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Il museo


Per definire un museo si devono prima individuare i suoi elementi costitutivi, ovvero:

• La collezione. Un museo si basa quindi su un insieme di oggetti o, soprattutto in epoca moderna, su un insieme di idee, la cui natura determina la natura stessa del museo. La natura delle collezioni permette cioè di distinguere il museo archeologico dal museo artistico, storico, ecc. A determinare la natura del museo è anche la quantità degli oggetti: per esempio, un museo basato su una collezione molto ampia prende il nome di museo generalista.

• Il pubblico: non esiste un museo contemporaneo e moderno che non tenga conto del pubblico di riferimento. Mentre il collezionismo privato non prevedeva il pubblico come elemento fondamentale, il museo moderno nasce per conservare e tutelare le collezioni in virtù della loro fruizione pubblica.

• Il personale, cioè tutti coloro che permettono l’esistenza stessa del museo attraverso i compiti da loro svolti.

• La sede, ovvero il luogo fisico dove le collezioni sono conservate e che può essere un edificio ma anche un luogo all’aperto.

Il termine “museo” è legato alle muse, ovvero le nove figlie di Zeus protettrici delle arti e rappresentate dall’iconografia classica sempre in compagnia di Apollo, e si attesta infatti per la prima volta in epoca ellenistica.
Con “museion” si indicava il complesso culturale costruito ad Alessandria d’Egitto nel tempio di Tolomeo I, che comprendeva: un osservatorio astronomico, un istituto anatomico, un giardino botanico e zoologico e un’enorme biblioteca in cui veniva conservata tutta la letteratura sino ad allora prodotta. Il museion di Alessandria era dunque allo stesso tempo un luogo di conservazione e produzione delle arti ed è proprio al suo interno che ci si pone per la prima volta il problema della conservazione.

L’esigenza di conservare nasce in concomitanza ai cambiamenti politici e culturali che vedono in questo periodo protagonista la Grecia: il passaggio dallo status di cittadino allo status di suddito, infatti, cambia radicalmente l’impostazione filosofia e culturale, contribuendo all’emergere di una differenziazione nella creazione di gerarchie in relazione alla produzione culturale. Si distinguono infatti un’età di decadenza e un’età dell’oro, la cui produzione culturale deve essere in virtù di questo tutelata.

Il termine museo viene attestato anche in età romana, quando con “museo” non si indica un luogo di conservazione e produzione delle arti ma una grotta riccamente decorata e con funzione di tipo edonistico.

Esso ricompare poi in età umanistico-rinascimentale e va ad indicare gli studioli, ovvero i luoghi dove i principi e i signori rinascimentali si dedicavano agli ozi letterari e dove conservavano oggetti, opere d’arte, libri, ecc. Nonostante gli studioli rappresentino l’essenza propria dell’Umanesimo e del Rinascimento, da essi emerge ancora una concezione elitaria del sapere.
Sempre nel ‘500, il termine museo viene attestato quando Paolo Giovo fa costruire a Borgo Vico un edificio che ospitasse le sue collezioni artistiche.
Emerge per la prima volta la relazione tra collezione e sede edificata appositamente per ospitarla.

Nel 1797, Friedrich Neickel scrive un’opera sistematica sulle collezioni europee nel loro insieme e nel titolo di quest’opera compare per la prima volta il termine “museografia”.
Questo non ha ancora però l’accezione che noi oggi conosciamo, ma indicherà fino all’affermazione della museologia tutto ciò che riguarda i musei.
Nell’analizzare le collezioni, Neickel individua diverse tipologie, distinguendole rispetto ai contenuti e rispetto agli ambienti.

Rispetto ai contenuti vengono individuate due grandi classi:
• I naturalia, cioè le attestazioni naturali e i reperti che in epoca moderna vanno a costituire i musei di scienze naturali.
• Gli artificialia, ovvero i prodotti della cultura umana.
Naturalia e artificialia determinano la natura delle collezioni.

Rispetto agli ambienti, Neickel individua diverse tipologie:

• Gli studioli.

• I cabinet.

• Le gallerie, all’interno di cui venivano conservate soprattutto le collezioni storico-artistiche, quindi in particolare quadri e statue.
Nella loro genesi, esse si ispiravano agli spazi esterni delle ville romane antiche in cui venivano accolti gli ospiti.
Con la galleria, dunque, si ha per la prima volta il concetto di un luogo di conservazione del patrimonio culturale che possa essere visitato.

• La Wunderkammer, sviluppatasi in particolare nei paesi del nord Europa allo scopo di provocare stupore e meraviglia e non per la coltivazione degli interessi degli intellettuali, come nel caso degli studioli.
In italiano il termine “wunderkammer” viene tradotto come “camera delle meraviglie”, proprio perché aveva come scopo quello di provocare stupore e meraviglia in chi vi entrava.
Presupponeva cioè una forma embrionale di pubblico, che poteva essere anche una sola persona o più semplicemente gli ospiti del proprietario.
Al suo interno, naturalia e artificialia erano conservati insieme secondo un criterio di assoluta eterogeneità.

Nel 1765, Louis de Jacourt cura la voce “museo” all’interno dell’Encyclopedie di Diderot e D’Alembert, indicando con museo un concetto che con il tempo diventa sempre più complicato e come qualsiasi luogo in cui si conservino le “cose legate alle arti e alle muse”.

Negli anni ’60 del '700 cadono le tradizionali gerarchie in tutti gli ambiti della vita, soprattutto in quello culturale, contribuendo a sviluppare l’idea secondo cui il messaggio contenuto dalle opere d’arte sussiste fino al momento in cui la fisicità di queste viene preservata.

In epoca moderna, la definizione a cui tutti i musei si riferiscono è quella formulata dall’ICOM, che nasce nel secondo dopoguerra dalla necessità di formulare delle regole condivise a livello internazionale allo scopo di conservare e tutelare il patrimonio culturale.
Tale definizione viene inserita nel 1975 nello Statuto e nel 1986 nel Codice di deontologia professionale, ma non deve essere considerata una definizione statica, in quanto il museo è un’istituzione in continuo mutamento essendo profondamente legato al contesto culturale della società in cui insiste.

L’ICOM definisce il museo come un’istituzione permanente, senza scopo di lucro, aperta al pubblico, legata alla società e al suo sviluppo, che acquisisce, conserva, tutela, comunica ed espone con finalità di istruzione, studio e diletto.

Il museo è un’istituzione permanente in quanto le sue collezioni devono essere sempre disponibili per la fruizione al pubblico, anche se in caso di restauro o spostamenti occasionali può succedere talvolta che siano disponibili solo in parte. Questa caratteristica permette di distinguere il museo dalle mostre temporanee.
È inoltre aperta al pubblico in quanto il pubblico è uno degli elementi senza cui il museo non può esistere, legata alla società e al suo sviluppo in quanto è questo sempre suo maggior coinvolgimento che lo ha portato a diventare un’istituzione sempre più complessa.
Tra le sue finalità, il diletto rientra perfettamente nella concezione moderna di museo, che non è più solo un luogo finalizzato esclusivamente all’istruzione (museo-scuola) ma anche un luogo di socializzazione (museo-forum).
Un’altra definizione di museo è quella indicata invece nel Codice dei beni culturali e del paesaggio della legislazione italiana, che stabilisce che il museo è un’istituzione permanente che acquisisce, cataloga, conserva, ordina ed espone beni culturali per finalità di educazione e di studio. La legislazione italiana, nonostante si basi sulla definizione fornita dall’ICOM, non riconosce il diletto tra le finalità del museo.

Tratto da MUSEOLOGIA di Roberta Carta
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