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Perché Atene non accetta la proposta di pace spartana?

Perché Atene non accetta la proposta di pace spartana? 

Oltre al carattere nazionale degli Ateniesi, gente che, in base alle parole dei Corinzi, non si accontenta mai, è possibile fornire una spiegazione più razionale: dal punto di vista Ateniese, questa pace di compromesso lascerebbe intatte le forze militari spartane. Da questo accordo, infatti, Sparta non ne uscirebbe per niente indebolita ⇒ la pace si fonderebbe solamente sulle buone intenzioni spartane e basta. D’altra parte, invece, se Atene continua la guerra e vince, metterebbe Sparta in una posizione talmente inferiore che le sue intenzioni non sarebbero più così importanti ⇒ la contrapposizione davanti ad Atene è tra intenzioni e mezzi. La proposta spartana è un obiettivo minimo, a cui gli Ateniesi possono sempre ricorrere finché gli spartiati sono prigionieri sull’isola. 
Tuttavia, gli Ateniesi che assediano l’isola incontrano difficoltà logistiche, che mettono il difficoltà tali operazioni (cap.26, non solo per la scarsità di vettovaglie, ma principalmente d’acqua), tanto che alla fine ad Atene i resoconti sullo stato di sofferenza delle truppe e la notizia che ogni genere di conforto era introdotto per via mare nell’isola, diffondevano imbarazzo e timore (cap.27) ⇒ Atene si pentiva di non aver stipulato l’accordo (cap.27) ⇒ il popolo ateniese se la prende con Cleone, colui che aveva suggerito un comportamento così intransigente, il quale, a sua volta, se la prende con gli strateghi, in particolare con Nicia. Questi, allora, gli risponde, cedendogli il comando della spedizione ⇒ Cleone si accorge di essere stato messo in trappola, ma non può tirarsi indietro ⇒ fa buon viso a cattivo gioco e si impegnò… nel termine di venti giorni, a trascinare vivi gli Spartani davanti a loro o ad annientarli sul posto (cap.28). Tucidide considera queste parole sventate e presuntuose promesse (cap.28).
Anche questa situazione si risolve in modo paradossale: Cleone, pur non essendo di certo un capo, e tanto meno uno stratega, promette di risolvere in fretta quella situazione, nella quale i generali avevano fallito prima di lui. Eppure, paradossalmente, la promessa di Cleone, per quanto avventata, era adempiuta: nel giro di venti giorni, come aveva assicurato, per opera sua i prigionieri si trovavano in Atene (cap.39). 
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Gli Spartani si sono arresi agli Ateniesi e tutta la Grecia stenta a crederlo (cap.40, dai Greci questo fu considerato l’episodio più stupefacente di tutta la guerra). Oltre alle ripercussioni in tutta la Grecia, l’episodio ha ovvie ripercussioni psicologiche sugli stessi Spartani, prima ancora delle serie conseguenza militari dell’accaduto, ora che anche gli Iloti disertavano ⇒ Sparta viveva ore drammatiche (cap.41) ⇒ si risolsero… ad inviare ambasciatori ad Atene tentando di riavere Pilo e i propri uomini, ma ancora una volta Atene ambisce a qualcosa di più, le aspirazioni ateniesi si slanciavano più alte ⇒ dopo frequenti contatti gli ambasciatori furono liquidati con un infruttuoso congedo (cap.41). 
Certamente, l’episodio di Pilo costringe gli Spartani ad un mutamento di atteggiamento, perché: 
− gli spartiati che erano sull’isola, ora sono prigionieri ad Atene, con la promessa ateniese che verranno giustiziati se Sparta invaderà ancora una volta l’Attica (cap.41) ⇒ ora, le operazioni terrestri diventano molto più difficili per gli Spartani; 
− le operazioni navali sono di fatto azzerate, dato che la flotta peloponnesiaca è nelle mani di Atene, che non ha più voluto riconsegnarla. 

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In un colpo solo, l’episodio di Pilo priva Sparta sia dell’arma delle operazioni terrestri, sia della flotta. Dopo questi eventi, nonostante la gloriosa campagna, più diplomatica che militare, di Brasida in Tracia, gli Spartani adottano un atteggiamento molto prudente, evitando di sfruttare fino in fondo le occasioni che si presentano loro, anzi, sfrutteranno gli eventi in Tracia non tanto per vincere la guerra, quanto piuttosto per giungere alla pace. 
Il disastroso episodio di Pilo avviene durante il settimo anno di guerra. Molti critici hanno ritenuto che la principale strategia spartana per vincere la guerra facesse leva soprattutto sulle invasioni dell’Attica. Tuttavia, leggendo attentamente i resoconti militari fatti da Tucidide, ci si rende conto della maggiore complessità della strategia spartana: in questi primi 7 anni di guerra, infatti, Sparta invade l’Attica 5 volte, delle quali solo quella del 427 a.C. mirava a distruggere Atene sul posto; le altre, invece, vengono sempre condotte come operazioni di coordinamento con la flotta (era proprio la presenza della flotta peloponnesiaca nell’Egeo a disturbare gli Ateniesi). Un grande fallimento della strategia spartana è di certo il non aver sfruttato a pieno l’arma-defezione di Mitilene: se la flotta spartana fosse arrivata in tempo a Mitilene per impedire l’assedio ateniese della città, probabilmente il corso della guerra sarebbe cambiato. 
Seguono ulteriori successi ateniesi: 
− spedizione contro il territorio di Corinto (capp. 42-45); 
− a Corcira si assiste alla conclusione della guerra civile, terminata con la distruzione definitiva del partito oligarchico (cap.48): così dal partito popolare furono annientati i Corciresi dei monti (= gli oligarchici esiliati) e tale fu l’esito, almeno per quanto riguarda il periodo di questa guerra, di quell’immenso e sanguinoso tumulto civile ⇒ la posizione di Atene si rafforza, dato che Corcira è saldamente sotto il controllo ateniese; 

− gli ateniesi intercettano un ambasciatore persiano e scoprono che Sparta è in trattative con la Persia, la quale, però, non sembra capire a pieno le intenzioni spartane (cap.50, i loro propositi non gli riuscivano affatto chiari. Si erano susseguite varie missioni diplomatiche, ma nessuna che concordasse con le altre sui punti da trattare). Chiedendo aiuto ai Persiani, inevitabilmente gli Spartani si troveranno nella condizione di dover dar loro qualcosa in cambio ⇒ è in gioco il destino delle città greche della Ionia, premio che però Sparta non può promettere, dal momento che si presenta come il liberatore della Grecia; 

− Chio è costretta a demolire le proprie fortificazioni (cap.51). Insieme a Lesbo, Chio era l’altra isola rimasta autonoma ad Atene, e possedeva anch’essa una flotta considerevole ⇒ Atene disarma l’ultimo alleato autonomo; 

− Atene occupa l’isola di Citera (424 a.C.), con il piano di sfruttarla per future incursioni in territorio spartano ⇒ la strategia ateniese prevedeva di circondare il Peloponneso (Pilo prima, ora Citera). Inoltre, la posizione di Citera era strategicamente utile, in quanto si trovava sulla rotta verso l’Occidente (soprattutto verso la Sicilia). 

L’occupazione di Citera è un ulteriore duro colpo per gli Spartani: vigeva in tutto il paese lo stato di all’erta. Li angustiava il sospetto di un criminoso tentativo di sovversione contro l’ordine politico costituito, dopo il serio e folgorante colpo di Sfacteria, mentre il nemico era padrone di Pilo e di Citeria ⇒ le loro mosse tattiche raddoppiarono in prudenza (cap.55). 
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In questo momento, Atene gode di vantaggi un po’ ovunque: 
− non esiste più la flotta peloponnesiaca in grado di insidiare la supremazia ateniese sui mari; 
− la minaccia di un’invasione terrestre è molto ridotta, data la detenzione degli ostaggi spartiati; 
− a Corcira, la vicenda si è risolta definitivamente con la vittoria del partito democratico ⇒ tutte le operazioni navali condotte dagli Spartani sul “fronte occidentale” non riescono ad avere la meglio su Atene; 
− non esiste un’immediata minaccia di intervento persiano, dato che il re non capisce le vere intenzioni degli Spartani. 

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A questo punto, il corso della guerra dipende dagli obiettivi strategici che Atene vuole darsi, arrivando così a profilare 2 opzioni: 
− una pace negoziata 
oppure 
− la guerra fino ad una resa incondizionata. 

Secondo quanto detto dagli Spartani, Atene dovrebbe agire con moderazione, non continuare a fare affidamento sulla fortuna. Tuttavia, dal punto di vista razionale, una pace di compromesso, dall’ottica ateniese, avrebbe la pesante controindicazione di dipendere dalle promesse della controparte ⇒ una pace di compromesso avrebbe luogo lasciando intatte le forze militari ⇒ l’altra parte è ancora in grado, dal punto di vista militare, di causare gravi danni in futuro. 

Tratto da TEORIA DELLE RELAZIONI INTERNAZIONALI di Elisa Bertacin
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