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Legislazione in materia di parchi naturali

Il primo parco istituito fu Yellowstone nel 1872, comprendente una superficie di 900.000 ettari (superficie delle Marche). Nasce per conservare un territorio, con tutte le sue caratteristiche ambientali, per le future generazioni e consentire la fruizione, la conoscenza e l’apprezzamento di questi territori.
Molta più difficoltà c’è stata in Europa, per la questione dello spazio, per la demografia legata a forme di sviluppo industriale (l’occupazione del territorio è diversa).
Il primo parco europeo è nato in Svezia nel 1909, in quanto ci troviamo in una situazione territoriale meno carica.
Il concetto base della conservazione si porta dietro il termine “vincolo”, che indica i limiti all’uso del territorio. In Europa nasce comunque una politica ispirata al modello di Yellowstone, seppure con problematiche e limitazioni diverse.
In Italia, dopo la Grande Guerra, nascono il Parco Nazionale del Gran Paradiso (1922) e il Parco Nazionale d’Abruzzo (1923), riguardanti aree marginali rispetto alle zone di sviluppo e sono aree dove c’è una tradizione di utilizzo venatorio del territorio da parte della famiglia reale.
Il Parco del Circeo (3000 ettari – 1934) nasce come realtà finta a seguito di un’operazione di bonifica dei territori paludosi dell’area Pontina durante il regime fascista; a livello di biodiversità è stato un disastro.
Il Parco Nazionale dello Stelvio (1935), localizzato tra Lombardia e Trentino, è anch’esso un’area marginale.
Il Parco Nazionale della Calabria (1968) viene istituito con una legge, però di fatto non nasce mai.

Questi sono i 5 parchi nazionali storici, che nascono da scelte puntuali, come parchi isola, cioè una realtà isolata e puntuale collocata sul territorio.
Il concetto di Parco:

  • Area naturale da proteggere (isola)
  • Area naturale da gestire (territorio)
Questo salto di concezione è avvenuto grazie alle provincie di Trento e Bolzano, che hanno introdotto una lettura puntuale del territorio. il concetto di Parco come territorio è nato, quindi, attraverso un percorso che ha coinvolto una serie di amministrazioni provinciali e regionali, che prendono coscienza della situazione dei loro territori.
La prima è stata la provincia di Trento con il Piano Provinciale del 1967, nel quale si inizia a parlare di Parco integrato con il territorio. La provincia di Bolzano legge le aree protette come elementi di tutela del paesaggio (1970).
La prima vera rivoluzione avviene con la regione Lombardia (1973), che approva la legge “Istituzione dei Parchi e delle Riserve naturali Regionali”. Tutte le leggi regionali dovevano essere sottoposte alla supervisione dello stato e il governo boccia la legge, in quanto la materia dei parchi non era di competenza regionale. La Lombardia ha dimostrato allo stato che aveva torto perché i parchi sono “Territorio”. Questa legge prevedeva che le aree protette fossero istituite secondo una procedura che mettesse in evidenza le conoscenze del territorio:
  1. Pianificazione dei Parchi: vado a rilevare le aree potenzialmente destinabili a Parco.
  2. Provvedimenti Istitutivi: istituisco le aree, individuate al punto precedente, con ogni singolo provvedimento.
  3. Pianificazione puntuale: una volta istituito il Parco, inizio a fare i Piani del Parco.
La regione Lombardia ha saltato il primo punto.
Il Piemonte, nel 1975, approva la legge dei Parchi seguendo lo schema precedente. In Piemonte si parla di sistema dei Parchi, che è integrato rispetto al sistema regionale.
La regione Toscana (1975) ha deciso di istituire subito i Parchi regionali (sono 3: Maremma, Migliarino e San Mossone e Apuana), il che ha portato ad un risultato diverso.
La Puglia (1977) ha fatto finta.
La regione Liguria (1977) ha invertito i punti 2 e 3, cosa che non ha funzionato perché se prima il Piano e poi istituisco il parco, si inizia a leggere il territorio in maniera diversa e non si giunge mai ad una conclusione.
In Italia ci sono 800 aree protette, che costituiscono il 10 % di tutto il territorio nazionale.

Strumenti di pianificazione a livello regionale

  • Piano dei Parchi
  • PTR, PTP
  • Piano d’Area: strumento di pianificazione di ogni singolo parco.
  • Piano naturalistico
  • Piano di assestamento forestale.
Dopo che tutte le regioni si sono mosse, nel 1967 c’è stata una proposta a livello nazionale, approvata nel 1991 proprio perché mancava l’approccio in questa materia (c’era ancora il concetto di parco isola). Nel 1991 viene, quindi, approvata la Legge Quadro 394/1991, che rappresenta il primo passo verso il “Sistema nazionale delle aree protette” e prevede 3 passi analoghi a quelli regionali:
  • Carta della Natura: non è stata ancora approvata.
  • Istituzione
  • Pianificazione di ogni singolo Parco.
Non avendo la Carta della Natura si è venuto a creare un diaframma tra la realtà nazionale e le realtà regionali. Oggi abbiamo 23 Parchi Nazionali, che sono trattati come elementi a se stanti, quindi è un “Sistema delle aree protette nazionali”.
Tutte le regioni si sono poi adeguate alla 394/91.

Legge Quadro sulle Aree protette 394/1991

Classificazione delle aree protette. Le regioni hanno inventato una serie di tipologie di aree protette.
La legge indica 4 tipi di classificazione possibile:
  1. Parchi Nazionali: interesse tale da richiedere l’intervento dello stato.
  2. Parchi naturali regionali: non si capisce bene la differenza tra i due livelli di competenza, differenza che scompare nell’applicazione.
  3. Riserve naturali statali.
  4. Riserve naturali regionali.
Le regioni possono prevedere parchi gestiti dalle province.

Carta della Natura

È uno strumento di lettura complessivo dello stato dell’ambiente nazionale per comprendere i contributi dal punto di vista naturalistico, di tutela e i profili di vulnerabilità territoriale. Consente di avere un quadro che orienta le politiche di difesa e di conservazione del territorio stesso. La legge 394/91 parte proprio da questo concetto per poi sviluppare politiche sul territorio.

Art. 6. misure di salvaguardia

Norme di carattere generale adattabili a tutto il territorio, al fine di evitare che ci siano interventi significativi; mantengono il territorio in quello stato, in modo da evitare eventuali forme di degrado.

Art. 7. misure di incentivazione

Per i Comuni o le Province, il cui territorio è compreso in un Parco Nazionale o Regionale, sono previsti incentivi dell’Unione Europea.

La Carta della Natura è un’operazione tutt’ora in corso e deve poi essere approvato a livello nazionale. La legge si divide in Titoli: il Titolo I è legato alla Carta della Natura, il Titolo II alle Aree Protette Nazionali, il Titolo III alle Aree Protette Regionali e il Titolo IV alle Disposizioni finali e transitorie.

Titolo II – Aree naturali protette nazionali

Il soggetto gestore per i Parchi Nazionali è individuato sempre in un Ente Parco che ha il compito di gestire tutta la parte amministrativa. Ci sono 5 organi:
  1. il Presidente;
  2. il Consiglio direttivo;
  3. la Giunta esecutiva;
  4. il Collegio dei revisori dei conti;
  5. la Comunità del parco.
Il Presidente è nominato con decreto del Ministro dell’Ambiente, d’intesa con i presidenti delle regioni. Ha la legale rappresentanza dell’Ente, coordina le attività ed esplica tutte le funzioni che il consiglio direttivo dovesse delegargli.
Il Consiglio direttivo è formato da 12 componenti nominati dalla regione e sono scelti tra persone altamente qualificate:
  • 5 sono su designazione della Comunità del parco;
  • 2 su designazione delle associazioni di protezione ambientale (Legambiente, W.W.F., Pronatura, ecc…) individuate dalla legge 349/1986;
  • 2 su designazione dell’Accademia nazionale dei Lincei, della Società botanica italiana, dell’Unione zoologica italiana, del CNR, e delle Università degli studi che abbiano sede in una provincia dove ricade il parco;
  • 1 su designazione del Ministero dell’Agricoltura e delle Foreste (residuo di una vecchia politica, infatti prima del 1986 non esisteva il Ministero dell’Ambiente);
  • 2 su designazione del Ministero dell’Ambiente.
Una volta istituiti questi due organi si inizia a costruire l’Ente. Il Consiglio direttivo e il Presidente eleggono il vicepresidente (tra i soggetti designati dalla Comunità del parco) e la Giunta esecutiva formata da 5 componenti più il Presidente.
Il Consiglio direttivo delibera in merito a tutte le decisioni finanziarie, ai regolamenti, e agli strumenti di pianificazione ed esprime un parere sul piano pluriennale economico-sociale (che però è di competenza della Comunità del parco.
Il Collegio dei revisori dei conti esercita il riscontro contabile sugli atti dell’Ente, è nominato con decreto del Ministro del tesoro ed è formato da 3 componenti. Controlla il bilancio primitivo, consultivo e poi di assestamento, tramite i quali riesce a capire se ci sono risorse spostabili.
La Comunità del parco è costituita dai presidenti delle regioni, dai presidenti delle province, dai sindaci dei comuni e dai presidenti delle comunità montane. La Comunità del parco è quindi fatto da soggetti eletti che rappresentano il territorio e la volontà degli elettori e delibera il programma pluriennale economico-sociale, che è il programma politico, degli obiettivi.
In teoria si dovrebbe fare prima il Programma economico-sociale e poi il Piano del parco, ma in relatà questo non avviene mai.
C’è un ulteriore soggetto importante che è il Direttore del parco, figura tecnica, nominata con decreto del Ministero dell’ambiente (tramite concorso), scelto fra 3 candidati nominati dal Consiglio direttivo. Deve essere un manager dell’ambiente, saper mettere insieme tutti gli aspetti.
Tutti questi organi durano 5 anni, con eccezione della Comunità del parco, la cui durata dipende dalla durata della carica dei partecipanti.
Sarebbe logico avere prima la Carta della Natura, istituire i parchi e farli funzionare, dopodiché c’è pianificazione puntuale che è fatta da 2 strumenti di pianificazione: il Piano del parco e il Programma economico sociale.

Art. 11. regolamento del parco

Disciplina l’esercizio delle attività consentite all’interno del territorio del parco ed è di competenza dell’Ente parco. Viene fatto contestualmente per l’approvazione del Piano del parco. Disciplina la modalità e tipologia di costruzione delle opere, lo svolgimento delle attività commerciali, artigianali, il soggiorno e la circolazione del pubblico, gli interventi per i giovani.
Questo strumento mischia i comportamenti con i temi per la gestione del territorio e nasce in questo modo perché, evidentemente, c’era una certa corrente di architetti che leggeva il regolamento come un regolamento edilizio e, dall’altra parte, c’era una parte di ambientalisti che privilegiava l’aspetto comportamentale.
Comma 2-bis: il regolamento valorizza gli usi e i costumi tradizionali della popolazione locale (ulteriore mescolanza tra due strumenti).
Vieta, inoltre, l’introduzione di specie estranee nel parco, vieta le cave, la variazione del regime delle acque, l’alterazione dei cicli biogeochimici e ogni forma di pubblicità e la raccolta di vegetali e favorisce la protezione della flora e della fauna.
Per la gestione faunistica si possono prevedere eventuali prelievi e abbattimenti selettivi per mantenere l’equilibrio ecologico. Il Regolamento del parco è approvato dal Ministero dell’ambiente ed è adottato dal parco.

Art. 12. il piano per il parco

Il Piano per il parco ha l’obiettivo di tutelare i valori naturali, è lo strumento di cui si dota l’Ente di gestione per gestire al meglio il parco e il territorio.
È  prevista una zonazione per l’individuazione di aree ad uno diverso. Le zone di maggiore tutela sono quelle dove l’ambiente naturale mantiene la sua integrità (zona A). Della zona B fanno parte le aree antropiche che possono essere mantenute, sono ad alta tutela e sono consentite le attività tradizionali. Nella zona C rientrano le aree nelle quali si praticano usi e metodi di agricoltura biologica e le attività agro-silvopastorali. Le zone D sono abitate, sono adibite al miglioramento della collettività locale e sono possibili attività compatibili con l’istituzione del parco.
Il Piano è predisposto dall’Ente parco. La Comunità del parco partecipa, dà linee politiche ed esprime il proprio parere. Il piano viene elaborato, portato in consiglio, che lo consegna alla regione, la quale fa l’adozione innescando la salvaguardia (non si può applicarlo, né violarlo). Dopodiché la regione approva il piano, dunque l’Ente parco ha avuto la sola funzione di elaborazione.
Una volta approvato, il Piano del parco sostituisce ad ogni livello i piani paesistici, i piani territoriali o urbanistici e ogni altro strumento di pianificazione.

Art. 14 – 15. programma economico-sociale

Province, comuni e comunità montane predispongono uno strumento che dà indicazioni sulla realtà economica del parco.
La Comunità del parco deve predisporre linee e indirizzi politici per il territorio. La Comunità del parco elabora il programma e la regione lo approva. È importante che questi strumenti vengano tra loro coordinati per fare in modo che non siano in contrasto tra loro.

Titolo III – Aree naturali protette regionali

Le aree protette regionali nascono con una legge. Per la gestione possono essere istituiti enti di diritto pubblico o consorzi obbligatori.

Art. 25. strumenti di attuazione

Gli strumenti di attuazione sono il piano del parco e il programma economico-sociale.
Le norme del regolamento si applicano anche ai parchi regionali.
Le aree contigue sono aree che possono essere previste nel contorno del parco e servono da cuscinetto e connessione col territorio circostante. In queste aree è consentita l’attività venatoria, però riservata ai residenti.

Art. 30. sanzioni

Sono tutte sanzioni penali.

Tratto da PIANIFICAZIONE AMBIENTALE di Marco Cavagnero
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