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Il pensiero del dottore di Ippona, 1506


Una prima riflessione ci porta a rilevare il ruolo che le opere di Agostino hanno svolto con la diffusione della stampa e poi, una seconda, l’impiego che ne hanno fatto i riformatori. Nel 1506 la prima edizione dell’Opera Omnia dà l’avvio per una conoscenza globale del pensiero del dottore di Ippona. Per la prima volta è possibile conoscere lo sviluppo e la variegata complessità della sua storia. Ciò che fino ad allora era noto frammentariamente attraverso singole opere, può ora essere approfondito in modo sistematico lungo l’intero arco della sua immensa produzione letteraria. Si ha così un modo nuovo, storico e insieme critico di leggere gli scritti di Agostino e di coglierne lo spessore filosofico, esegetico e dottrinale. L’esigenza critica è avvertita chiaramente dall’Amerbach, il quale si scusa con i lettori per aver stampato erroneamente tra le opere autentiche di Agostino, alcuni scritti che la fama gli aveva attribuito. Paradossalmente però la genialità dell’editore, che si era gettato anima e corpo nell’impresa fino a rischiare il fallimento, non venne colta e sufficientemente apprezzata. Ne è prova l’impiego fatto dalle opere di Agostino dai riformatori, i quali, pur avendo la possibilità di leggere nella su interezza il pensiero del dottore della grazia, valorizzano ed esaltano l’Agostino delle opere anti pelagiane, che per loro costituisce l’autorità massima tra gli scrittori ecclesiastici antichi. Il rilievo permette di cogliere il limite dei riformatori. Essi non sono in grado di entrare nella ricca personalità dell’Ipponense, quale pensatore e ricercatore infaticabile della verità, quale uomo di fede ed esegeta, quale sacerdote e pastore. I riformatori, ad eccezione di Bucero, non colgono la travagliata ricerca dell’unità della chiesa che è presente negli scritti di Agostino, sollecitata dalla polemica con i donatisti. In lui apprezzano il dottore della controversia pelagiana, appassionatamente impegnato nella difesa della grazia al punto da lasciarsi andare, nel fervore della polemica, a prese di posizioni radicali: sulla grazia, sul servo arbitrio, sulla predestinazione. Tali considerazioni non vanno considerate in assoluto e tanto meno
radicalizzate, ma lette nel contesto più ampio dell’evoluzione del suo pensiero. Appunto la pubblicazione dell’Amerbach nel 1506, e poi quella di Erasmo del 1528-9, dell’intero corpo degli scritti agostiniani in ordine cronologico, offrivano la possibilità, mai presentatasi in 11 secoli di storia, di conoscere lo sviluppo storico del pensiero di Agostino. Di fatto ciò non accadde, e forse non poteva accadere, poiché i tempi non erano ancora maturi. Tuttavia non si avverò anche per una ragione diversa, da attribuire ad Erasmo. L’umanista amava Agostino, ma proponeva Girolamo come modello per la rinascita degli studi teologici. Nel 1516, 10 anni dopo l’edizione di Amerbach, dalla medesima tipografia uscì l’edizione dell’Opera Omnia di Girolamo, definito da Erasmo nella prefazione il princeps theologorum: l’attenzione dei teologi veniva in qualche modo deviata dal dottore di Ipponia. Ma il progetto dell’umanista era ben più vasto e negli anni seguenti cominciò a prendere forma: la pubblicazione dell’opera omnia di molti padri della chiesa ricollocherà Agostino in una posizione più convenzionale e non darà certo la spinta per coglierne in modo più sistematico il pensiero. Va segnalato pure l’impiego che i riformatori fanno delle opere della controversia pelagiana: se ne servono per segnalare la decadenza teologica della tarda scolastica e per polemizzare con la Chiesa di Roma. Essi ritrovano nella passione di Agostino contro i pelagiani l’autenticità e la verità della chiesa delle origini, la centralità di Cristo che salva. Infine va rilevata l’attenzione di Agostino per la Bibbia e in particolare per la Lettera ai Romani: non è un caso che i riformatori prenderanno l’avvio dalla Scrittura e dall’epistolario Paolino per la riforma della chiesa e troveranno in Agostino un maestro di esegesi. Lutero stesso durante la sua vita farà teologia mediante esegesi della Sacra Scrittura, e fonderà proprio sulla parola di Dio le basi per un rigoroso studio teologico.

Tratto da ALLE ORIGINI DEL MONDO MODERNO di Alessia Muliere
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