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Lupino

Il lupino è coltivato in Europa (Russia, Germania, ecc.), ma anche in Australia. In Italia è diffuso soprattutto in Campania, dove viene coltivato per il sovescio in agricoltura biologica e non perché fornisce alte quantità di azoto.
Il lupino contiene la “lupolina”, un alcaloide tossico, per poterlo eliminare bisogna trattarlo con acqua corrente o bollirlo. Ora sono state selezionate culivar con semi a basso contenuto di lupolina e, quindi, più dolci, in questo caso questi possono anche essere utilizzati per la zootecnia.
Il lupino contiene 30-35% di proteine (potrebbe essere un valido sostituto della soia), 5-10% di grassi.
Ci sono 3 tipi principali: bianco (Lupinus albus), giallo (latinus), violetto (angustifolium).
Non si adatta a tutti i tipi di terreno, infatti non sopporta terreni alcalini o calcarei, con pH acidi, o che possano dare asfissia radicale, la tessitura migliore è quella sabbiosa.
È una pianta miglioratrice. La preparazione del terreno viene fatta con arature a media profondità e l’affinamento delle zolle non è molto spinto, essendo il seme non molto grande.
Concimazione: Azoto: non viene somministrato perché è una coltura azotofissatrice; P2O5: 60-80 kg/ha; K2O: in genere non viene integrato perché si tratta di una coltura a basso reddito.
Il ciclo è autunno-vernino, è molto sensibile allo stress idrico, per cui se mancano apporti naturali bisogna integrarli con irrigazione. Dove i climi sono più freddi si può fare anche la semina primaverile.
Le file vengono distanziate di 40 cm in modo da avere 25-40 piante/m2. La capacità di ramificazione compensa la scarsa densità però le ramificazioni secondarie producono più tardi, tuttavia, i semi non sono molto deiscenti per cui è possibile la raccolta meccanica. In genere si usa la stessa trebbiatrice del frumento.
Avversità: è molto sensibile agli attacchi fungini (Rhizoctonia, Sclerotinia), ma il maggiore è il Pithyum.

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