Fonti del
Diritto
Appunti di Greta Guidetti 
Università di Pisa
Facoltà: Giurisprudenza
Corso di laurea Magistrale a ciclo unico in Giurisprudenza
Esame: Storia del Diritto Romano
Docenti: Grillone Alessandro 
A.A. 2021/2022Tra le fonti del diritto troviamo: la giurisprudenza, termine non sovrapponibile a quello odierno; 
un’altra fonte non contenuta nella compilazione che ha fortemente influenzato i contenuti del 
digesto perché è stata oggetto di ampi commentari dei giuristi di quei secoli, cioè l’editto del pretore 
o l’editto dei magistrati dotati di ius edicendi. Non viene ripreso nel diritto giustinianeo perché il 
metodo del processo era cambiato, non si utilizzava più il processo per formulas ma il rito della 
cognitio extra ordinem. Conosciamo l’editto grazie ai commenti che sono stati fatti riguardo esso, il 
commento all’editto del pretore, il commento all’editto provinciale e il commento all’editto degli 
edili cururi. Il legame tra giurisprudenza ed editto del pretore, costituisce l’altra parte della 
medaglia, il diritto romano prima della compilazione era un diritto marciante, che si basava sulla 
casistica e lo stesso valeva per l’editto del pretore: i cittadini si rivolgono ad esso con un problema 
giuridico ed egli di comune accordo con le parti suggerisce la soluzione processuale migliore per 
regolamentare un rapporto.  
L’editto è un atto giuridico connesso ad un potere esercitato da tutti i magistrati dotati di ius 
edicendi, generalmente dato a tutti i magistrati con imperium, quindi lo avrebbe anche il console 
che però non esercita direttamente tale potere. Troviamo il pretore urbano e peregrino, il primo 
istituito nel 367, attraverso le leggi Licinie-Sestie, e il secondo nel 242, originariamente davanti al 
pretore urbano si instauravano procedimenti secondo quanto era scritto nelle legis actionae delle 
dodici tavole, era un processo rigido che non poteva essere modificato, erano azioni formali che 
prevedevano la pronuncia di alcune parole per essere sviluppate e pertanto vi era anche il problema 
che se i soggetti si sbagliavano ad esprimere tali parole si perdeva automaticamente la causa perché 
l’azione non era validamente esercitata. Gaio, nel 2 secolo d.C., quando questo processo è 
tramontato, almeno nell’uso, ci dice che questo formalismo estremo era percepito come inutile, 
venne in odio ai cittadini, dato che nel frattempo esisteva anche il processo regolato dalle formule 
contemplate all’interno dell’editto del pretore peregrino, il quale era originariamente colui che 
presiedeva ai rapporti tra stranieri che avessero commerciato a Roma e cittadini romani, che 
avessero avuto relazioni commerciali, mentre i cittadini romani di norma usavano l’altro. Il 
processo per formulas nel 2 secolo d.C. è prevalente e i romani pretendono di poter scegliere la 
modalità di processo che preferiscono. L’editto è prerogativa del pretore ma anche degli edili cururi, 
magistrati dotati di potestas, che hanno il diritto di emanare il loro editto nei limiti della loro 
competenza, della cura della città, dei mercati, dei rapporti commerciali che si sviluppano 
all’interno della civitas. L’editto viene emanato una volta l’anno, quando entra in carica il 
magistrato dotato di ius edicendi, questo atto promette una serie di tutele cioè elenca tutte le azioni e 
difese che i cittadini potranno richiedere al magistrato per difendere il loro diritto. Si emana una 
volta l’anno fino al 67 a.C. quando questo può essere integrato anche durante l’anno di carica del 
magistrato con degli edicta repentina, cioè editti immediati che servono per regolare situazioni 
giuridiche soggettive che siano sfuggite alla prima emanazione dell’editto; si chiedeva la 
predisposizione di una nuova tutela e  poteva essere concessa dal pretore o dagli edili cururi per 
regolamentare il rapporto tra le parti, così il diritto romano si manteneva aggiornato alle esigenze 
che via via si ponevano. Il sistema rigido dello ius civile arcaico, veniva integrato e perfezionato 
dallo ius honorarium (derivato dall’honor di rivestire una carica magistratuale), diritto prodotto dai 
magistrati. 
Quando fonti successive ci descrivono il ruolo dello ius honorarium rispetto allo ius civile, ci 
dicono che il primo ha la funzione di supplire lo ius civile, dato che per il forte formalismo alcune 
strutture potevano essere disfunzionali agli scopi concreti di regolamentazione che avevano rispetto 
alle situazioni di tutti i giorni, correggerne le asperità, dare soluzioni eque laddove il diritto arcaico 
dava soluzioni lontane, contrarie al diffuso senso di equità. Il diritto onorario è anche quello dei 
traffici, dato che quello arcaico non è adatto a regolare i rapporti in una civitas che può allargare gli 
orizzonti commerciali sul Mediterraneo. Emerge il problema della lingua, in un processo formale e 
solenne la tutela dei diritti era rimessa alla conoscenza del latino arcaico per poter esprimere le 
formule, ma all’epoca ormai tale lingua stava decadendo ed era comunque sconosciuta agli 
stranieri. Tutto il diritto che viene creato per regolamentare rapporti commerciali con gli stranieri 
sta nello ius honorarium e si regola attraverso le leggi emanate dal pretore. Ad un certo momento si 
sviluppò la prassi di riprendere l’editto del pretore precedente ogni anno, integrandolo con nuove 
formule la cui esigenza si era palesata nell’anno precedente; si riproponeva ed era emendato in 
qualche parte, tale fenomeno si ricorda con il nome di editto tralatizio, cioè che si ripropone sempre 
uguale con aggiornamento nei diversi anni, viene rafforzato quando nel 67 d.C. viene vietata la 
prassi degli edicta repentina: dal 67 d.C. non si possono più intervenire, né il pretore, né gli edili, 
durante l’anno di carica, questa riforma è tesa ad ottenere una maggiore certezza del diritto. Questa 
è la fase di spegnimento dell’innovatività che aveva permesso al diritto di essere sempre al passo 
con i tempi per 4 secoli della sua storia, tale stabilizzazione si compie tra 1 secolo d.C. e 2 secolo 
d.C., quando avviene l’evento conclusivo di questa storia cioè la codificazione dell’editto perpetuo 
ad opera di Salvio Giuliano, su incarico dell’imperatore Adriano nel 131 d.C. stabilisce cosa 
dell’editto del pretore sta dentro o fuori e stabilisce con una costituzione imperiale che a tale editto 
codificato debbano essere conformati anche tutti gli editti dei governatori provinciali, che prima 
potevano emanare il loro editto per la loro provincia. Tale codificazione è fondamentale perché si 
stabilizza il suo testo e il diritto processuale romano legato al processo per formulas rimane quello 
contemplato li, salvo che non sia una costituzione imperiale a innovare qualcosa. Si passa dal diritto 
romano che si aggiornava con l’editto del pretore e attraverso la giurisprudenza, al diritto romano 
imperiale aggiornato attraverso l’opera dell’imperatore stesso delle costituzioni imperiali, ad opera 
delle cancellerie imperiali. 
*Una precisazione rispetto a ciò: la legge pubblica, comiziale, sta su un altro piano, cioè quello del 
diritto pubblico, ed in via eccezionale vi sono alcune leggi che disciplinano materie di diritto 
privato, mentre quest’ultimo veniva coltivato attraverso editti e giurisprudenza; le costituzioni 
imperiali invece regolano entrambe le macro-aree.  
 
La giurisprudenza ha origini arcaiche di tipo pontificale, alla fine del 4 secolo inizia un processo di 
laicizzazione che prosegue nel secolo successivo. Nel 3 secolo a.C. ci sono due eventi fondamentali 
in tale prospettiva della laicizzazione. Nel 254 a.C. Tiberio Coruncanio inizia a fare una cosa 
rivoluzionaria, dando i responsi pontificali in pubblico, spiegando davanti a un auditorium perché si 
è applicata una determinata soluzione giuridica per regolamentare un caso concreto a partire 
dell’interpretazione delle 12 tavole, ma costruendo anche precetti nuovi. Non è interpretazione del 
diritto come intendiamo oggi, ma è combinazione dì schemi giuridici preesistenti anche per creare 
nuovi istituti, c’è più possibilità di sfruttare la creatività. 
• Un padre che vende il figlio tre volte perde la potestà su di esso: vi sono diverse 
interpretazioni, che fondano istituti non contemplati nelle 12 tavole ma fondamentali 
1. Emancipazione, che si può ottenere vendendo il figlio fittiziamente per tre volte, così che 
possa costituire un nuovo nucleo familiare e vivere la sua vita 
2. Quando è emancipato chiunque lo può adottare, dato che il padre perde la potestà su di lui, 
affermando che è suo figlio davanti al pretore, cioè facendo una dichiarazione solenne 
Tiberio Coruncanio da responsi spiegando i meccanismi di interpretazione; l’altro evento 
fondamentale è l’opera di Sesto Elio Peto Cato, la cui opera si colloca a cavallo tra i due secoli 
approssimativamente intorno al suo consolato del 198 a.C. scrisse un opera fondamentale: “I 
Tripertita”, opera divisa in tre parti: nella prima abbiamo un testo aggiornato lessicalmente delle 
dodici tavole per facilitarne l’apprendimento, tesa a dare un supporto ai giuristi e agli studiosi; la 
seconda che contiene l’interpretatio scritta, cioè i nuovi istituti creati con l’interpretatio prudentium, 
il sapere prima chiuso nella stretta cerchia dei sacerdoti che adesso si può leggere; nella terza 
abbiamo il formulazione delle legis actiones aggiornate a tale epoca cioè il formulario delle azioni 
processuali derivanti dall’interpretatio pontificale aggiornato, le azioni derivanti dalla legge delle 12 
tavole. Dopo l’opera di Sesto Elio, fino al 2 secolo d.C. abbiamo una chiara enunciazione dello 
sviluppo del pensiero giurisprudenziale romano, che otteniamo dalla lettura del racconto di 
Pomponio, in cui racconta l’evoluzione progressiva. Dal suo manuale apprendiamo che la prima 
generazione di giuristi laici, che si erano formati grazie a tali eventi è quella del 2 secolo d.C., e si 
riferisce a loro indicandoli come i tre che fondarono il diritto civile, dicendo ciò si riferisce al fatto 
che lo rinnovarono e consolidarono su basi scritte partendo dal metodo casistico che aveva 
contraddistinto la giurisprudenza pontificale, ma ricercando le soluzioni ai casi concreti attraverso 
l’applicazione del metodo logico e dei metodi argomentativi che avevano appreso dalla 
permeazione della filosofia greca a Roma, da cui apprese schemi di ragionamento e argomentazione 
della filosofia applicandoli al suo mondo. Filosofia e diritto sono rispettivamente i risultati più alti 
nell’ambito culturale rispettivamente per i greci e per i romani; questi tre giuristi fondamentali sono 
Publio Mucio Scevola, di cui si ricordano i dieci libri dedicati alla tradizione dello ius civile, Giunio 
Bruto, che scrisse libri per l’interpretazione del diritto civile e Manio Manilio, che si occupò della 
raccolta di responsi su casi concreti e della sistemazione del formulario delle azioni processuali. La 
generazione successiva del 1 secolo a.C. è costituita da Quinto Mucio Scevola (figlio del 
precedente) e da Trebazio Testa, è una fase caratterizzata dall’acquisizione della tecnica di 
ripartizione genere-specie, che è fondamentale per la sistemazione degli ius. Il metodo casistico è 
valido per la pratica ma c’è il problema di come sistematizzare l’elaborazione fatta su casi concreti, 
il metodo genere specie ci permette di incasellare ogni responso nella giusta categoria, rendendo 
intellegibili le opere scritte via via. Delle opere di questi giuristi non ci è giunto molto: Quinto si 
ricorda per diciotto libri dedicati allo ius civile e per il libro delle definizioni che è una grande 
conquista, emerge la necessità di teorizzare una fattispecie generale che viene definita in breve. Ai 
romani non piace teorizzare ma per lo studio servono dei riferimenti fondamentali; dell’opera di 
Trebazio si ricorda un libro de religionibus e uno de iuri cilivi. La successiva generazione fa capo a 
Servio Sulpicio, definito da Cicerone il principe del diritto civile; iniziò a studiare diritto con un 
evento traumatico: apparteneva alla nobilitas, e si presentò ad ascoltare un raduno di giuristi in cui 
si davano pareri in pubblico, alla presenza di Quinto. Egli gli spiegò un parere ma Servio non capì, 
chiese quindi la possibilità di avere un altro parere, in realtà Quinto gli diede uno schiaffo, dicendo 
che era indecente che un nobile non fosse in grado di comprendere il diritto. Si mise a studiare 
diritto come allievo di Aquilio Gallo (della generazione di Quinto), che individuò i rimedi generali 
contro il dolo, schemi generali tutela contro il dolo. Produce 180 libri di ius civile, improntati allo 
schema definizione, classificazione con le classi di genere e specie e trattazione dei casi concreti 
con l’utilizzo delle categorie dell’argomentazione logica greca. In questo momento la 
giurisprudenza romana ha completato la laicizzazione.  
Il potere dell’interpretatio, prima nelle mani dei pontefici, è stato ereditato dalla nobilitas (classe 
mista) sono le personalità dedite all’economia dei latifondi (patrizi), coltivati da manodopera degli 
schiavi costituendo forme di imprenditorialità produttiva, mentre le elite provinciali erano dedite ai 
grandi commerci che spesso non esercitavano in prima persona. Erano soggetti che si mantenevano