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Aristotele. Virtù di giustizia e sapienza


Una posizione centrale tra le virtù etiche è ricoperta dalla giustizia: essa in senso lato coincide con la virtù. A. distingue tra la giustizia distributiva che consiste nell’attribuire a ciascuno secondo i propri meriti e la giustizia correttiva o commutativa che si esercita nei contratti e consiste nell’attribuire a ciascuna delle due parti contraenti una quantità eguale.
Accanto alle virtù etiche c’è ne sono 5 dianoetiche: l’arte, la saggezza, la scienza, l’intelletto, la sapienza. Questa ultima è la più alta e risulta dalla connessione tra la scienza (svolgere in modo corretto le dimostrazioni) e l’intelletto (orientato a cogliere i principi primi). L’attività propria del sapiente è la teoria, “la contemplazione” o meglio lo studio dell’universo nella totalità dei suoi aspetti. Il sapiente sta tra l’umano e il divino: per poter svolgere al meglio la sua attività deve essere libero da lavoro: solo la polis assicura questo “privilegio” ai sapienti. Egli allora è umano nella misura in cui legato ai bisogni primari, ma divino perché gli oggetti del suo sapere sono divini. La teoria è attività propria della divinità che a differenza dell’uomo la svolge in maniera ininterrotta.
Un politico non deve essere necessariamente un filosofo, ma vivere all’interno della città e fare esperienze della vita della polis. Viceversa il filosofo può essere felice anche non essendo politico e vivendo ai margini della polis. Certo in quanto uomo dovrà esercitare le virtù etiche, e quindi la politica, ma il suo obiettivo sarà la dedizione alla teoria (T 168).

Tratto da FILOSOFIA ANTICA di Carlo Cilia
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PAROLE CHIAVE:

Aristotele