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Gadda - Pericoli della nuova normativa de facto nel fascismo


Il pericolo dietro l’angolo per la popolazione, era quello di assuefarsi alla nuova normativa “materiale”, alle nuove regole e leggi, imposte più dalla quotidianità e dall’abitudine, che dalla necessità di regolamentare l’ambito della convivenza civile. Scrive infatti Federica Pedriali che durante il fascismo ci fu “… la sovraordinazione dell’individuo e del paese nello stato”.24
L’appoggio incondizionato e la delega disinteressata dell’amministrazione dello stato, consegnati dai cittadini nelle mani del Duce, generarono un potere illimitato nelle mani di pochi, che sostituirono i bisogni della stessa popolazione con le loro necessità di basso imperio. E questo rischiava, col tempo, di divenire la norma de facto (poichè accettata da tutti), che avrebbe rimpiazzato la legge de iure, che presupponeva l’esercizio del potere in nome della volontà popolare.
Eppure durante il fascismo non avvenne soltanto lo stravolgimento del significato dell’esercizio del potere (non più rivolto all’interesse generale), ma si verificò anche un mutamento delle tecniche di acquisizione del consenso e quindi del potere stesso.
Il culto della personalità del Duce, accompagnato dal racconto eroico delle sue imprese e dalla ricca retorica fatta di slogan, aveva sostituito la valutazione delle sue capacità da politico. La fascinazione che subivano le donne e le masse in generale nei suoi confronti, aveva soppiantato la necessità concreta di un giudizio politico sul suo operato.
Il pericolo era che questa diventasse la norma, la regola, il nuovo metodo per giudicare un politico. Non affidarsi più ad un amministratore capace e credibile, ma ad un bravo “conquistatore” che si ergeva a salvatore della nazione, era diventata pratica comune per gli elettori italiani.
La cristallizzazione della prassi, con gli anni poteva significare la promozione della norma de facto a norma de iure.
Ovvero, ricollegandosi alle parole di F. Pedriali, forte era il rischio di accettare che il governo della “cosa pubblica” diventasse per sempre un momento di soddisfacimento di necessità private, a discapito della collettività.

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