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Il bilancio d’esercizio di un'azienda



La società per azioni e le altre società di capitali devono redigere annualmente il bilancio d’esercizio. 

Il bilancio d’esercizio di un'azienda è costituito da Stato Patrimoniale, Conto Economico e Nota Integrativa ed è corredato dalla relazione sulla gestione, dalla relazione del collegio sindacale e dall’eventuale relazione del soggetto incaricato del controllo contabile. 
Il codice civile fissa tre ordini di principi che devono essere osservati nella redazione del bilancio d’esercizio. 
I principi generali, i principi di redazione e i criteri di valutazione. 
I principi generali sono quelli della chiarezza, veridicità e correttezza. In particolare il codice civile prevede che il bilancio d’esercizio debba rappresentare in modo chiaro, veritiero e corretto la situazione patrimoniale e finanziaria della società al termine di ciascun esercizio, nonché il risultato economico conseguito nell’esercizio stesso. Il bilancio d’esercizio costituisce uno strumento di informazione contabile per i soci e per i terzi. Per i primi esso rappresenta l’unico strumento legale di informazione contabile sull’andamento degli affari sociali e per i secondi costituisce il mezzo per conoscere la consistenza del patrimonio della società, sola garanzia sulla quale possono fare affidamento. Il bilancio d’esercizio di un'azienda, inoltre, assume rilevanza per l’applicazione della normativa tributaria costituendo la base di partenza per la determinazione dell’imposta sul reddito delle società, chiamata anche IRES. In definitiva, il bilancio d’esercizio, proprio per la pluralità di destinatari, deve fornire un’informazione contabile il più possibile chiara, veritiera e corretta sulla situazione patrimoniale e finanziaria e sul risultato economico della società. Le norme attuali che disciplinano il bilancio d’esercizio sono state introdotte in attuazione della IV Direttiva Comunitaria e successivamente modificate a seguito della riforma delle società di capitali. La disciplina contenuta nel codice civile non è comunque esaustiva. Infatti con il regolamento della Comunità Europea n. 1606 del 2002 e con il d. lgs. 38 del 2005 è stato introdotto l’obbligo per alcune società e la facoltà per altre di redigere il bilancio in base ai principi contabili internazionali. L’obiettivo perseguito dall’Unione Europea è quello di rendere agevolmente confrontabili i bilanci delle imprese più importanti operanti in paesi diversi superando in tal modo le divergenze fra le normativi nazionali ancora esistenti a seguito dell’attuazione delle IV Direttiva Comunitaria. I principi contabili internazionali sono anche noti come I.A.S. (International Accounting Standard) ovvero per quelli emanati a partire dal 1 aprile 2001 come I.F.R.S. (International Financial Reporting Standard). I principi contabili internazionali sono inoltre integrati dalle interpretazioni degli stessi e l’intero corpus dei principi contabili internazionali e delle loro interpretazioni è emanato dallo I.A.S.B. (International Accounting Standard Board). I principi contabili internazionali emanati da tale organo diventano peraltro giuridicamente vincolanti soltanto in seguito alla loro adozione da parte della Commissione Europea che ne valuta l’idoneità tecnica e la conformità al principio di rappresentazione veritiera e corretta. I principi contabili adottati vengono poi pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale delle Comunità Europee. I principi contabili internazionali sono obbligatori per la redazione del bilancio d’esercizio e del bilancio consolidato delle società con azioni od altri strumenti finanziari quotati in Italia o in un altro stato membro dell’Unione Europea ovvero diffusi tra il pubblico in misura rilevante. Essi sono inoltre obbligatori per le società che esercitano particolari attività ed in particolare per le banche, le società di assicurazione e le società di intermediazione finanziarie e mobiliare. Per le sopraelencate società l’adozione dei principi contabili internazionali è stata resa obbligatoria a partire dall’esercizio chiuso o in corso al 31 dicembre 2005 per il bilancio consolidato e dall’esercizio successivo per il bilancio d’esercizio. Non possono redigere il bilancio d'esercizio di un'azienda secondo i principi contabili internazionali le società che possono redigere il bilancio in forma abbreviata; per le altre società per azioni l’adozione dei principi contabili internazionali è facoltativa. Tuttavia l’opzione potrà essere esercitata soltanto a partire dall’esercizio individuato con un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze e del Ministro della giustizia. L’adozione è invece facoltativa e l’opzione può essere esercitata a partire dal 31 dicembre 2005 per il bilancio consolidato e dall’esercizio successivo per il bilancio d’esercizio da parte delle società che hanno l’obbligo di redigere il bilancio consolidato e di quelle incluse nell’area di consolidamento di una società obbligata a redigere il bilancio consolidato secondo i principi contabili internazionali. La legge prevede inoltre che l’adozione dei principi contabili internazionali, se facoltativa, non possa essere revocata salvo che ricorrano circostanze eccezionali adeguatamente illustrate nella Nota Integrativa e in ogni caso la revoca opera a partire dall’esercizio successivo a quello in cui è deliberata. Come detto costituiscono principi generali o postulati del bilancio d’esercizio quello della chiarezza e quello della rappresentazione veritiera e corretta. Tali principi devono essere osservati sia da parte delle società che applicano la disciplina civilistica sia da parte delle società che applicano i principi contabili internazionali. Quanto alla disciplina civilistica si prevede che il bilancio d’esercizio debba essere redatto con chiarezza e debba rappresentare in modo veritiero e corretto la situazione patrimoniale e finanziaria della società e il risultato economico dell’esercizio. Analogamente i principi contabili internazionali prevedono con una formulazione simile che il bilancio d’esercizio debba fornire una rappresentazione corretta e fedele della situazione patrimoniale, finanziaria, del risultato economico e dei flussi finanziari della società. È opinione corrente che il principio della chiarezza si estrinsechi nelle norme che disciplinano la struttura e il contenuto del bilancio e quello della verità e correttezza nelle norme che disciplinano i criteri di valutazione. Il codice civile prevede inoltre l’obbligo di fornire informazioni complementari se quelle richieste da specifiche disposizioni di legge o dai principi contabili internazionali non sono sufficienti a offrire una rappresentazione veritiera e corretta. Inoltre, sempre il codice civile stabilisce che le specifiche disposizioni di legge o dei principi contabili internazionali non devono essere applicate se in casi eccezionali la loro applicazione risulta incompatibile con la rappresentazione veritiera e corretta. Si parla al proposito di deroghe in casi eccezionali e si prevede che gli amministratori siano tenuti a motivare le deroghe nella Nota Integrativa e ad indicarne l’influenza sulla rappresentazione della situazione patrimoniale, finanziaria e del risultato economico.
Nella redazione del bilancio d’esercizio gli amministratori devono osservare anche in principi di secondo livello, detti anche principi di redazione. 
I principi di redazione indicati dal legislatore sono sei e i più importanti sono i seguenti:
- Principio della prudenza: il codice civile, in particolare, prevede che la valutazione delle poste di bilancio debba essere fatta seconda prudenza al fine di evitare che dal bilancio risultino utili non effettivamente realizzati alla chiusura dell’esercizio e che la valutazione debba essere fatta nella prospettiva di continuazione dell’attività. Il codice civile prevede altresì che gli amministratori debbano tenere conto della funzione economica dell’elemento dell’attivo o del passivo considerato in applicazione del principio di prevalenza della sostanza sulla forma.
- Il legislatore prevede che nella redazione del bilancio si debba osservare il principio della competenza. In applicazione di tale principio gli amministratori devono tener conto dei proventi e degli oneri di competenza dell’esercizio indipendentemente dalla data dell’incasso o del pagamento, nonché dei rischi e delle perdite di competenza dell’esercizio anche se conosciuti dopo la chiusura dello stesso ma prima della redazione del bilancio. In tal senso si dice che il bilancio d’esercizio di un'azienda è un bilancio di competenza e non di cassa.
- Il codice civile prevede il principio della immodificabilità dei criteri di valutazione da un esercizio all’altro al fine di garantire la comparabilità dei bilanci di successivi esercizi. In particolare si prevede che i criteri di valutazione non possano essere modificati da un esercizio all’altro se non in casi eccezionali e con l’obbligo degli amministratori di motivare la deroga nella Nota Integrativa e di mostrarne l’influenza.


Norme sulla struttura del bilancio d'esercizio di un'azienda


Come si è detto il bilancio d’esercizio è costituito da tre documenti (Stato Patrimoniale, Conto Economico e Nota Integrativa) ed è corredato dalla relazione sulla gestione nonché dalla relazione del collegio sindacale e dalla relazione del soggetto incaricato del controllo contabile, se presente. Nella redazione dello Stato Patrimoniale e del Conto Economico devono essere osservati alcuni principi relativi alla struttura e in particolare:
- Le voci dello Stato Patrimoniale e del Conto Economico devono essere riportate nei prospetti di conto secondo l’ordine tassativo fissato per legge. Pertanto gli amministratori non possono scegliere liberamente l’ordine di esposizione delle voci né modificarlo da un esercizio all’altro.
- Le voci dello Stato Patrimoniale e del Conto Economico sono riportate secondo quattro gradi di dettaglio. In particolare sono previste categorie contraddistinte da lettere maiuscole, sottocategorie contraddistinte da numeri romani, voci contraddistinte da numeri arabi e sottovoci contraddistinte da lettere maiuscole.
- Il codice civile prevede poi che per ogni voce dello Stato Patrimoniale e del Conto Economico sia anche indicato l’importo della voce corrispondente dell’esercizio precedente al fine di consentire l’agevole confronto dei successivi bilanci.
- È posto il divieto di operare compensi di partite e cioè di indicare la semplice differenza fra le poste di bilancio che devono essere iscritte distintamente.
- Il bilancio deve essere redatto in unità di euro senza cifre decimali e la Nota Integrativa può essere redatta in migliaia di euro.
Lo Stato Patrimoniale rappresenta la composizione quantitativa e qualitativa del patrimonio della società e la sua situazione finanziaria nel giorno di chiusura dell’esercizio. Lo Stato Patrimoniale, inoltre, deve essere redatto a sezioni contrapposte con sulla sinistra le attività e sulla destra le passività comprensive del patrimonio netto. In particolare tra le attività sono previste quattro categorie di voci:
- Crediti verso soci per versamenti ancora dovuti
- Immobilizzazioni
- Attivo circolante
- Ratei e risconti attivi
Il passivo dello Stato Patrimoniale è suddiviso in cinque categorie di voci:
- Patrimonio netto
- Fondi per rischi ed oneri
- Trattamento di fine rapporto di lavoro subordinato
- Debiti
- Ratei e risconti passivi
Il codice civile prevede inoltre che in calce allo Stato Patrimoniale siano iscritti i cosiddetti “conti d’ordine”. I conti d’ordine, in particolare, devono riportare informazioni sulle garanzie dirette e indirette prestate dalla società nonché sull’esistenza di rischi ed impegni futuri.
Il Conto Economico rappresenta i ricavi e i costi sostenuti nel corso dell’esercizio nonché il risultato economico dell’esercizio medesimo. Nella redazione del Conto Economico deve essere osservata la forma espositiva scalare la quale, attraverso una serie di totali parziali, consente di avere contezza dei risultati delle diverse gestioni della società e, in particolare, della gestione ordinaria, della gestione finanziaria e della gestione straordinaria. Le voci del Conto Economico sono raggruppate in cinque categorie ed in particolare:
- Valore della produzione
- Costi della produzione
- Proventi ed oneri finanziari
- Rettifiche di valore di attività finanziarie
- Proventi ed oneri straordinari
La differenza fra le prime due categorie (A-B), detta differenza fra valore e costi della produzione, costituisce il risultato lordo della gestione ordinaria della società.
Il terzo documento che costituisce parte integrante del bilancio d’esercizio di un'azienda è rappresentato dalla Nota Integrativa la cui funzione è quella di illustrare il contenuto dello Stato Patrimoniale e del Conto Economico e in alcuni casi di integrarlo. In particolare la Nota Integrativa contiene informazioni sui criteri di valutazione, sulle variazioni intervenute negli stessi, sulla composizione delle principali voci, sul risultato economico d’esercizio, sul numero di dipendenti, sui compensi di amministratori e sindaci, sulle azioni e sugli altri strumenti finanziari emessi dalla società, sui finanziamenti dei soci, sulle operazioni di leasing, sulle partecipazioni in società controllate e collegate, sul fair value degli strumenti finanziari. Gli amministratori della società devono inoltre predisporre la relazione sulla gestione a corredo del bilancio d’esercizio. La relazione sulla gestione costituisce un resoconto sulla gestione della società e sulle sue prospettive ed ha la funzione di illustrare la situazione della società e l’andamento della gestione nel suo complesso e nei vari settori in cui essa ha operato, anche attraverso imprese controllate. Dalla stessa devono inoltre risultare i fatti di rilievo avvenuti dopo la chiusura dell’esercizio.


I criteri per determinare il valore da iscrivere nel bilancio d'esercizio di un'azienda


Nella predisposizione del bilancio d’esercizio gli amministratori devono effettuare una serie di stime volte a determinare il valore da iscrivere in bilancio. Gli amministratori, quindi, godono di una certa discrezionalità tecnica, fermo restando che nella redazione del bilancio non debbano essere effettuate sopravalutazioni arbitrarie o sottovalutazioni arbitrarie, poiché in tal caso si altererebbe artificiosamente il risultato d’esercizio. In particolare la sopravalutazione delle attività e la sottovalutazione delle passività conduce ad un aumento artificioso dell’utile dell’esercizio o a una riduzione della perdita. Al contrario, attraverso una sottovalutazione delle attività e la sopravalutazione delle passività si comprime l’utile d’esercizio pervenendo alla formazione delle cosiddette “riserve occulte”. Il codice civile, attraverso la previsione di criteri di valutazione piuttosto analitici, ha inteso comprimere il rischio di un abuso della discrezionalità tecnica degli amministratori di cui si è detto. Anzitutto il legislatore, nella prospettiva della prudenza, ha accolto il criterio base del costo storico di acquisto o di produzione, pur con qualche eccezione di cui si dirà. In particolare, quanto alle immobilizzazioni immateriali, materiali e finanziarie, il codice civile prevede che esse debbano essere iscritte nello Stato patrimoniale al costo storico comprensivo degli eventuali oneri accessori. Inoltre si prevede che il valore delle immobilizzazioni materiali e immateriali, non di quelle finanziarie la cui utilizzazione è limitata nel tempo, sia sistematicamente ammortizzato in ogni esercizio in relazione alla residua possibilità di utilizzazione e attraverso la diretta riduzione del valore iscritto nell’attivo. Inoltre, qualora il valore di un’immobilizzazione risulti durevolmente inferiore al costo storico ammortizzato, è necessario iscrivere l’immobilizzazione stessa a tale minor valore. Come si è detto, il criterio del costo storico subisce alcune eccezioni e, in particolare, le partecipazioni in imprese controllate e collegate iscritte tra le immobilizzazioni finanziarie possono essere valutate, anziché al costo, attraverso l’applicazione del metodo del patrimonio netto. Con tale metodo la partecipazione viene iscritta secondo la quota opportunamente rettificata del patrimonio netto della società partecipata risultante dall’ultimo bilancio della stessa. Pertanto il valore di iscrizione delle partecipazioni valutate con il metodo del patrimonio netto varia da un esercizio all’altro e le eventuali plusvalenze rispetto al precedente esercizio devono essere iscritte in un’apposita riserva non distribuibile.
Norme particolarmente stringenti sono poi previste per alcune immobilizzazioni immateriali. In particolare i costi d’impianto e ampliamento, di ricerca e sviluppo e pubblicità possono essere iscritti nell’attivo soltanto se hanno un’utilità pluriennale e devono essere ammortizzati in un periodo non superiore a cinque anni. Inoltre, fin quando l’ammortamento non è stato completato, non si possono distribuire dividendi se non residuano riserve sufficienti a coprire la parte non ammortizzata. Tali poste, inoltre, possono essere iscritte nell’attivo soltanto con il consenso del collegio sindacale. Quanto all’avviamento, il codice civile prevede che possa essere iscritto nell’attivo previo consenso del collegio sindacale solo se acquistato a titolo oneroso e nei limiti del costo per esso sostenuto. L’avviamento, inoltre, deve essere ammortizzato di regola in cinque anni.
A norma del codice civile i crediti devono essere valutati sulla base del presunto realizzo. Pertanto se una parte dei crediti risulta di dubbia o difficile realizzazione, il valore complessivo dei crediti deve essere iscritto non sulla base del valore nominale ma per la minore somma che si presume di poter realizzare. Gli elementi dell’attivo patrimoniale appartenenti all’attivo circolante e diversi dai crediti, cioè le rimanenze, i titoli e le partecipazioni che non costituiscono immobilizzazioni devono essere iscritti al costo di acquisto o di produzione ovvero, se inferiore, al valore di realizzo desumibile dall’andamento del mercato. In alternativa al costo di acquisto o di produzione, il codice civile consente di utilizzare limitatamente ai beni fungibili il metodo del costo medio ponderato, il metodo FIFO ovvero il metodo LIFO. I lavori in corso su ordinazione, anziché al valore di costo, possono essere iscritti sulla base dei corrispettivi contrattuali maturati con ragionevole certezza. Criteri particolari sono poi previsti per le attività e passività in valuta. La disciplina al riguardo è diversa a seconda che si tratti di attività e passività non costituenti immobilizzazioni ovvero di attività e passività che costituiscono immobilizzazioni. Le prime devono essere iscritte al tasso di cambio in vigore alla data di chiusura d’esercizio. Se la somma algebrica di utili e perdite su cambi è positiva, la differenza deve essere accantonata in un’apposita riserva non distribuibile fino al realizzo. Al contrario, le immobilizzazioni in valuta devono essere iscritte al cambio storico o a quello inferiore alla chiusura dell’esercizio se la rivalutazione è giudicata durevole. Il codice civile prevede poi una disciplina speciale per le deroghe in casi eccezionali. In particolare, come si è detto, i criteri generali di valutazione sono ispirati dal principio di prudenza; tuttavia il codice civile impone di derogare a tali criteri di valutazione in presenza di casi eccezionali che rendano l’applicazione degli stessi incompatibili con la rappresentazione veritiera e corretta. In altri termini, al verificarsi di casi eccezionali gli amministratori devono iscrivere i beni ad un valore superiore a quello risultante dall’applicazione dei criteri generali di valutazione, motivando la deroga nella Nota Integrativa. Inoltre gli utili risultanti dalla deroga devono essere iscritti in un’apposita riserva non distribuibile. È pacifico, peraltro, che non rientri fra i casi eccezionali che impongono la rivalutazione degli elementi dell’attivo patrimoniale il semplice effetto dell’inflazione. Infatti la rivalutazione monetaria è considerata possibile solo in presenza di leggi speciali. La questione ancora dibattuta è la prolificazione dei casi eccezionali. Ci si chiede cioè se rientrino fra i casi eccezionali soltanto ragioni oggettive che comportino un mutamento di destinazione economica dei beni ovvero se possano qualificarsi come casi eccezionali anche quelle consistenti in particolari esigenze della società. Rientrano fra le ragioni oggettive, ad esempio, i mutamenti di destinazione economica dei beni immobili, come, ad esempio, la trasformazione di un terreno agricolo in un terreno edificabile. Al contrario, rientra tra le particolari esigenze della società, ad esempio, la riduzione del capitale sociale per perdite. L’orientamento prevalente, tuttavia, è quello di considerare casi eccezionali quelli determinati da ragioni oggettive. Un’altra questione posta all’attenzione degli interpreti è se in presenza di criteri alternativi di valutazione vi sia una totale discrezionalità degli amministratori. Infatti, se è vero che il prudente apprezzamento degli amministratori deve essere un criterio ispiratore degli stessi, è altrettanto vero che non possono considerarsi lecite eventuali sottovalutazioni motivate dalla mera applicazione del principio della prudenza. Infatti il principio della rappresentazione veritiera e corretta, che deve comunque essere osservato dagli amministratori, costituisce un principio generale gerarchicamente sovraordinato al principio della prudenza. In definitiva, si deve ritenere che siano lecite le valutazioni prudenziali degli amministratori soltanto nei limiti della ragionevolezza tecnica e a condizione che non violino il principio generale della rappresentazione veritiera e corretta.


Procedimento di formazione e approvazione del bilancio d'esercizio di un'azienda


Nel modello tradizionale di amministrazione e controllo partecipano al procedimento di formazione del bilancio d’esercizio tutti e tre gli organi sociali, e cioè gli amministratori, il collegio sindacale e l’assemblea, nonché, se presente, il soggetto incaricato del controllo contabile. A norma del codice civile l’assemblea ordinaria competente per l’approvazione del bilancio deve essere convocata almeno una volta all’anno entro il termine stabilito dallo statuto e comunque non superiore a 120 giorni dalla chiusura dell’esercizio. Lo statuto, peraltro, può stabilire un termine maggiore non superiore a 180 giorni nel caso di società tenute alla redazione del bilancio consolidato o quando lo richiedano particolari esigenze relative alla struttura e all’oggetto della società. La prima fase del procedimento di formazione del bilancio d'esercizio di un'azienda è tuttavia appannaggio degli amministratori i quali devono redigere il progetto di bilancio costituito da Stato Patrimoniale, Conto Economico e Nota Integrativa. La predisposizione del progetto di bilancio è funzione attribuita all’organo di amministrazione e non può essere delegata al comitato esecutivo degli amministratori delegati. L’organo amministrativo deve inoltre predisporre la relazione sulla gestione. Inoltre, se si tratta di una società capogruppo, al progetto di bilancio devono essere allegati le copie integrali dell’ultimo bilancio approvato delle società controllate dirette e indirette e un prospetto riepilogativo dei dati essenziali dell’ultimo bilancio delle società collegate. Il codice civile prevede poi che almeno 30 giorni prima della data fissata per l’assemblea che deve esaminarlo, il progetto di bilancio, con la relazione sulla gestione, deve essere comunicato al collegio sindacale. Il collegio sindacale deve a sua volta predisporre una relazione nella quale deve riferire all’assemblea sui risultati dell’esercizio sociale e sull’attività svolta nell’adempimento dei propri doveri e fare osservazioni e proposte in ordine al bilancio e alla sua approvazione con particolare riferimento all’esercizio della deroga in casi eccezionali. Inoltre, se presente, analoga relazione deve essere predisposta dal soggetto incaricato del controllo contabile il quale esprime il proprio giudizio sul bilancio. Il progetto di bilancio ed i relativi allegati, con le relazioni degli amministrazioni, dei sindaci e del soggetto incaricato del controllo contabile, devono restare depositati nella sede della società durante i 15 giorni che precedono l’assemblea e finché il bilancio sia approvato. I soci possono prenderne visione. L’assemblea convocata per l’esame del bilancio d’esercizio può approvarlo o respingerlo. Si ritiene inoltre che l’assemblea possa anche modificare il progetto di bilancio sottoposto a suo esame dagli amministratori. In ogni caso l’approvazione del bilancio non implica liberazione degli amministratori e dei sindaci per le responsabilità incorse nella gestione sociale. Infine, entro 30 giorni dall’approvazione, copia del bilancio, della relazione sulla gestione, della relazione dei sindaci, della redazione del soggetto incaricato del controllo contabile, se presente, nonché copia del verbale di approvazione dell’assemblea devono essere depositate a cura degli amministratori presso l’ufficio del Registro delle imprese o spedita al medesimo ufficio a mezzo raccomandata. Oggi inoltre la trasmissione può avvenire anche in via telematica.


Invalidità della delibera di approvazione del bilancio d'esercizio di un'azienda


Il bilancio d’esercizio può presentare vizi di procedimento o vizi di contenuto. I vizi di procedimento consistono in irregolarità più o meno gravi nel procedimento di formazione del bilancio, ad esempio, perché il progetto di bilancio non è stato depositato presso la sede sociale nei termini. I vizi di procedimento danno, in generale, luogo all’annullabilità della delibera assembleare di approvazione. Peraltro, nel caso di vizi più gravi, come ad esempio quelli conseguenti alla mancata convocazione dell’assemblea o alla mancata redazione del verbale, danno luogo a nullità della delibera assembleare. Quanto ai vizi di contenuto essi riguardano irregolarità del contenuto stesso del bilancio d’esercizio di un'azienda conseguenti alla violazione dei principi di veridicità, chiarezza e correttezza. È opinione prevalente in dottrina e in giurisprudenza che i vizi di contenuto determinino la nullità della delibera di approvazione del bilancio. Si ritiene infatti che la delibera di approvazione di un bilancio non chiaro, non vero o non corretto abbia oggetto, e cioè contenuto, illecito in quanto adottata in contrasto con norme imperative inderogabili dettate a tutela di un interesse generale. La giurisprudenza ritiene peraltro che per l’impugnativa della delibera di approvazione del bilancio non sia sufficiente un generico interesse al rispetto della legalità ma che sia per contro necessario un interesse concreto ad agire. Inoltre si ritiene che i vizi di contenuto conducano alla nullità della delibera di approvazione del bilancio solo quando siano tali da compromettere effettivamente la funzione informativa del bilancio. Non si avrebbe, al contrario, nullità della delibera quando i vizi sono soltanto marginali. La riforma del diritto societario ha inoltre introdotto limitazioni significative all’impugnativa dei bilanci volte a dare certezza e stabilità alle relative delibere di approvazione. In particolare, secondo la disciplina attualmente in vigore, le azioni di annullabilità e di nullità non possono più essere esercitate dopo che è stato approvato il bilancio dell’esercizio successivo. Inoltre, se il collegio sindacale o il soggetto incaricato del controllo contabile, se presente, ha espresso un giudizio senza rilievi la legittimazione ad impugnare la delibera di approvazione del bilancio sia nel caso di annullabilità sia in quello di nullità spetta soltanto a tanti soci che rappresentino almeno il 5% del capitale sociale. Si ritiene inoltre che la legittimazione all’impugnativa continui a fare capo agli amministratori e ai sindaci e che la nullità della delibera per vizi di contenuto possa essere fatta valere da ogni terzo interessato oltre che dai soci rappresentanti la percentuale del capitale sociale di cui si è detto. Il codice civile prevede che il bilancio dell’esercizio nel corso del quale viene dichiarata la nullità deve tenere conto delle ragioni di questa. È inoltre opinione corretta quella secondo cui gli amministratori sono tenuti a redigere nuovamente il bilancio impugnato e quelli degli esercizi intermedi affetti dal medesimo vizio e ciò al fine di garantire un’informazione corretta e trasparente dell’evoluzione patrimoniale, economica e finanziaria della società.


Destinazione del risultato d’esercizio


A norma del codice civile l’assemblea che approva il bilancio è competente anche a deliberare sulla destinazione del risultato d’esercizio. Nel caso in cui il risultato sia positivo e cioè consista in un utile d’esercizio, contrariamente a quanto accade nelle società di persone, i soci non hanno un vero e proprio diritto alla distribuzione dell’utile stesso. I soci hanno diritto solo alla distribuzione dei dividendi deliberati. Inoltre la legge fissa alcuni vincoli alla distribuzione degli utili. In primo luogo è stabilito che, se negli esercizi precedenti si è verificata una perdita del capitale sociale, non si possono distribuire utili fino a che il capitale non sia reintegrato o ridotto in misura corrispondente. Inoltre è posto l’obbligo di destinare il 5% degli utili annuali non assorbiti da perdite precedenti ad una riserva denominata riserva legale. La riserva deve essere alimentata fin quando non abbia raggiunto il 20% del capitale sociale. Inoltre, se la riserva legale viene diminuita per qualsiasi ragione, ad esempio per perdite, deve essere reintegrata mediante accantonamenti di almeno il 5% degli utili netti annuali. L’accantonamento di parte degli utili alla riserva legale è posto a salvaguardia dell’integrità del capitale sociale così da evitare che eventuali perdite negli esercizi futuri colpiscano direttamente il capitale sociale. L’assemblea non può legittimamente disporre della riserva legale a favore dei soci per tutta la durata della società. Altra riserva non imposta dalla legge ma che può essere prevista statutariamente è la riserva statutaria. Tale riserva, come detto, non è imposta dalla legge ma dallo statuto in aggiunta alla riserva legale. L’assemblea ordinaria non può disporre della riserva statutaria a favore dei soci. Tuttavia, poiché il vincolo di indisponibilità trova la sua fonte nello statuto e non nella legge, può essere rimosso con delibera dell’assemblea straordinaria modificativa dello statuto. In tal caso la riserva statutaria può essere distribuita a favore dei soci. Altra riserva alla quale possono essere destinati in parte o integralmente gli utili d’esercizio è costituita dalla riserva facoltativa. La riserva facoltativa è costituita dalla stessa assemblea ordinaria che approva il bilancio. Di tale riserva l’assemblea ordinaria può liberamente disporre sempre che la stessa non sia stata erosa da perdite. Ulteriori vincoli di destinazione degli utili potrebbero poi essere contenuti nello statuto. Qualora ad esempio si preveda una partecipazione agli utili a favore dei promotori, dei soci fondatori e degli amministratori. Tali partecipazioni sono computate sugli utili netti d’esercizio dedotta la sola quota da destinare a riserva legale. In definitiva, l’assemblea ordinaria che approva il bilancio d’esercizio di un'azeinda può disporre a favore dei soci degli utili distribuibili dell’esercizio stesso e degli utili non distribuiti negli esercizi precedenti confluiti in riserve disponibili o semplicemente riportati a nuovo. Come detto la distribuzione degli utili sotto forma di dividendi è rimessa all’apprezzamento discrezionale dell’assemblea ordinaria e l’assemblea stessa non è tenuta a motivare la mancata distribuzione annuale degli utili ai soci. Il legislatore privilegia quindi l’interesse al reinvestimento degli utili nell’attività sociale sottoforma di autofinanziamento rispetto all’interesse del singolo socio alla distribuzione annuale degli utili. La discrezionalità dell’assemblea o meglio della maggioranza assembleare nella destinazione degli utili a riserva trova tuttavia temperamento nel principio generale di correttezza e buona fede nell’esecuzione del contratto di società. Peraltro si ritiene che la delibera assembleare con la quale si destina a riserva l’utile d’esercizio sia affetta da annullabilità solo in presenza di comportamenti platealmente abusivi del gruppo di comando. Il che si verifica nel caso di mancata distribuzione di utili consistenti per più esercizi ispirata dal solo fine di indurre i soci di minoranza a disfarsi delle azioni. Potrebbe peraltro essere riconosciuto statutariamente a determinate categorie di azionisti il diritto alla percezione annuale di un dividendo minimo, ovviamente sempre che vi siano utili distribuibili. Per tutti gli altri azionisti l’erogazione dei dividendi è invece rimessa alla delibera assembleare. In ogni caso non è ammessa la distribuzione di utili fittizi. In particolare, infatti, la società non può distribuire dividendi se non per utili realmente conseguiti e risultanti da un bilancio regolarmente approvato. Inoltre, come detto, non si può procedere alla distribuzione di dividendi se negli esercizi precedenti si è verificata una perdita del capitale fin quando il capitale non sia reintegrato o ridotto in misura corrispondente. L’inosservanza di tali condizioni dà luogo alla distribuzione di utili fittizi e la relativa delibera assembleare è nulla per illiceità dell’oggetto e gli amministratori sono esposti a responsabilità anche penale. In ogni caso gli azionisti non sono obbligati a restituire i dividendi riscossi per utili non realmente esistenti quando erano in buona fede al momento della riscossione, i dividendi sono stati distribuiti in base a un bilancio regolarmente approvato e dal bilancio risultavano utili netti corrispondenti. In definitiva i soci non sono tenuti a restituire i dividendi se senza colpa ignoravano il carattere fittizio degli utili loro assegnati e riscossi. Il codice civile limita inoltre la distribuzione degli utili stabilendo che soltanto con l’approvazione del bilancio dal quale risulti un utile è consentito distribuire l’utile stesso pur con tutti i limiti di cui si è detto. Pertanto non è consentito distribuire utili eventualmente emergenti da un bilancio infrannuale. In altri termini, per le società ordinarie non è consentito distribuire acconti su dividendi. La distribuzione di acconti su dividendi infatti è consentita soltanto alle società per azioni il cui bilancio è assoggettato per legge al controllo di società di revisione iscritte all’albo speciale. In definitiva quindi la distribuzione di acconti su dividendi è ammessa solo nelle società quotate in mercati regolamentati. Inoltre la distribuzione di acconti su dividendi da parte di tali società è sottoposta ad una serie di condizioni volte ad evitare che vengano distribuiti utili soltanto sperati e difficilmente recuperabili dopo l’approvazione del bilancio d’esercizio.

Tratto da DIRITTO COMMERCIALE di Alessandro Pastore
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