l’esame della
congiuntura storica che consentì agli scozzesi di
fruire pienamente delle opportunità connesse ai
domini britannici: vale a dire l'Act of Union -
sottoscritto nel 1707, sotto il regno della
regina Anna - tra Scozia ed Inghilterra.
Accordo che facendo nascere il Regno Unito,
concesse ufficialmente agli scozzesi il godimento
dei vantaggi connessi ai possedimenti britannici
d’oltremare. Domini al cui dirompente sviluppo
essi contribuirono - com’è ampiamente documentato
- in maniera decisiva.
Naturalmente la conclusione del periodo esaminato
coinciderà con la fine dell’impero britannico in
India: il 1947.
Durante lo sviluppo di questa tesi saranno quindi
descritte, sia in India sia in Scozia, le vicende
di questo periodo storico ed inoltre, come
appendice a quest’analisi, sarà presentato un
breve quadro:
- degli avvenimenti accaduti a partire
dall’arrivo di Vasco da Gama (1460-1524) a
Calicut nel 1498;
3
- delle opere degli scozzesi che già erano
presenti in India prima dell’Act of Union, e
alcuni cenni su chi scelse di restare anche
dopo l’indipendenza.
Mi è sembrato utile estendere il periodo storico
esaminato prima dei limiti dell’Act of Union, in
quanto in caso contrario, non credo che
l’eventuale lettore avrebbe avuto una visione
globale dell’evoluzione della presenza europea in
India.
X
Per più di duecentocinquant’anni gli scozzesi
hanno combattuto e governato in India. Nel
subcontinente essi hanno esercitato le
professioni ed i mestieri per i quali erano
istruiti, hanno fondato numerose missioni ed
hanno studiato la fauna, la flora e la storia del
paese.
Questi pionieri provenivano da ogni parte della
Scozia: dalle Highlands e dalle Lowlands, dalle
città e dalle campagne, dalle famiglie benestanti
e da quelle più umili. Essi sono nati e sono
morti in India, hanno creato delle fortune o sono
solo riusciti a sbarcare il lunario; alcuni
addirittura vi hanno perso ogni avere.
Nel subcontinente gli scozzesi si sono affermati
operando come mercanti, piantatori, missionari ed
4
amministratori. Per anticipare un nome fra i
tanti che si distinsero in quest'ultima
categoria, si può ricordare quello del marchese
di Dalhousie (1848-56); il quale divenne
Governatore generale della East India Company nel
1847, all'età di 35 anni, e tornò in Gran
Bretagna, nel 1856, a causa di gravi problemi di
salute dovuti alla permanenza in India.
La vita d’alcuni di loro, particolarmente quella
dei primi piantatori di te negli anni 40 e 50 del
XIX secolo, fu veramente dura. Soggetti a
malattie che ne minavano in modo permanente la
salute, isolati dal mondo - tanto non vedere un
altro europeo per mesi o una donna bianca per
anni - alcuni di loro, contrariamente al pensiero
comune, addirittura tornavano in patria con ben
poche risorse; frutto in ogni caso d’anni di duro
lavoro.
Certamente durante tali permanenze, i contrasti
che si evidenziarono agli occhi degli scozzesi -
comparando l’India con la patria o all'interno
della stessa società indiana - furono di livello
macroscopico. Il clima, le lingue -
duecentoventicinque senza contare i dialetti -
gli atteggiamenti, la società, la religione,
l'alimentazione, le istituzioni: tutto era
diverso (1).
5
I monsoni dettavano il ritmo delle stagioni, con
le snervanti attese che stabilivano le migrazioni
delle memsahib verso le stazioni termali delle
alture. Centri spesso costruiti, come Outy e
Nuwara Elia, ad imitazione delle cittadine delle
Highlands (2).
In India lo scambio professionale, sociale e
religioso avuto dagli scozzesi con i nativi, fu
particolarmente importante e fruttuoso, tanto che
ancora oggi - in entrambe le etnie - se ne trova
traccia. Le aree geografiche del subcontinente
più particolarmente coinvolte da tali relazioni
furono: il Bengala, l’Assam, il Tamil Nadu ed il
Karnataka.
Da rimarcare che quando si parla d’India
s’intende riferirsi, nel contesto di questa tesi,
alle vicende che coinvolsero quelli che oggi sono
i moderni stati del Pakistan, dell’India, del
Bangladesh e dello Sri Lanka.
X
D'altronde il processo d'influenza fra Europa ed
India, è un’evoluzione iniziata ben prima
dell’era coloniale; infatti, si tratta di uno
sviluppo che rimonta fin ai tempi classici della
Grecia e dell’impero romano.
6
A questo proposito, facendo una digressione, vi
sono teorie che sostengono che:
- Platone, in occasione della sua probabile
schiavitù in Egitto, potrebbe essere entrato
in contatto con la tradizione indiana che ne
avrebbe così influenzato il pensiero;
- Gesù Cristo, prima di dedicarsi alla
predicazione, potrebbe avere passato alcuni
anni della sua vita proprio in India.
Tornando alle suddette relazioni dell’epoca
precristiana – eventi storicamente ben
documentati - si evidenzia come già gli scambi
commerciali riguardassero il cotone o le spezie;
beni che in seguito ebbero tanto rilievo
nell'economia coloniale. Tanto che si può
affermare che dal punto di vista commerciale -
pur con l’intermediazione del mondo arabo - gli
scambi non cessarono mai.
D'altra parte, riferendosi alla più recente
esperienza europea, è indubbio che l'inglese sia
oggi il collante linguistico dell'India moderna e
che anche dal punto di vista infrastrutturale,
l'eredità coloniale costituisca un lascito
imponente; ad esempio nelle opere ferroviarie e
nell'amministrazione pubblica.
7
Uguale effetto di cambiamento sociale lo ebbero
in Europa gli usi importati dall’India; ad
esempio nell'abitudine al bagno quotidiano, che
arrivò con i nabobs del XVIII secolo.
X
Inizialmente le motivazioni legate alla presenza
europea furono d'ordine commerciale - come il
commercio delle spezie - o strategico, tipo
l'accerchiamento della potenza musulmana.
Successivamente, cambiato il contesto economico
ed i protagonisti della politica mondiale, si
ricercò in India l’apertura di nuovi mercati per
i prodotti manifatturieri e per i capitali creati
dalla rivoluzione industriale. Tramontata la
potenza portoghese e con l'Olanda che
s’interessava principalmente dell'Indonesia,
restarono solo la Francia e la Gran Bretagna a
contendersi il dominio coloniale del
subcontinente; trasferendovi così le lotte che si
combattevano in Europa.
8
A partire dal 1757 con la battaglia di Plassey e
grazie all'opera spregiudicata di Robert Clive, i
francesi furono ridotti all'impotenza e la strada
per la totale conquista delle terre indiane fu
aperta. In India Lord Minto (1751-1814),
governatore generale dal 1807 al 1813, agiva in
modo che ad ogni guadagno francese in Europa
corrispondesse un’equivalente perdita in Asia.
Robert Clive
Dopo il suo richiamo in patria, sir John Malcom
Mountstuart Elphinstone, e sir Thomas Munro,
entrambi scozzesi, dichiararono che il fine
ultimo dell’amministrazione britannica era il
benessere della popolazione indiana.
X
I quattrocentocinquant'anni passati dall'arrivo
dei portoghesi a Calicut nel 1498, fino alla
partenza del reggimento britannico del 2nd
Somerset da Bombay nel 1947, costituiscono un
periodo storico in cui il dominio europeo in
India si è distinto per l'influenza di diversi
gruppi etnici.
Questa ricerca vuole anche evidenziare come da
quest'intreccio di culture e d’influenze
reciproche, sia nato un subcontinente
profondamente trasformato e come infine da queste
relazioni siano sorti gli stati che costituiscono
9
la realtà indiana moderna. Nazioni che si sono
formate avendo come base costitutiva e come
referente organizzativo il modello occidentale.
D’altronde credo che, così come quello che i
britannici fecero non sarebbe stato possibile
senza la precedente epoca Mugal, così le
realizzazioni del subcontinente dopo
l'indipendenza, non sarebbero avvenute senza
l’antecedente presenza britannica.
Nella scelta della professione da seguire al di
fuori della nazione, la carriera nell’esercito
attirava particolarmente gli scozzesi. Del resto
si trattava di un mestiere praticato con perizia
ed i notevoli successi dei reggimenti, sia
provenienti dalle Highlands sia dalle Lowlands,
ne danno testimonianza.
Questa tesi vuole quindi costituire una ricerca
basata sugli avvenimenti dell’epoca coloniale e
sulla vita di alcuni degli scozzesi che li
realizzarono. L’indagine si pone l’obiettivo di
inquadrarne le esperienze nei diversi ambienti
professionali e sociali che li hanno visti
protagonisti.
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Capitolo I
IL CONTESTO
STORICO
INDIANO
11
Il periodo che va dall’arrivo dei portoghesi
sulle coste del Malabar fino alla partenza
dell’esercito britannico da Bombay, segna un
periodo memorabile ed irripetibile nei rapporti
tra Europa ed Asia.
Alcuni storici, come George Sansom (3), vedono in
questo periodo storico “il segno del cammino
inarrestabile di una civiltà in dirompente
sviluppo, cui il Mediterraneo stava ormai
stretto”.
Altri, come i nazionalisti indiani o i marxisti,
sono molto meno generosi nei loro giudizi.
Resta il prodotto di un’incredibile avventura,
costellata da episodi d’eroismo e di viltà, di
generosità e di miserie umane.
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L’arrivo dei portoghesi
Il 27 maggio del 1498, Vasco da Gama sbarcò a
Calicut sulla costa occidentale dell’India, “in
cerca di spezie e di cristiani” (4).
Tale dichiarazione riassumeva le motivazioni
dell’impresa:
- ripristino dei contatti diretti fra l'Europa
e l’Asia, eliminando l'azione intermediaria
dei paesi islamici e cercando di conseguire
l’accerchiamento strategico dei musulmani. Un
progetto dettato da precisi moventi politico-
religiosi;
- desiderio di cristianizzare gli infedeli e di
ricercare il mitico regno cristiano del
“prete Gianni”;
- ragioni commerciali che con l’apertura del
lucroso mercato delle spezie avrebbero
consentito vasti guadagni. Ad esempio il pepe
era rivenduto in Europa a cifre che
garantivano enormi ricavi. Vasco da Gama al
suo rientro realizzò un profitto del 3000%
(5).
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Il Portogallo, grazie anche alla precedente
azione d’Enrico il Navigatore (1394-1460),
divenne con queste iniziative l’erede della
gloriosa tradizione genovese che per anni si
dedicò alla ricerca di una nuova rotta per
l’oriente.
In tale contesto, è indicativo il fatto che -
per più di duecentocinquant'anni da questa data
- gli effetti della presenza europea in India
furono limitati ad un’azione di basso profilo.
Influenze minori di tale presenza, si ritrovano
ad esempio nell'introduzione della stampa a Goa
e nel veloce progredire dell’uso delle armi da
fuoco.
L’opinione corrente degli storici, riguardo a
questo comportamento, è che forse anche se gli
europei avessero avuto ambizioni di conquista
territoriale, molto difficilmente avrebbero
avuto la forza militare per realizzarle contro i
sovrani indiani dell'epoca (6).
Questa considerazione nasce anche dalla
constatazione, che la superiorità militare
europea si evidenziava principalmente sul mare.
Prova di quest’argomentazione viene dall’esame
dei possedimenti portoghesi, la cui egemonia si
reggeva su un sistema di fortezze e di
feitorias, basi commerciali, che erano zone
14
chiuse, dove i pasti erano consumati in comune,
e dove di sera le porte fortificate erano
sprangate.
Sistema che subentrando al commercio arabo, era
sostenuto nella sua attività dalla presenza di
grandi flotte navali che attuando quasi un
blocco navale, attaccavano chiunque osasse
commerciare senza la dovuta autorizzazione, la
cosiddetta: cartaz(7).
Quindi si trattava del classico modello di
tentativo di dominio della potenza marittima
sulla potenza terrestre. Un tema ricorrente
nella storia delle relazioni internazionali.
Questa linea di comportamento non cambiò neppure
con il dominio britannico, il quale com’è
risaputo, si basava sul controllo degli oceani,
di modo che le sue flotte potessero intervenire
in qualunque punto del globo dove fosse
minacciata la pax- britannica.
La presenza portoghese ebbe un profondo
carattere legato alla volontà di cristianizzare
l’India. Pur se i pregiudizi razziali limitavano
i contatti con gli indigeni, in questo si deve
riconoscere che i portoghesi furono meno rigidi
- specialmente verso i convertiti - d’altre
nazionalità. In ogni modo vi era sempre una
distinzione basata sulla limpieza de sangue:
all’apice della piramide vi erano i reinos nati
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in Portogallo, quindi i casticos nati in Asia da
genitori portoghesi e poi gli altri (8). A causa
della scarsità di donne bianche erano
incoraggiati i matrimoni misti. Il governo
coltivava infatti, un progetto volto a creare
una numerosa etnia indoeuropea; gruppo che
doveva diventare la parte più fedele al reame
tanto che ancora oggi esiste in India una vera e
propria razza goana.
Gli unici contatti che gli europei avevano con
gli indigeni avvenivano tramite i dubash (9), i
mercanti o i servi; raramente con gli alti gradi
della corte. D’altronde anche l'induismo con il
suo pilastro concettuale basato sulla divisione
per caste, vedeva la separazione delle diverse
etnie e delle classi sociali come un fatto
normale. Pur se l'intolleranza cattolica gli
risultava incomprensibile, mentre
opportunisticamente quando l’intolleranza
religiosa era rivolta contro i musulmani, era
ben vista dagli indù. A tal riguardo si deve
ricordare che nell’ottica indiana le caste sono
una realtà sociale, mentre la tolleranza
religiosa riguarda il campo spirituale. A Goa
nel 1540 furono distrutti numerosi templi indù e
nel 1560 fu introdotta l'Inquisizione, che
controllava soprattutto le azioni dei portoghesi
di religione ebrea o quelle dei neo-convertiti.