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OBBLIGHI DEGLI AMMINISTRATORI


Gli obblighi degli amministratori possono essere suddivisi tra obblighi generici e obblighi specifici. La distinzione tra obblighi generici e specifici si riflette poi sul regime della responsabilità perché bisogna dimostrare come avrebbe dovuto comportarsi l’amministratore laddove si parla di responsabilità.
Se l’obbligo è specifico è più semplice: doveva fare quello e non l’ho fatto.
Se l’obbligo è generico, ed è un obbligo di corretta amministrazione, è più difficile: bisogna dimostrare come l’amministratore diligente si sarebbe comportato.
Ci sono degli obblighi degli amministratori che si applicano a tutte le società e ci sono degli obblighi che assumono un aspetto differente a seconda del tipo di società.
Sicuramente un obbligo primario per gli amministratori è un obbligo di cura degli assetti organizzativi, amministrativi e contabili.
 
Diligenza: art 2392 → Gli amministratori devono adempiere i doveri ad essi imposti dalla legge e dallo statuto con la diligenza richiesta dalla natura dell'incarico e dalle loro specifiche competenze.
La diligenza è un obbligo o un parametro? →è un parametro per valutare il comportamento degli amministratori

SPA
Parliamo di SPA ma anche delle SAPA.
Obblighi degli amministratori nella SPA:
corretta amministrazione: si ricava dall’art 2403 (norma dedicata al controllo dei sindaci sulla corretta amministrazione);
predisposizione degli assetti: art 2381 commi 3 e 5;
salvaguardia della continuità aziendale (going concern) che si ricava da due norme: art 2394 e art 2484;
agire in modo informato: ultimo comma dell’art 2381;
fedeltà che si concretizza nel divieto di concorrenza: art 2390;
di riservatezza: ultimo comma dell’art 23911;
di comunicazione, di astensione, di motivazione laddove l’amministratore abbia degli interessi: art 2391;
ragionevolezza delle scelte gestorie.
Queste sono definite norme transtipiche perché vanno oltre il tipo di società, sono applicabili anche alle altre società. Quindi oltre alle SPA possono essere applicate anche alle SRL, alle società di persone.
OBBLIGO DI CORRETTA AMMINISTRAZIONE
Si ricava da una norma dedicata al collegio sindacale.
Art 2403 dice che “il collegio sindacale vigila sull’osservanza della legge e dello statuto sul rispetto dei principi di corretta amministrazione”. Questo obbligo di corretta amministrazione lo ricaviamo da una norma che impone al collegio sindacale di controllare la corretta amministrazione. Quindi ne ricaviamo che il comportamento degli amministratori deve essere corretto. La gestione deve essere corretta.
Il contenuto dell’obbligo è la corretta amministrazione.

Cos’è la diligenza rispetto alla corretta amministrazione? La diligenza è un sistema di verifica, è un parametro che ci dice come deve essere adempiuta la prestazione.
Di corretta amministrazione si parla anche in un’altra norma: art 2497  dice che l’attività della controllante (degli amministratori)  deve essere ispirata a principi di corretta gestione societaria e imprenditoriale.
Obbligo di corretta amministrazione quindi è diverso dalla diligenza: quest’ultima è un criterio, invece l’obbligo di corretta amministrazione è un contenuto, una condotta. La diligenza è un parametro di valutazione di una condotta.
Il tema si pone per un motivo. L’art 2403 e l’art 2497 sono delle novità della riforma del 2003. Prima del 2003 non c’era espressione analoga. Non si parlava di corretta amministrazione. Prima del 2003, la Cassazione era giunta a parlare della diligenza degli amministratori declinandola in due modi differenti a seconda degli obblighi: se gli obblighi  erano specifici la diligenza era un parametro di valutazione; se gli obblighi erano generici la diligenza diventava un contenuto dell’obbligo. Quindi prima del 2003 la diligenza aveva un significato variabile.

Grazie all’art 2403 pare, ad una parte della dottrina, che la diligenza sia venuta ad assumere il ruolo sempre di parametro. L’obbligo generico è la corretta amministrazione; gli obblighi specifici sono i vari obblighi a cui devono adempiere gli amministratori. In entrambi i casi la diligenza è il parametro di valutazione. La diligenza quindi non è più il contenuto dell’obbligo generico ma è uno strumento per valutare il comportamento degli amministratori rispetto agli obblighi.

Art. 2403 Doveri del collegio sindacale.
Il collegio sindacale vigila sull'osservanza della legge e dello statuto, sul rispetto dei principi di corretta amministrazione ed in particolare sull'adeguatezza dell'assetto organizzativo, amministrativo e contabile adottato dalla società e sul suo concreto funzionamento.
Esercita inoltre il controllo contabile nel caso previsto dall'articolo 2409-bis, terzo comma.

La corretta amministrazione trova esplicazione in una precisa attività: nella creazione degli assetti.
Il contenuto dell’obbligo di corretta amministrazione è anche la creazione degli assetti.

OBBLIGO DI PREDISPOSIZIONE DEGLI ASSETTI
Oggi questo obbligo acquista maggior rilievo se pensiamo che la riforma fallimentare in atto attribuisce come obbligo per tutti gli imprenditori l’istituzione degli assetti.
La corretta amministrazione è rappresentata dalla razionalità delle scelte gestorie, è anche integrata dalla creazione degli assetti interni della società. Questi assetti rappresentano un tema centrale. La governance ruota intorno agli assetti. Assetto come esplicazione della corretta amministrazione.
Attraverso l’introduzione di questo obbligo di corretta amministrazione che si esplica nella creazione degli assetti è emersa l’importanza dell’organizzazione aziendale della società.

Il legislatore ha introdotto per ora l’obbligo degli assetti solo con riferimento alle SPA. Rispetto agli assetti, il legislatore ci dice solo 3 informazioni: chi li cura, chi li valuta e chi li vigila. Non ha disciplinato completamente l’argomento. Ha solo dato dei ruolo a dei soggetti.
La definizione importante che manca è il contenuto. Non c’è una norma che ci dice cosa siano gli assetti. Gli autori da un lato si sono dovuti rifare alle scienze aziendalistiche e dall’altro al patrimonio dottrinale che si è sviluppato nelle società quotate che già prevedevano un sistema di controllo interno.
L’assetto di controllo interno è suddiviso in: assetti organizzativi; assetti amministrativi ed assetti contabili.

Gli assetti organizzativi prevedono la creazione di un organigramma che sia idoneo ad individuare le responsabilità nell’ambito dell’impresa. L’organigramma è un documento dal quale devono emergere le funzioni; i poteri; poteri di firma. Attraverso questo strumento è più semplice individuare le linee di responsabilità.

Gli assetti amministrativi riguardano l’amministrazione dell’impresa: le procedure saranno attinenti all’attività dell’impresa. Procedure per esempio legate alla produzione, all’entra/uscita di merci dai magazzini, legate ai pagamenti (tutto ciò che è relativo all’amministrazione).
Gli assetti contabili sono le procedure che consentono di prelevare per tempo le perdite per esempio. In generale sono le procedure di rilevazione contabile. Possono essere integrati da budget, bilanci anche infrannuali.
Gli amministratori sono chiamati ad improntare il loro comportamento alla corretta amministrazione ed in particolare a creare queste procedure che consentano di segmentare  ogni momento della società nelle sue fasi.

Gli assetti devono essere adeguati alla natura e dimensioni dell’impresa(art 2381). Oggi questo concetto è ancora più forte. Perché se è vero che tutti gli imprenditori dovranno dotarsi di un assetto è evidente che l’adeguatezza degli assetti diventerà un punto focale. Se l’attività è finanziaria gli assetti avranno certe caratteristiche, se di tipo industriale di altro tipo.
La piccola realtà avrà un obbligo di istituire gli assetti ma saranno più piccoli, ridotti rispetto a quanto richiesto per le realtà di grandi dimensioni.

OBBLIGO DELLA CONTINUITÀ AZIENDALE
Questo si ricava indirettamente dall’art 2394 che si occupa dell’azione di responsabilità esercitata dai creditori sociali verso gli amministratori.

Art. 2394 Responsabilità verso i creditori sociali.
Gli amministratori rispondono verso i creditori sociali per l'inosservanza degli obblighi inerenti alla conservazione dell'integrità del patrimonio sociale.
L'azione può essere proposta dai creditori quando il patrimonio sociale risulta insufficiente al soddisfacimento dei loro crediti.
La rinunzia all'azione da parte della società non impedisce l'esercizio dell'azione da parte dei creditori sociali. La transazione può essere impugnata dai creditori sociali soltanto con l'azione revocatoria quando ne ricorrono gli estremi.

 Questa norma implicitamente impone una regola di condotta per gli amministratori: questi devono preservare l’integrità del patrimonio sociale. Non possono fare gli interessi degli azionisti senza tutelare il patrimonio sociale e i creditori sociali i quali devono essere garantiti rispetto all’integrità del patrimonio sociale.
Gli amministratori hanno il divieto di assumere certi rischi che possano incidere negativamente sulla continuità aziendale

La perdita della continuità aziendale, secondo parte della dottrina, può diventare anche una causa di scioglimento per impossibilità di conseguire l’oggetto sociale.
L’obbligo di perseguire la continuità azienda assume un aspetto differente a seconda che la società si trovi “in bonis” o in una situazione di insolvenza. Se la società è in bonis, quindi se tutto va bene, non ci sono particolari problemi. Laddove la società si trovi in una situazione di insolvenza cambia la prospettiva gestoria e acquistano maggiori poteri i creditori sociali rispetto ai titolari dell’impresa. Il loro peso aumenta per la minaccia al patrimonio. L’obbligo della continuità aziendale è un obbligo sempre presente ma che assume diverse vesti a seconda che la società si trovi in una situazione di indebitamento.

OBBLIGO DI AGIRE INFORMATI
Abbiamo già parlato di questo obbligo nell’ambito del presidente del CDA che in base a quanto dispone l’art 2381 ha il dovere di far in modo che i consiglieri arrivino informati alle adunanze.
Art 2381 ultimo comma→Gli amministratori sono tenuti ad agire in modo informato; ciascun amministratore può chiedere agli organi delegati che in consiglio siano fornite informazioni relative alla gestione della società.

Da un lato il presidente ha l’obbligo di informare, dall’altro i consiglieri hanno l’obbligo di informarsi.
Anche i delegati hanno l’obbligo di informare gli altri amministratori almeno ogni 6 mesi.
Informazioni che i delegati devono riferire al consiglio e collegio su determinati argomenti.

Gli organi delegati curano che l'assetto organizzativo, amministrativo e contabile sia adeguato alla natura e alle dimensioni dell'impresa e riferiscono al consiglio di amministrazione e al collegio sindacale, con la periodicità fissata dallo statuto e in ogni caso almeno ogni sei mesi, sul generale andamento della gestione e sulla sua prevedibile evoluzione nonché sulle operazioni di maggior rilievo, per le loro dimensioni o caratteristiche, effettuate dalla società e dalle sue controllate.

Rispetto all’obbligo di informazione da cui siamo partiti, abbiamo ricavato dei doveri: obbligo di informarsi degli amministratori che è aiutato da un lato dal presidente del CDA e dall’altro dai delegati. C’è quindi un flusso informativo per cui il presidente informa, i delegati informano e gli stessi amministratori possono chiedere informazioni.
 In quale momento sorge l’obbligo di informarsi per gli amministratori che stanno in mezzo a questo flusso informativo? Secondo parte della dottrina questo obbligo di informarsi si ha nel momento in cui ci sono delle lacune, mancano delle informazioni (il libro sostiene questa dottrina). Quindi laddove le informazioni provenienti dal presidente o dai delegati siano carenti allora a quel punto l’amministratore deve informarsi.
Secondo un’altra parte della dottrina l’obbligo costituirebbe una specificazione della diligenza e quindi un obbligo costante.

L’obbligo di informazione è un altro obbligo che poi si  ??? sulla responsabilità degli amministratori. Se la struttura della decisione può essere suddivisa in 2 fasi istruttoria (informazione) e decisione. È più semplice dimostrare la mancanza di informazioni da parte dell’amministratore e quindi poi eventualmente revocarlo per giusta causa dimostrando che il processo di istruttoria, di informazione che ha svolto non era sufficiente per assumere quella decisione. La struttura bifasica (quindi istruttoria e decisione) semplifica l’onere probatorio di colui che agisce contro l’amministratore.


OBBLIGO DI FEDELTÀ
Integrato dal divieto di concorrenza (art 2390).

OBBLIGO DI RISERVATEZZA
Contenuto nell’ultimo comma dell’art 2391.
L'amministratore risponde altresì dei danni che siano derivati alla società dalla utilizzazione a vantaggio proprio o di terzi di dati, notizie o opportunità di affari appresi nell'esercizio del suo incarico.

Quindi l’amministratore ha un dovere di riservatezza e risponde dei danni che derivino alla società laddove l’amministratore utilizzi informazioni a cui ha avuto accesso durante l’incarico a vantaggio proprio o di terzi. Che li utilizzi in modo non corretto. L’unica possibilità di essere esente da responsabilità per l’amministratore è quello di essere stato autorizzato. Quindi previa autorizzazione da parte dalla società.

OBBLIGO DI COMUNICAZIONE, MOTIVAZIONE E ASTENSIONE
Art 2391 che prevede obbligo di comunicazione, motivazione e astensione. Prima della riforma del 2003 si parlava di conflitto di interesse.
Ora invece è rubricata “interesse degli amministratori” e l’obbligo di comunica non riguarda solo gli interessi in conflitto
1° co art 2391→L'amministratore deve dare notizia agli altri amministratori e al collegio sindacale di ogni interesse che, per conto proprio o di terzi, abbia in una determinata operazione della società, precisandone la natura, i termini, l'origine e la portata; se si tratta di amministratore delegato, deve altresì astenersi dal compiere l'operazione, investendo della stessa l'organo collegiale; se si tratta di amministratore unico, deve darne notizia anche alla prima assemblea utile.

Quindi l’obbligo di comunicazione non riguarda solo le situazioni di conflitto ma riguarda ogni situazione in cui l’amministratore abbia un interesse per conto proprio o di terzi rispetto a una determinata operazione della società. quindi qualunque interesse. Eventualmente anche l’interesse che l’amministratore ha e che sia convergente con quello della società.
L’obbligo di comunicazione riguarda un interesse ed è integrato dal dovere di dare delle informazioni relative a questi interessi. Le informazioni riguardano la natura dell’interesse (quindi bisogna specificare se l’interesse è conflittuale o se è convergente con l’interesse sociale), i termini, le origini e la portata. Quindi sono comunicazioni sia quantitative (“ogni interesse”) sia qualitative (natura, contenuto dell’interesse [termine], origine e la portata). L’obbligo di comunicazione è un obbligo analitico.

L’obbligo di motivazione ricade sul consiglio che decide di assumere l’operazione
2° co art 2391→Nei casi previsti dal precedente comma la deliberazione del consiglio di amministrazione deve adeguatamente motivare le ragioni e la convenienza per la società dell'operazione.
La motivazione sarà più importante laddove l’interesse sia conflittuale e la società decide di portare avanti l’operazione/delibera.

L’obbligo di astensione riguarda l’amministratore delegato.
se si tratta di amministratore delegato, deve altresì astenersi dal compiere l'operazione, investendo della stessa l'organo collegiale; se si tratta di amministratore unico, deve darne notizia anche alla prima assemblea utile.

Quindi l’obbligo di comunicazione riguarda tutti gli amministratori rispetto a tutti gli interessi, è un obbligo analitico per il quale deve essere comunicato tutto ciò che serve per identificare l’interesse. L’obbligo di motivazione investe il consiglio che decide comunque di assumere la decisione dove un amministratore ha un interesse. L’obbligo di astensione riguarda l’amministratore delegato che ha un interesse e deve astenersi da compiere l’operazione.
Per l’amministratore unico non è previsto un obbligo di astensione ma solo l’obbligo di darne comunicazione.


Quando la delibera è impugnabile?
Art 2391 3° co → Nei casi di inosservanza a quanto disposto nei due precedenti commi del presente articolo ovvero nel caso di deliberazioni del consiglio o del comitato esecutivo adottate con il voto determinante dell'amministratore interessato, le deliberazioni medesime, qualora possano recare danno alla società, possono essere impugnate dagli amministratori e dal collegio sindacale entro novanta giorni dalla loro data; l'impugnazione non può essere proposta da chi ha consentito con il proprio voto alla deliberazione se sono stati adempiuti gli obblighi di informazione previsti dal primo comma. In ogni caso sono salvi i diritti acquistati in buona fede dai terzi in base ad atti compiuti in esecuzione della deliberazione.

Ci sono due interpretazioni. C’è chi sostiene che sono alternative: cioè che l’inosservanza degli obblighi oppure il voto determinante siano presupposti alternativi all’impugnazione. La dottrina maggioritaria ritiene che rimangano come presupposti anche voto determinante e il danno.
Quindi, la delibera è impugnabile qualora ci sia stata una situazione di interesse di un amministratore e attraverso la prova di resistenza (cioè togliendo quel voto) si scopra che il voto sia stato determinante e la delibera può causare un danno potenziale alla società.
Immaginare di togliere questo presupposto significherebbe affermare per esempio che l’assenza di un obbligo di motivazione possa essere motivo di impugnazione; poi si ribalta sul giudice la valutazione dell’adeguatezza della motivazione.

Chi è legittimato all’impugnazione? Sono gli amministratori e il collegio sindacale; non sono legittimati coloro che erano consenzienti rispetto alla delibera. Il termine per l’impugnazione è di 90 giorni dalla data in cui è stata assunta la delibera.
Sono fatti salvi i diritti acquisiti dai terzi in buona fede in forza della delibera.

Nelle società aperte questa situazione di interessi degli amministratori viene accentuata per la previsione di una disciplina che riguarda le operazioni con parti correlate che è in parte regolamentata dall’ art 2391bis in parte da un regolamento emanato dalla Consob. Le operazioni con patti correlati sono operazioni che prevedono dei trasferimenti di obbligazioni tra la società e determinati soggetti particolarmente influenti: il socio di controllo, o un dirigente di alto livello,o società collegate alla principale. Lo vedremo meglio dopo.


SOCIETÀ QUOTATE
La prima previsione di un obbligo di un assetto interno era stato introdotto con il TUF nel 1998.
Art 149 del TUF prevede tra i doveri dell’organo di controllo anche quello di vigilare su principio di corretta amministrazione, in particolare sull’adeguatezza della struttura organizzativa della società.
Art 150 TUF  prevede che gli amministratori hanno un obbligo di riferire almeno trimestralmente al collegio sindacale sulle attività svolte e sulle operazioni di maggior rilievo economico, finanziario e patrimoniale  e sulle operazioni nelle quali  hanno un interesse proprio o di terzi.

Art 150 TUF Gli amministratori riferiscono tempestivamente, secondo le modalità stabilite dallo statuto e con periodicità almeno trimestrale, al collegio sindacale sull'attività svolta e sulle operazioni di maggior rilievo economico, finanziario e patrimoniale, effettuate dalla società o dalle società controllate; in particolare, riferiscono sulle operazioni nelle quali essi abbiano un interesse, per conto proprio o di terzi, o che siano influenzate dal soggetto che esercita l'attività di direzione e coordinamento.
 
SOCIETÀ VIGILATE
Nell’ambito delle vigilate il dovere di agire per gli amministratori è più accentuato. L’obbligo di informarsi per gli amministratori  è un obbligo di attivarsi per il recupero delle informazioni. Hanno il dovere di accedere agli uffici, al personale per informarsi.


SRL
Ragioniamo per analogia.

OBBLIGO DI CORRETTA AMMINISTRAZIONE: art 2403 e art 2497.
Se la SRL ha l’organo di controllo si applica l’art 2403.
L’art 2497 si applica anche alle SRL.

OBBLIGO DI COSTRUIRE GLI ASSETTI: anche prima della legge delega la dottrina riteneva che l’obbligo di costruire gli assetti è un obbligo generale di corretta amministrazione quindi è un obbligo che compete anche alla SRL.

OBBLIGO DELLA CONTINUITÀ AZIENDALE: due norme. La prima è la legge fallimentare che prevede l’introduzione dell’azione di responsabilità dei creditori sociali anche nella SRL e quindi il richiamo dell’art 2494.
La seconda norma che porta a ritenere che l’obbligo del going concern sussista anche per le SRL è una norma dettata nell’ambito del finanziamento dei soci art 2467 prevede una disciplina particolare laddove i soci facciano dei finanziamenti alla società.
Art 2467 2°co→Ai fini del precedente comma s'intendono finanziamenti dei soci a favore della società quelli, in qualsiasi forma effettuati, che sono stati concessi in un momento in cui, anche in considerazione del tipo di attività esercitata dalla società, risulta un eccessivo squilibrio dell'indebitamento rispetto al patrimonio netto oppure in una situazione finanziaria della società nella quale sarebbe stato ragionevole un conferimento.

Si desume dalla norma un obbligo di mantenere un rapporto equilibrato tra capitale di rischio e finanziamenti. Mantenere una situazione di equilibrio economico, finanziario che consente di garantire a continuità aziendale.

OBBLIGO DI AGIRE INFORMATI: non è previsto nella SRL. Tuttavia nelle SRL tra i modelli di amministrazione è richiamato il modello di amministrazione disgiuntiva. Nel modello di amministrazione disgiuntiva il diritto di veto è in capo ad ogni amministratore. Per esercitare il diritto di veto si presuppone un obbligo di informazione.

OBBLIGO DI FEDELTÀ: rinvio al divieto di concorrenza.

OBBLIGO DI RISERVATEZZA: la posizione degli amministratori è sottordinata a quella dei soci nella SRL. Il socio ha acquisito rilevanza centrale. Il socio può assumere decisioni gestorie. Attraverso l’atto costitutivo possono essere attribuiti ai soci dei diritti particolari sulla gestione. Si desume che la posizione dei soci è sovraordinata a quella di amministratore.

OBBLIGO DI NON AGIRE IN CONFLITTO DI INTERESSE: nelle SPA si parla di interessi di amministratori, nella SRL si parla di conflitto di interessi. La norma di riferimento è l’art 2475ter la quale prevede una disciplina solo per gli interessi in conflitto.
Art 2475ter 2°co→Le decisioni adottate dal consiglio di amministrazione con il voto determinante di un amministratore in conflitto di interessi con la società, qualora le cagionino un danno patrimoniale, possono essere impugnate entro novanta giorni  dagli amministratori e, ove esistenti, dai soggetti previsti dall'articolo 2477. In ogni caso sono salvi i diritti acquistati in buona fede dai terzi in base ad atti compiuti in esecuzione della decisione.
Nulla vieta che sia possibile attraverso una clausola prevedere gli obblighi sugli interessi degli amministratori come nelle SPA.

SOCIETÀ DI PERSONE
Anche nelle società di persone si ritiene presente un obbligo di corretta amministrazione. La diligenza è una diligenza professionale anche nelle società di persone.

Obbligo di agire in modo informato: esiste anche nelle società di persone (amministrazione disgiuntiva)

Obbligo di fedeltà: divieto di concorrenza art 2301.

Obbligo di non sfruttare le informazioni durante l’incarico: è un obbligo che non dovrebbe realizzarsi vista la coincidenza tra socio e amministratore.

Tratto da DIRITTO DEL GOVERNO DELLE IMPRESE di Mattia Fontana
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