Gli appunti descrivono in via introduttiva i procedimenti speciali.
Le finalità dei procedimenti speciali sono di due tipi: deflattiva e anticipatoria del dibattimento.
Viene analizzato il giudizio abbreviato ed il procedimento per decreto quali procedimenti speciali aventi finalità di deflazione del dibattimento.
Resta naturalmente ferma per la parte la possibilità di presentare opposizione in sede di procedimento per decreto, chiedendo il dibattimento.
Successivamente ci si occupa del procedimenti speciali del giudizio direttissimo e del giudizio immediato, quali modalità di anticipazione del dibattimento, con finalità beneficiale, per poi parlare dell'applicazione della pena su richiesta delle parti, meglio nota come patteggiamento.
                            
                                IL DIRITTO PROCESSUALE PENALE E
 IL PROCESSO PENALE: 
I PROCEDIMENTI SPECIALI 
 
Appunti di Gianfranco Fettolini
Università degli Studi di Brescia
Facoltà di Giurisprudenza
Corso di laurea magistrale a ciclo unico in giurisprudenza
Esame di Diritto Processuale Penale
Docente: Alessandro Bernasconi
Anno accademico - 2014/2015IL DIRITTO PROCESSUALE PENALE E IL 
PROCESSO PENALE: PROCEDIMENTI SPECIALI 
CONSIDERAZIONI INTRODUTTIVE 
1. La funzione dei procedimenti speciali
Il sistema di amministrazione della giustizia penale non potrebbe reggere se la 
maggior parte dei procedimenti non fosse definita mediante itinerari processuali 
diversi da quello ordinario; infatti, il processo accusatorio è un meccanismo 
complesso e particolarmente garantista che va usato soltanto nei pochi casi in cui la 
vicenda non può concludersi con forme semplificate.  
Sulla base di queste esperienze, il legislatore del 1998 ha previsto varie forme di 
procedure alternative, con chiare funzioni di economia processuale e con lo scopo di 
semplificare i meccanismi processuali e abbreviare la durata del processo; la fase 
dibattimentale rappresenta, comunque, il parametro fondamentale al quale le parti 
rapportano tutte le loro attività processuali, nella consapevolezza di essere titolari di 
un diritto al dibattimento, ineludibile senza il loro consenso. Con la previsione dei 
procedimenti speciali, dunque, il legislatore ha voluto offrire alle parti una gamma di 
moduli processuali, al fine di stimolare l’adozione dei percorsi alternativi più 
appropriati alla vicenda concreta, realizzando, così, celerità di decisione, economicità 
di procedure e maggior efficienza del sistema penale; i 5 procedimenti speciali del 
libro VI sono: 
- il giudizio abbreviato;
- il procedimento per l’applicazione della pena su richiesta delle parti;
- il giudizio direttissimo;
- il giudizio immediato;
- il procedimento per decreto.
A questi si aggiungono il procedimento di oblazione (art. 141 cpp) e il giudizio 
deferito a un giurì d’onore (art. 177 cpp). 
2. I procedimenti di deflazione dibattimentale 
I riti speciali risultano costruiti sulla base del giudizio dibattimentale, nella misura in 
cui tendono a realizzare l’esigenza di economia processuale: 
- attraverso una più rapida celebrazione del giudizio dibattimentale, saltando l’udienza 
preliminare: giudizio direttissimo e giudizio immediato; 
- attraverso l’esclusione del giudizio dibattimentale, adottando varie forme di definizione 
anticipata: giudizio abbreviato, procedimento per decreto, applicazione di pena su 
richiesta delle parti, procedimento di oblazione e deferimento a un giurì d’onore. 
I procedimenti speciali con funzione deflattiva del dibattimento sono percorribili 
unicamente con la concorrente volontà di una o entrambe le parti; il consenso di una 
sola o entrambe le parti rende, altresì, possibile l’utilizzazione, a fini decisori, dei 
materiali probatori raccolti nella fase delle indagini. Un ulteriore effetto di economia 
processuale comune al giudizio abbreviato e all’applicazione della pena su richiesta è 
rappresentato dai rilevanti limiti imposti dalla legge all’appellabilità del 
provvedimento conclusivo. 
3. I procedimenti di anticipazione del dibattimento 
La specialità del giudizio direttissimo e di quello immediato consiste nel condurre 
rapidamente l’imputato al dibattimento, senza passare per l’udienza preliminare; 
l’economia processuale si realizza con l’eliminazione del momento diretto a 
verificare la necessità del rinvio a giudizio. 
Mentre nel giudizio direttissimo la scelta di instaurare il dibattimento spetta 
all’organo di accusa, nel giudizio immediato è necessario che intervenga la concorde 
volontà del giudice per le indagini preliminari a cui il PM si è rivolto per il rinvio a 
giudizio. 
I RITI SPECIALI DI DEFLAZIONE DEL DIBATTIMENTO 
1. Il giudizio abbreviato tipico: nozione 
Il giudizio abbreviato risale al 1999 e va definito come una decisione sul merito 
anticipata in sede di udienza preliminare; gli esiti di esso possono essere il 
proscioglimento o la condanna. L’insaturazione del giudizio abbreviato avviene su 
esclusiva iniziativa dell’imputato e la richiesta riguarda soltanto l’abbreviazione del 
procedimento, senza alcun condizionamento del merito; tuttavia, l’eventualità di una 
condanna a pena diminuita di un terzo determina una commistione tra decisioni 
processuali e trattamento sanzionatorio.  
Una decisione di condanna presuppone l’accertamento della responsabilità 
dell’imputato secondo gli ordinari canoni di giudizio dibattimentale; l’utilizzazione 
degli atti d’investigazione difensiva ha provocato l’intervento della Corte 
Costituzionale, poiché, in assenza del potere del PM di partecipare alla formazione 
dialettica della prova, era stato sollevato il dubbio di legittimità per violazione 
dell’art. 111 Cost., respinto dalla Corte Costituzionale, affermando che l’utilizzabilità 
degli atti di investigazione difensiva come conseguenza del consenso-rinuncia del 
solo imputato, non può ritenersi lesiva del principio della parità delle parti. Né si è 
ritenuto che l’inutilizzabilità degli atti formati unilateralmente dalla difesa, senza il 
previo consenso del PM, possa desumersi da una rigida lettura dell’art. 111 Cost. 
Il giudizio abbreviato può assumere due forme: 
- tipica: si svolge in sede di udienza preliminare; 
- atipica: nasce dalla conversione di un altro rito speciale e si definisce in camera di 
consiglio. 
2. (Segue): i requisiti 
Il procedimento è avviato dalla richiesta dell’imputato e può riguardare 
un’imputazione relativa a qualsiasi reato, compreso quello punito con la pena 
dell’ergastolo; l’imputato può chiedere che il processo sia definito nell’udienza 
preliminare: 
- allo stato degli atti: il giudice dispone senz’altro il giudizio; 
- a seguito di una integrazione probatoria ritenuta necessaria ai fini della decisione e alla quale 
egli intende condizionare la richiesta di giudizio abbreviato: il giudice dispone il 
giudizio soltanto se l’integrazione probatoria richiesta risulti necessaria ai fini della 
decisione e sia compatibile con le finalità di economia processuale. 
La richiesta deve esse avanzata, personalmente o a mezzo di procuratore speciale, 
oralmente o per atto scritto, fino a che non siano formulate le conclusioni ex art.. 
421-422 cpp; trattandosi di atto personale, è ritenuta inammissibile la richiesta di rito 
abbreviato presentata dal difensore dell’imputato irreperibile, non munito di procura 
speciale, ma è ritenuta ammissibile la richiesta formulata dal difensore, pur privo di 
procura speciale, nel caso in cui l’imputato sia presenta e non eccepisca nulla. 
L’imputato ha la facoltà di chiedere il giudizio abbreviato allo stesso giudice del 
dibattimento non solo se la nuova contestazione concerne un fatto che già risultava 
degli atti di indagine al momento di esercizio dell’azione penale, ma anche se 
riguarda un fatto non risultante dagli atti di indagine al momento dell’azione. 
Nel sistema originario, il parametro della definibilità allo stato degli atti era la 
condizione richiesta per procedere al giudizio abbreviato; la valutazione spettava al 
giudice per le indagini preliminari e, al di poter utilizzare tutte le informazioni 
acquisibili nell’ambito dell’udienza, era previsto che la richiesta potesse essere 
presentata anche dopo l’assunzione delle sommarie informazioni e prima della 
formulazione delle conclusioni. Il giudice disponeva il giudizio abbreviato soltanto se 
riteneva che il processo potesse essere definito allo stato degli atti; disposto il 
giudizio, la preclusione all’acquisizione di altri elementi probatori era stata molto 
discussa in sede di lavori preparatori. Siccome la decisione sul rito incideva sul 
merito, il problema della tutela del diritto dell’imputato alla riduzione di pena nel 
caso di ingiustificato rifiuto da parte del giudice di ammettere il giudizio abbreviato, 
nonostante il parere favorevole del PM, aveva avuto risposta dalla Corte 
Costituzionale, che, investita della questione di legittimità del combinato disposto 
degli artt. 438-439-440-442 cpp per contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost., ne aveva 
dichiarato l’illegittimità nella parte in cui non si prevedeva che il giudice, all’esito del 
dibattimento, ritenendo che il processo poteva essere definito allo stato degli atti dal 
giudice per le indagini preliminari, potesse applicare la riduzione di pena.  
Il giudice del 1990, poi, ha sottratto al giudice ogni valutazione discrezionale 
sull’ammissione del rito, allorché l’imputato presenti una richiesta semplice e non 
condizionata ad un’integrazione probatoria, di giudizio abbreviato; se l’imputato 
subordini a tale condizione la richiesta, al giudice spetta un potere discrezionale di 
valutare la presenza dei due requisiti ex art. 438
5
 cpp: che l’integrazione risulti 
necessaria ai fini della discussione e che essa sia compatibile con le esigenze di 
economia processuale del rito richiesto. La decisione del giudice per le indagini 
preliminari è insindacabile: 
- se non ritiene sussistenti i due requisiti, rigetta la richiesta, il procedimento avanza 
verso il dibattimento e non è possibile una conclusione anticipata; l’imputato, però, 
può ancora ottenere lo sconto di pena quando la richiesta è rinnovata anteriormente 
alla dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado oppure quando, 
avendo il giudice del dibattimento respinto in limine litis la richiesta di accesso al rito 
abbreviato condizionato, lo stesso giudice accerti che sussistevano i presupposti per 
la sua instaurazione; 
- se l’esito della verifica è positivo, il giudice dispone che si proceda con il rito 
abbreviato, restando vincolato all’assunzione delle prove richieste dall’imputato e 
dalla prove contrarie eventualmente proposte dal PM. 
3. (Segue): il procedimento decisorio 
A norma dell’art. 438
4
 cpp, il giudice dispone il giudizio abbreviato con ordinanza, 
non soggetta a gravame; una volta che il giudice abbia disposto il rito, non sono 
consentite ulteriori acquisizioni probatorie, dovendo la decisione essere emessa allo 
stato degli atti. Il giudizio si svolge secondo le disposizioni previste per l’udienza 
preliminare (fatti salvi gli artt. 422-423 in tema di acquisizione di elementi ai fini del 
giudizio e di modifica dell’imputazione). 
Le preclusioni cadono sia nel caso di giudizio abbreviato disposto su richiesta di 
integrazione probatoria, sia nell’ipotesi che tale integrazione abbia luogo su 
disposizione del giudice che ha ritenuto di non poter decidere allo stato degli atti; in 
tali casi, all’assunzione delle prove si provvede a norma dell’art. 422
2/3/4 
cpp e le 
probabilità che, in seguito all’attività integrativa delle prove, si pervenga a una 
modificazione dell’imputazione, sono davvero molto alte. Infatti, il legislatore, con il 
D.L. 82/2000, ha ritenuto opportuno dettare una specifica disciplina per le nuove 
contestazioni in sede di giudizio abbreviato; l’art. 441-bis cpp prevede, infatti, che se 
il PM procede tali nuove contestazioni, l’imputato può chiedere (art. 438
3
) che il 
procedimento prosegua nelle vie ordinarie. Al fine di consentire l’integrazione 
dell’attività difensiva, il giudice procedente, su istanza dell’imputato o del difensore, 
assegna un termine non superiore a 10 giorni, sospendendo per tale termine il 
giudizio; ciò apre due strade: 
- se l’imputato chiede la prosecuzione nelle forme ordinarie, il giudice revoca 
l’ordinanza del giudizio abbreviato e fissa l’udienza preliminare o la sua 
continuazione; vi sono 3 effetti: 
o le attività integrative congiunte ex artt. 438
5 
e 441
5
 cpp hanno la stessa efficacia di 
quelle previste all’art. 422; 
o non è più consentito chiedere il giudizio abbreviato; 
o decorrono nuovamente i termini di durata della custodia cautelare; 
- se l’imputato sceglie di proseguire con il rito abbreviato, chiede l’ammissione di 
nuove prove, in relazione alle nuove contestazioni; l’effetto è che si riapre la dialettica 
probatoria, concedendo al PM di poter chiedere l’ammissione della prova contraria a 
quella richiesta dall’imputato in seguito alle nuove contestazioni. 
La parte civile può non accettare il rito abbreviato, ma non ha il potere di opporsi e 
impugnare il provvedimento ammissivo del giudizio abbreviato; equivale, comunque, 
ad accettazione del rito la costituzione di parte civile intervenuta dopo la conoscenza 
del provvedimento di ammissione del giudizio abbreviato (art. 441
2 
cpp). 
Il procedimento si svolge in camera di consiglio o, su richiesta degli imputati, in 
udienza pubblica; il procedimento si conclude con una sentenza di condanna o di 
proscioglimento. Nel caso di condanna:  
- la pena in concreto applicabile, è diminuita di 1/3;  
- alla pena dell’ergastolo senza isolamento diurno è sostituita quella della reclusione 
per 30 anni;  
- alla pena dell’ergastolo con isolamento diurno, nei casi di concorso di reati o reato 
continuato, è sostituita quella dell’ergastolo. 
4. (Segue): le impugnazioni 
La sentenza conclusiva del rito abbreviato è considerata come una decisione 
dibattimentale; infatti, i termini per l’impugnazione decorrono dalla scadenza di 
quelli previsti per la redazione dei motivi. Il regime delle impugnazioni ha subito 
delle modifiche a seguito della L. 46/2000 che escludeva che l’imputato e il PM 
potessero proporre appello avverso le sentenze di proscioglimento; a seguito 
dell’intervento della Corte Costituzionale, è caduto qualsiasi limite all’impugnazione 
del PM. 
Il giudizio d’appello si svolge secondo il rito camerale; il procedimento d’appello si 
conclude con una sentenza di conferma o di riforma, ai sensi dell’art. 605 cpp. La 
sentenza pronunciata in appello all’esito di giudizio abbreviato deve esser pubblicata 
mediante lettura del dispositivo in udienza camerale, dopo la deliberazione; tuttavia, 
in caso di omessa lettura, la sentenza non è abnorme o nulla, verificandosi una mera 
irregolarità, che produce, però, effetti giuridici, impedendo il decorso dei termini per 
l’impugnazione. 
5. Giudizio abbreviato atipico 
L’avvio del giudizio abbreviato atipico è dato dalla manifestazione di volontà 
dell’imputato che, a norma dell’art. 458, può chiedere il giudizio abbreviato entro 15 
giorni dalla notificazione del decreto di giudizio immediato, depositando nella 
cancelleria del giudice per le indagini preliminari l’atto di richiesta, con la prova della 
sua notificazione al PM; se la richiesta è ammissibile, il giudice fissa l’udienza per lo 
svolgimento del giudizio abbreviato, dandone avviso almeno 5 giorni prima al PM, 
all’imputato, al difensore e alla persona offesa.  
Nel caso in cui, a norma dell’art. 441-bis
4
 cpp, l’imputato chieda che si proceda nelle 
forme ordinarie, il giudice stabilisce la data dell’udienza per il giudizio immediato; il 
giudizio abbreviato atipico non può innestarsi nel giudizio immediato richiesto 
dall’imputato ex art. 419
5
 cpp, poiché lo stesso imputato avrebbe potuto chiedere il 
giudizio abbreviato e non quello immediato. La stessa trasformazione del rito può 
riguardare il giudizio direttissimo, poiché, se l’imputato lo richiede, il giudice dispone, 
prima che si aperto il dibattimento, il giudizio abbreviato (art. 452
2
 cpp); nel caso in 
cui, a seguito delle nuove contestazioni del PM, l’imputato chieda che il 
procedimento prosegua nelle forme ordinarie, il giudice revoca l’ordinanza che 
dispone il rito abbreviato e fissa l’udienza per il giudizio direttissimo. 
Un’altra ipotesi di conversione di rito si può verificare in sede di opposizione al 
decreto di condanna (art. 461
3
 cpp), poiché, se, con l’atto di opposizione, l’imputato 
ha chiesto il giudizio abbreviato, il giudice fissa con decreto la data dell’udienza e ne 
da avviso, almeno 5 giorni prima, al PM, all’imputato, al difensore e alla persona 
offesa; nel giudizio che si instaura in seguito all’opposizione, invece, non è 
consentito chiedere il giudizio abbreviato (art. 464
3
 cpp). Nel caso in cui sia stato 
disposto il giudizio abbreviato e il PM proceda alle nuove contestazioni, il giudice, se 
l’imputato lo richiede, revoca l’ordinanza con la quale sarà stato disposto il rito 
abbreviato e fissa l’udienza per il giudizio conseguente all’opposizione. 
6. L’applicazione della pena su richiesta delle parti: i requisiti 
L’istituto dell’applicazione della pena su richiesta delle parti è previsto dagli artt. 
444-448 cpp ed è denominato correntemente patteggiamento; la volontà negoziale si 
indirizza prevalentemente sulla quantità della pena. Si tratta di un procedimento 
semplificato di generale applicabilità, sulla base dell’accordo delle parti, che sfocia 
nella pronuncia di una sentenza equiparata a quella di condanna (art. 445
1-bis 
cpp). 
L’art. 441
1
 cpp stabilisce che l’imputato e il PM possono chiedere al giudice 
l’applicazione di una sanzione sostitutiva o di una pena pecuniaria, diminuita fino a 
1/3, ovvero di una pena detentiva, quando questa non supera 5 anni di reclusione o 
di arresto; la parte deve indicare in modo preciso la specie e la misura della pena 
richiesta, che non può mai scendere al di sotto del limite legale di 15 giorni fissato 
dall’art. 23 cp. L’iniziativa di patteggiamento può essere presa sia dall’imputato sia dal 
PM; l’imputato deve esprimere la sua volontà personalmente o a mezzo di 
procuratore speciale. La richiesta può muovere dalla persona sottoposta alle indagini, 
anche prima che sia stata esercitata l’azione penale; in tale ipotesi la manifestazione 
del consenso da parte del PM implica la chiusura delle indagini e la formulazione 
dell’imputazione.  
Per sollecitare l’espressione della volontà negoziale nel corso delle indagini 
preliminari, è concessa a ciascuna parte una facoltà di interpello: a seguito della 
richiesta presentata da una parte è previsto che il giudice fissi un termine all’altra per 
la manifestazione del consenso o del dissenso; durante la pendenza del termine, non 
è consentita la revoca o la modifica della richiesta e, quindi, se interviene il consenso, 
si procede all’applicazione della pena (art. 447
3 
cpp). Generalmente, la richiesta è 
presentata congiuntamente o da una parte con allegato il consenso scritto dell’altra; 
ai sensi dell’art. 446
1
 cpp, il termine ultimo per la richiesta: 
- è quello della presentazione delle conclusione in sede di udienza preliminare; 
- nel giudizio direttissimo è quello della dichiarazione di apertura del dibattimento di 
primo grado; 
- nel giudizio immediato il termine è quello indicato dall’art. 458
1 
cpp. 
Se la richiesta e il consenso vengono presentati nel corso delle indagini, il giudice 
fissa un’apposita udienza per la decisione ad assegna un termine al richiedente per la 
notifica all’altra parte; se è una sola parte a presentare la richiesta, il giudice fissa un 
termine all’altra per la manifestazione di volontà. La richiesta e il consenso sono 
espressi oralmente durante l’udienza preliminare o il dibattimento, altrimenti sono 
formulati con atto scritto; l’accordo raggiunto rappresenta un negozio di natura 
processuale che non è né revocabile né modificabile unilateralmente. 
Non è previsto, per il PM, l’obbligo di fornire le ragioni per le quali presti il 
consenso alla pena patteggiata, che, ad ogni modo, deve pervenire entro la 
presentazione delle conclusioni; è, invece, prescritta una motivazione per il dissenso, 
per consentire il controllo del giudice del dibattimento di primo grado o 
dell’impugnazione sulle ragioni che hanno impedito il riconoscimento del diritto 
dell’imputato alla riduzione fino a 1/3 della pena e permettere allo stesso giudice di 
procedere a tale riduzione.   
7. (Segue): il procedimento decisorio 
Una volta finalizzato l’accordo sulla pena, il giudice competente pronuncia la 
sentenza, qualora ricorrano tutte le condizioni prescritte dall’art. 444 cpp; se è stato 
negato il consenso o il giudice ha rigettato la richiesta, l’imputato può riproporla 
prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado e il giudice 
deve pronunciarsi immediatamente (deve trattarsi di nuova richiesta). Alla stessa 
decisione provvede il giudice dopo la chiusura del dibattimento di primo grado o nel 
giudizio di impugnazione, quando ritenga ingiustificato il dissenso del PM o il rigetto 
della richiesta e fondato, invece, il diritto alla riduzione; è stato pure sancito che 
spetta all’imputato la facoltà di chiedere al giudice del dibattimento l’applicazione 
della pena ex art. 444 cpp, con riferimento al fatto diverso o al reato concorrente, 
contestati in dibattimento, quando la nuova contestazione riguardi un fatto già 
risultante dagli atti d’indagine ovvero quando l’imputato abbia tempestivamente 
proposto la richiesta rispetto alle originarie imputazioni. 
L’art. 448 ccp obbliga il giudice a pronunciare immediatamente sentenza di 
applicazione della pena richiesta, soltanto se ne ricorrano le condizioni; quindi, egli 
deve porre in essere delle operazioni valutative dirette a saggiare la sussistenza delle 
situazioni condizionanti la concessione del beneficio: se l’accertamento da esito 
positivo, il giudice pronuncia sentenza di proscioglimento, se è negativo, egli deve 
controllare l’esattezza della qualificazione giuridica del fatto e delle circostanze 
prospettate dalle parti. Pur trattandosi di sentenza patteggiata, non è eludibile 
l’obbligo della motivazione ex artt. 125 e 546, anche se resta limitato alla 
enunciazione delle ragioni che hanno guidato l’esercizio dei poteri giudiziali residuati 
in seguito all’intervenuto accordo; è stato affermato, in proposito, che, mentre la 
deliberazione di ordine positivo dev’essere sorretta da un’esposizione coincisa dei 
motivi di fatto e di diritto, quella di ordine negativo può limitarsi a dare atto 
dell’avvenuta verifica. 
Se nel processo ci è stata costituzione di parte civile, il giudice non decide sulla 
relativa domanda, ma condanna l’imputato al pagamento delle spese sostenute da 
tale parte, salvo che ricorrano giusti motivi per la compensazione; attraverso la 
mancata pronuncia sulle spese sostenute dalla parte civile, è esperibile la procedura di 
correzione dell’errore materiale. L’eventuale giudizio che fosse attivato in sede civile, 
però, non resta sospeso fino alla pronuncia della sentenza penale non più soggetta a 
impugnazione; la Corte di Cassazione ha puntualizzato che, nell’udienza fissata a 
seguito della richiesta di applicazione della pena presentata nel corso delle indagini 
preliminari, non è consentita la costituzione di parte civile ed è, pertanto, illegittima 
la condanna dell’imputato al pagamento delle speso sostenute da danneggiato dal 
reato, la cui costituzione sia stata ammessa dal giudice, nonostante tale divieto   
soltanto quando la sentenza è pronunciata in sede in impugnazione, il giudice decide 
anche sull’azione civile (art. 448
3
 cpp) 
8. (Segue): benefici ed effetti 
Con l’accoglimento della richiesta di applicazione della pena, l’imputato ha il diritto 
di godere del premio incentivo della riduzione della pena fino a 1/3, ex art. 444 cpp; 
avendo la riduzione un carattere prettamente processuale, essa va calcolata dopo aver 
individuato la pena in concreto applicabile. La riduzione premiale non riguarda le 
sanzioni sostitutive, ma una pena determinata e la sanzione sostitutiva si riferisce alla 
possibilità che l’espiazione della pena venga evitata secondo le regole generali del 
procedimento penale. 
L’art. 445
1
 cpp prevede, soltanto per la pena patteggiata che non superi i 2 anni soli o 
congiunti a pena pecuniaria, i benefici dell’esclusione della condanna alle spese del 
procedimento e dell’applicazione di pene accessorie e di misure di sicurezza; con la 
sentenza a pena patteggiata, vanno applicate anche le sanzioni amministrative 
accessorie. Atteso, poi, che la sentenza emessa è, ai sensi dell’art. 445
1-bis 
ccp, 
equiparata, salve diverse disposizioni di legge, a una pronuncia di condanna, essa 
costituisce titolo idonea per la revoca della sospensione condizionale della pena 
precedentemente concessa. 
Se entro 5 anni, quando si tratti di delitto, ovvero di 2 anni, se si tratti di 
contravvenzione, l’imputato non commette alcun reato della stessa indole, quello per 
il quale il giudice ha applicato la pena richiesta si estingue, ove sia stata irrogata una 
pena detentiva non superiore a 2 anni soli o congiunti a pena pecuniaria; in 
conseguenza, si estingue pure ogni effetto penale e, se è stata applicata una pena 
pecuniaria o una sanzione sostitutiva, non si realizza alcun impedimento alla 
concessione di una successiva sospensione condizionale della pena (art. 445
2 
cpp). 
La sentenza che applica la pena patteggiata non è generalmente appellabile; essa può 
essere appellata soltanto dal PM, quando abbia espresso dissenso sulla sanzione 
richiesta dall’imputato; contro di essa, però, le parti sono legittimate a proporre 
ricorso per Cassazione. Tuttavia, la Cassazione ha elaborato dei criteri di 
ammissibilità del ricorso molto rigorosi: se l’accordo fra le parti è rispettoso dei 
parametri legali di natura sostanziale e processuale, è intaccabile in Cassazione, anche 
ove il suo contenuto appaia discutibile agli occhi del giudice. 
9. Il procedimento per decreto: requisiti 
Nel caso in cui il Pm ritenga che si debba applicare una pena pecuniaria per reati 
perseguibili d’ufficio o a querela, se questa è stata presentata e se il querelante non ha 
nella stessa dichiarato di opporvisi (art. 459
1
 cpp), può richiedere al giudice per le 
indagini preliminari l’emissione di un decreto penale di condanna; la richiesta, corredata 
dai motivi, deve essere presentata entro 6 mesi dalla data in cui il nome della persona 
indagata è iscritto nel registro delle notizie di reato e deve indicare la misura della 
pena (termine ordinatorio). Il PM ha la facoltà di chiedere l’applicazione di una pena 
diminuita fino alla metà del minimo edittale; la consistenza dell’incentivo premiale è 
conseguente alla maggior semplificazione del rito per decreto ed ha la funzione di 
indurre l’imputato ad accettare la condanna ad una pena notevolmente ridotta.  
Se il giudice ritiene di non dover accogliere la richiesta, restituisce gli atti al PM; non 
dispone la restituzione soltanto quando risulta agli atti qualsiasi ipotesi di 
proscioglimento ex art. 129 cpp. Se il giudice, invece, ritiene di accogliere la richiesta, 
inaudita altera parte emette il decreto penale di condanna ed è tenuto ad irrogare una 
pena nella misura indicata dal PM. 
Il decreto deve contenere: 
- i dati relativi all’imputato e alla persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria; 
- l’enunciazione del fatto e l’esposizione dei motivi di fatto e di diritto su cui si fonda 
la decisione; 
- l’avviso che le suddette persone possono proporre opposizione entro 15 giorni dalla 
notificazione e che l’imputato può chiedere, con l’atto di opposizione, il giudizio 
immediato, il giudizio abbreviato o l’applicazione della pena, a norma dell’art. 444 
cpp. In caso di mancata opposizione, il decreto diviene esecutivo; anche se divenuto 
esecutivo, il decreto non ha efficacia di giudicato nel giudizio civile o amministrativo. 
Con la L. 479/1999, che ma modificato l’art. 460
5
 cpp, il legislatore sembra aver 
voluto equiparare gli effetti premiali del decreto a quelli del patteggiamento, poiché 
prevede che il decreto penale non comporta la condanna al pagamento delle spese 
del procedimento né l’applicazione di pene accessorie, oltre all’inefficacia nel 
giudizio civile o amministrativo; inoltre, prevede che il reato è estinto se nel termine 
di 5 anni, quando il decreto concerne un delitto, ovvero di 2 anni, quando concerne 
una contravvenzione, l’imputato non commetta un delitto o una contravvenzione 
della stessa indole. 
Il decreto va comunicato al PM e notificato all’imputato, al difensore e al civilmente 
obbligato per la pena pecuniaria, al fine di consentire l’instaurazione del 
contraddittorio tra accusa e difesa; il giudice deve revocare il decreto e restituire gli 
atti al PM per l’avviamento della procedura ordinaria, sia nel caso in cui non sia stato 
possibile eseguire la notificazione per l’irreperibilità dell’imputato, sia nel caso in cui 
non sia stata possibile la notificazione nel domicilio dichiarato a norma dell’art. 161 
cpp.