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Roman Jakobson : "Linguistica e poetica"


Le prime teorie letterarie antimimetiche si ispirano agli studi di De Saussure e Peirce. Saussure diceva che l'idea dell'arbitrarietà del segno implica la relativa autonomia della lingua rispetto alla realtà, e presupponeva che la significazione fosse differenziale (cioè risultante dal rapporto tra i segni) e non referenziale (derivante dal rapporto tra parole e cose); Peirce parla della rottura tra il segno e il suo oggetto. Entrambi, nella interpretazione data dalla teoria letteraria, dicono che non esiste referente al di fuori del linguaggio, che dipende dalla interpretazione.
Arriva poi Jakobson e il suo articolo Linguistica e poetica, letto dai teorici alla luce delle premesse di Saussure e Peirce.
Jakobson distingueva nel modello linguistico sei fattori comunicativi:
- destinatore
- messaggio
- destinatario
- contesto
- codice
- contatto
e sei funzioni lingustiche. Di queste sei funzioni linguistiche noi ci interesseremo a quelle funzionali al nostro discorso:

- funzione referenziale (legata al contesto)
- funzione poetica (legata al messaggio)
Jakobson osserva che la funzione poetica in letteratura è dominante rispetto alle altre, prevalendo anche sulla funzione referenziale. In letteratura l'accento va insomma sul messaggio.
La teoria di Jakobson ha molti buchi, come fa notare Nicolas Ruwet nel 1963 nel suo Roman Jakobson, “Linguistica e poetica” venticinque anni dopo. Anzitutto per la mancanza di definizione del termine messaggio, e quindi della mancanza di definizione di funzione poetica: intendeva parlare di una enfasi sulla forma o sul contenuto del mesaggio? Jakobson si guarda bene dal dirlo, ma nonostant ciò si è deciso arbitrariamente di considerare valida l'ipotesi uno: è una enfasi sulla forma.
Dopo Jakobson arriva Levi – Strauss, che dà un'altra spallata all'elemento realtà. Fornisce un modello all'antropologia e alle scienze umane in generale, basato sulla lingustica strutturale e in particolare sulla fonologia. Su questa base l'analisi del mito, poi del racconto, a sua volta sul modello del mito, ha portato a porre la maggiore attenzione sulla narrazione (cioè sulla pure enunciazione) e di qui allo sviluppo della narratologia francese, che puntava la sua attenzione sulle proprietà strutturali del linguaggio letterario, sulla sintassi delle sue strutture narrative e NON sulla semantica, sulla rappresentazione del reale e sulla descrizione.
Sulla scia di Levi – Strauss giunge Barthes, che nel fondamentale articolo Introduzione all'analisi strutturale dei racconti, testo chiave della narratologia francese, esclude completamente la referenza, considerandola assolutamente accessoria in letteratura.
La funzione del racconto non è di rappresentare, ma di costituire uno spettacolo che continua a sembrarci molto enigmatico, ma che non è di certo di ordine mimetico [...] ciò che succede in un racconto, da un punto di vista referenziale (reale), è alla lettera: niente, ciò che avviene è unicamente il linguaggio, l'avventura del linguaggio, la cui venuta non smette mai di essere festeggiata.
Per giustificare questa posizione, egli cita in nota Stephane Mallarmè, dicendo che il linguaggio si sostituisce al reale, come se ce ne volesse uno comunque. E infatti, a meno che non si riduca tutto il linguaggio alle onomatopee, in che senso esso può copiare? Tutto ciò che può imitare, è il linguaggio: sembra evidente.

Tratto da TEORIA DELLA LETTERATURA di Gherardo Fabretti
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