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La comunicazione politica: dinamiche linguistiche e processi discorsivi

Lo statuto del discorso politico


Alla vecchia formula della centralità politica delle comunicazioni di massa si è sostituita quella della “centralità dell’agire politico”.
A tali processi si è attribuito un ruolo determinante ai fini della promozione e della crescita del consenso dei partiti e delle leadership personali.
Sono infatti condivise da tutti gli studiosi della political communication le rilevanze delle strategie discorsive e la portata delle tattiche comunicative per il buon esito delle condizioni di produzione-circolazione-riconoscimento dell’informazione politica: i mass media si sono infatti appropriati del palcoscenico della politica, amplificando il ruolo dei soggetti.
Nell’ampia tipologia dei discorsi sociali ,il rituale discorsivo politico è spesso marcato dalle condizioni sociali di produzione e ricezione: è cioè inscritto in un circuito di rapporti di forze e si realizza entro precise coordinate spazio-temporali.
Il rituale definisce per i politici i ruoli che devono ricoprire e gli attributi modali che devono possedere; agendo come sistema operativo di controllo semiolinguistico, mira a conservare la relazione tra i partecipanti.
D’altra parte, le performance politiche non possono non tenere conto di tutti i condizioni e di tutte le restrizioni contestuali, legati alle occasioni concrete in cui atti e discorsi hanno luogo.
Proprio per la sua costitutiva e antica natura, il discorso politico è quello che più di altri richiede al soggetto la capacità di saper gestire e integrare una folta gamma di competenze e sottocompetenze linguistiche e semiotiche
Le sottocompetenze possono essere:
- Semantico-sintattiche,ovvero legate all’abilità di ciascuno di selezionare e combinare gli elementi linguistici in un prodotto testuale coerente.
- Paralinguistiche, connesse alla capacità di gestire nel modo più appropriato le risorse fonetico-intonazionali
- Cinesico-posturali, che suggeriscono i gesti e i movimenti fisici più opportuni da tenere

Fin dai tempi antichi il discorso politico si pone con lo scopo di convincere, persuadere e manipolare.
I messaggi politici rispondono a determinate esigenze costitutive:
- Stabilire il contatto con l’uditorio e mantenere aperto il canale di ricezione
- Aggregare forze, risorse e mantenere alto il consenso

Pertanto, la figura del ricevente, diviene parte integrante.
Il discorso politico viene diffuso e propagandato privilegiando quei canali ritenuti di volta in volta più idonei in vista dei processi di ricezione-comprensione attivati dagli interlocutori, partendo da forti legami consensuali con l’uditorio.
I percorsi da effettuare ai fini di un interpretazione degli impliciti e delle direttive consone agli scopi sono comunque “dentro” il testo: i messaggi contengono sempre gli schemi di ricezione idonei alle operazioni di investimento e/o trasferimento del senso.
Il discorso politico non è quindi, un discorso rappresentativo (o lo è solo parzialmente); anziché mirare a una rappresentazione fedele degli eventi, costruisce un sistema di ruoli in corrispondenza con il suo rivale; fabbrica il profilo del destinatario con cui istituire complici legami fiduciari; edifica la propria verità come un dire vero.
I discorsi politici sono infatti luogo di intimidazioni, sfide, negoziazioni, promesse, deleghe, simulazioni.

Dal contatto cooperativo al contratto fiduciario


Due parole chiave per definire la trasformazione allocutiva e retorica dal primo al secondo ‘900: contatto e contratto.
CONTATTO è paradigmatico delle tattiche cooperative messe in atto da Mussolini e rappresenta il dialogo quasi sacrale, il rapporto fideistico messo in atto con il popolo. Gli atti linguistici si propongono di conseguire sui destinatari effetti perlocutori molto coinvolgenti. La necessità di creare nei confronti degli italiani una reciprocità comunicativa, destinata a incanalare programmi e promuoverne il consenso. Vengono inoltre usate procedure enunciative di embrayage, tramite le quali l’io e il voi possono mettere in atto i dispositivi emissivi e ricettivi del discorso passionale. Non a caso, questo tipo di discorso è enfatizzato dal ricorso al campo semantico dell’emotività. Questo processo di rispecchiamento fonda quelle operazioni retorico-pragmatiche di cooperazione finalizzate dapprima a mantenere il contatto comunicativo, poi a conseguire un coinvolgimento emotivo grazie al quale il dittatore pretende ogni delega di potere e reclama l’esecuzione degli ordini.
CONTRATTO è la cifra della laicità, quel vincolo laico fondato non su una concezione mistico-sacerdotale della politica, ma sulla negoziazione in base ai programmi presentati, sul consenso civile e democratico. Soprattutto in prossimità delle scadenze elettorali, il discorso acquista quel tono pragmatico di vera e propria stipulazione contrattuale, tipico della struttura comunicativa delle campagne socialiste dal 1979 in avanti. Ai destinatari, vengono attribuite le capacità di vagliare le proposte e sanzionare gli operati; a essi perviene un fare pragmatico attraverso il voto, un atto negoziato sulla base di un accordo preciso. E’ la fiducia a giocare un ruolo molto importante e a realizzare quei “simboli aggregati” essenziali per veicolari le componenti prescrittive e valutative insite nel discorso politico. Con l’uso del pronome io,si impone tutto il peso della propria autorità. Il vocabolo fiducia non è così solo strumento di autorappresentazione del personaggio politico,ma diventa veicolo di quel contratto attraverso il quale,nella comunicazione politica,prende corpo tutta una serie di aspettative e patti.

Il Discorso politico polemico


I discorsi politici, essere classificati in due grandi categorie:
- discorsi politici polemici: sono molto numerosi (data la natura competitiva della politica) e di solito riportano la parola altrui manipolandola attraverso vari espedienti intertestuali.
- discorsi politici didattici: comportano la scelta di sequenze proposte come vere (la veridizione è infatti un meccanismo della trasmissione del sapere e far credere,il più delle volte attraverso la forma impersonale delle frasi).
L’opzione tra i due generi di discorso politico obbliga il soggetto enunciante a operare una selezione tra due andamenti testuali diversi,cui corrispondono due percorsi interpretativi differenti.

Il Discorso politico didattico


I discorsi politici didattici prevedono la selezione e la combinazione testuale di sequenze veridittive; queste in genere non si oppongono ad altre, piuttosto mirano a realizzare nel ricevente un processo di identificazione con i contenuti dei messaggi, nei quali è cancellata la presenza del soggetto parlante, sostituita dalla terza persona.
In pratica, l’emittente dà per scontata l’avvenuta persuasione dell’uditorio cui si rivolge e configura un impianto discorsivo che si presenta come oggettivamente vero e credibile.
Tutto ciò è intrinseco al “fare persuasivo”, inerente al discorso politico, dove le istanze della persuasione e della manipolazione sono costitutive.
Molti politici hanno fatto ricorso a tali interessanti strumenti discorsivi (Berlinguer).
Il débrayage consente una sorta di oggettivazione delle frasi, con l’utilizzo della terza persona.
Ai destinatari è indirizzato un catalogo quasi tecnico-scientifico una lista di conseguenze dove non c’è spazio per il pathos verbale che l’argomento avrebbe giustificato e consentito.

Il Discorso politico della provocazione


Di tutt’altra natura è il linguaggio politico della provocazione, che contesta le regole del game of politics tradizionale. (Un esempio fu il silenzio di Marco Pannella usato come spettacolarizzazione).
Mezzo di provocazione e persuasione è la spettacolarizzazione di un proprio comportamento.

Il Discorso politico dell’autolegittimazione


Le elezioni politiche del 27-28 Marzo 1994 sono state analizzate dagli esperti di marketing politico a ripetizione perché, per la prima volta, documentano il rapporto simbiotico tra politica e media, esibendo tutta la potenza persuasiva e manipolativa di quest’ultimi nella competizione elettorale.
La televisione ha accentuato quei caratteri di personalizzazione e spettacolarizzazione che provocheranno in tempi rapidi il fenomeno del leaderismo, i cui effetti degenerativi trasformeranno le propagande elettorali in autentiche sfide tra i due maggiori leader delle rispettive coalizioni.
Il nuovo soggetto politico quindi si autoconvoca e si autoleggittima, spinto dalla necessità insopprimibile di contrapporsi all’avversario per eccellenza (come fa Berlusconi), cioè a quel pericolo accusato di essere il colpevole dei mali peggiori dei governi precedenti.
La conquista del consenso passa anche attraverso la semplificazione lessicale, selezionando parole chiave con ampia valenza semantica. Utilizzando la scrittura paratattica con tempi e modi a presente e all’infinito per essere compreso da tutti. La parola più usata da Berlusconi è “libertà”.
Il “fenomeno Berlusconi” consiste proprio in questa semplificazione del linguaggio che si accosta al parlato di tutti i giorni.
Prevale così facendo un imperativo deontico (dover fare)

Tratto da FARE COMUNICAZIONE, TEORIA ED ESERCIZI di Anna Carla Russo
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