Brevi appunti sull'introduzione al postcolonialismo, anno accademico 2011/2012. 
Argomenti affrontati:
• definizione di postcolonialismo 
• cenni al saggio di Robert Young  
• storia e potere dal basso verso l’alto 
                            
                                Introduzione al
Postcolonialismo
Appunti di Marianna Tesoriero
Università degli Studi di Messina
Facoltà di Scienze della Comunicazione
Corso di Laurea in Scienze della Comunicazione
Esame di Pedagogia Interculturale
Docente: Prof. Panarello
Anno Accademico 2011/2012 
Il postcolonialismo si sviluppa a partire dai primi anni 80 e si pone l'obiettivo di cambiare i 
modi dominanti di pensare i rapporti tra mondo occidentale e non occidentale, cercando di 
rovesciare l'immagine del mondo guardando oltre, cercando di capire come sia diversa la 
percezione del mondo dei soggetti non occidentali, da sempre prima formalmente poi 
informalmente posti sotto il dominio del modello "ideale" bianco,occidentale. Il 
postcolonialismo propone di offrire una visione del mondo differente, rivendica il diritto di 
tutti i popoli ad avere lo stesso benessere materiale e culturale contro una realtà che ad oggi 
appare pregna di ineguaglianza in cui gran parte dell'ingiustizia procede lungo la linea 
separatrice nettamente tracciata nel tempo dell'espansione degli imperi europei del 19
°
secolo. Il dominio coloniale fu legittimato dalle teorie antropologiche sostenendo quanto 
bisogno della tutela paternalistica occidentale potessero avere bisogno quelle zone inferiori 
ed incapaci. La base di queste teorie partiva dal concetto di razza, bianca e non-bianca, quella 
bianca ovviamente forniva le caratteristiche ideali di civiltà. Solo nel 20à secolo le società 
colonizzate hanno in qualche modo trionfato sul dominio coloniale, ma si tratta di un trionfo 
relativo, in quanto il dominio dall'essere diretto ad oggi si tramuta in forma indiretta in 
quanto l'indipendenza reale quegli imperialisti non gliel'hanno mai data, il controllo sulle 
colonie si perpetua e i rapporti di potere internazionali non hanno mai subito sostanziali 
cambiamenti; i governi decisi a ribellarsi a tali imposizioni e violenze indirette sono stati 
vittime di pesanti rappresaglie militari. 
Si pensa che il cambiamento in atto nelle nostre società motiva anche dalla richiesta di forza 
lavoro nella grande potenza economica occidentale abbia favorito la mobilitazione degli 
immigrati, ciò avrebbe permesso la sfumatura della linea divisoria. Per certi versi la 
supremazia indiscussa della cultura occidentale si è dissolta in un sistema più aperto e più 
tollerante alle differenza. 
Postcolonialismo sta dunque ad indicare una prospettiva politica e una filosofia attiva e 
operativa finalizzata alla denuncia e alla contestazione di tali squilibri proseguendo con forme 
nuove le lotte anticolonialiste. Rivendica il diritto ad accedere alle risorse strategiche e al 
conseguimento del proprio benessere materiale, ma tratta anche il potere dinamico delle 
culture che ad oggi subentrano nelle società occidentali. I suoi contenuti ed obiettivi sono 
pertanto antielitari e tendono a rivalutare le capacità della gente comune, il postcolonialismo 
si propone come la voce politica dei subalterni, delle classi sociali e dei popoli oppressi. La 
teoria postcoloniale non è una teoria scientifica comprende piuttosto un insieme di 
prospettive interrelate. Si propone di cambiare il modo di pensare della gente occidentale 
attraverso l'inserimento di saperi alternativi. Il tutto per dare vita ad un rapporto più giusto ed 
egualitario tra le diverse popolazioni del mondo. 
Presenta alcune analogie col femminismo poiché s1 muove da più parti per evitare ed 
annullare le disuguaglianze presenti nel mondo. 
L'autore, Robert Y oung ci invita ad immedesimarci nella condizione di rifugiati, dislocati, 
sradicati e traslati che vivono in Afghanistan, in Pakistan, in Palestina, dove la gente è 
costretta con la forza ad abbandonare i propri luoghi, a fuggire da fame, guerra, si diventa 
così mobili, mobilizzanti ma fondamentalmente nulla fluisce, la loro vita si è fermata, è stata 
spezzata, la dolce monotona stabilità familiare di ogni giorno e dell'esistenza sociale locale 
che avevano conosciuto ormai non esiste. I bambini sono costretti a rincorrere un sapere 
situato oltre le rovine dei campi profughi, perché incursioni militari sono ancora frequenti. 
Sono tutti vittime della violenta destrutturazione del capitalismo. Gli si prospetta un mondo al 
quale ci si cerca di adattarsi cercando di mantenere le forme più riconoscibili della propria 
identità, ormai divenuta fragile, incerta. Agli occhi del mondo si diventa come oggetti e nel 
frattempo i politici di tutto il mondo lottano affinché voi non entriate nei loro paesi, ve ne 
restiate li a soffrirne. Siete gli intrusi, rifugiati, dislocati, sapete cosa?! Voi il crogiuolo 
postcoloniale lo alimentate. Siete la popolazione del terzo mondo. Un tempo il mondo era 
diviso secondo i due principali sistemi politici: capitalismo e socialismo rispettivamente 
primo e secondo mondo, il terzo era rappresentato dalle nazioni indipendenti, le ex colonie, 
non allineate. Per queste nazioni si profilava un ipotetico sviluppo indipendente dalla forza 
dell'occidente che però non avvenne e così ecco che il terzo mondo va a delineare le 
caratteristiche di oggi, sottosviluppo, povertà, instabilità, carestia. 
Per i postcolonialisti tuttavia terzo mondo e tricontinente restano termini importanti perché 
suggeriscono l'idea di una cultura, di un sapere e di un'epistemologia alternative, propone 
inoltre di sollecitare le diverse forme di conoscenza occidentali accademiche ed extra 
accademiche alla rivalutazione di prospettive meno etnocentriche e più subalterni, quei saperi 
che vengono direttamente dai dannati della terra. Greci? Latini? E dei saperi arabi che ne 
dite? 
Un punto di partenza può essere un cambio di consapevolezza che la prospettiva da cui 
osservare è quella che parte dal basso. 
Nel trattare circa le relazioni tra Occidente e Terzo mondo è importante parlare di traduttori, 
ne ricordiamo in particolare 3 dalla Giamaica, dalla Sierra leone e dal Dahomey ecco che 
arrivano Marcus, George e Prince, il primo tradusse la retorica anticolonialista nel linguaggio 
dei diritti civili e del Black Power, Prince fu presidente della lega per la difesa della razza 
nera fondata da lui stesso a Parigi, giunti ad Harlem per intervenire all'assemblea dell'UNIA. 
Tali erano traduttori culturali attivi andati in occidente con l'obiettivo di costruire reti 
interculturali di attivismo e solidarietà trasnazionali. Siamo negli anni 20. 
Negli stessi anni Baghdad e Iraq vengono quotidianamente bombardate. Regno Unito e 
America non hanno mai smesso di minacciare. Vogliono il petrolio. La Gran Bretagna 
utilizzò la propria aviazione RAF per volare a bassa quota, fotografare e studiare i territori, 
centimetro per centimetro, loro conoscono ogni parte. I villaggi interni vengo sterminati, i gas 
mutilanti vengono gettati, si muori, si uccide. L'orgoglio iracheno di contro, è forte, e non si 
lascia intimidire, seppur è dura, l'azione violenta e di minaccia delle forze occidentali. Ma 
quale indipendenza di Siria, Palestina e Libano, Britannici e Francesi controllavano ancora i 
territori rivolgendosi alla lega delle Nazioni che concedeva mandati che legittimassero i 
colpi. 
1955, Suez, i britannici furono sconfitti dagli hashemiti. Cambiò qualcosa? No, loro 
continuavano ad avere il petrolio che volevano. Ora dicono che noi siamo la minaccia, ma 
vogliamo parlare di loro? Tre raid aerei al giorno, mi sembrano più che una giustificazione. 
Ci hanno uccisi per decenni, dicono, bomba dopo bomba. Il problema è che Loro, gli iracheni 
non sono mai stati una preda facile e siamo disposti a farci bombardare per l'eternità 
piuttosto. Dal 1920 ad oggi la questione rimane la medesima. La RAF non dà scampo. 
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