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Nel codice civile, solo una norma indica espressamente i requisiti che debbono sussistere per gli amministratori di SPA chiuse. La norma è l’articolo 2382: possono essere eletti amministratori di SPA tutti coloro che non si trovino in una delle situazioni di ineleggibilità indicate dall’art 2382.
Art.2382 Cause di ineleggibilità e di decadenza.
Non può essere nominato amministratore, e se nominato decade dal suo ufficio, l'interdetto, l'inabilitato, il fallito, o chi è stato condannato ad una pena che importa l'interdizione, anche temporanea, dai pubblici uffici o l'incapacità ad esercitare uffici direttivi.
Si parla di cause di ineleggibilità e decadenza a seconda del momento in cui si va ad analizzare (se prima della nomina sono cause di ineleggibilità; se intervengono in un momento successivo alla nomina sono cause di decadenza). Questa è una norma inderogabile.    Questa norma se la leggiamo con occhio più attento e critico ci accorgiamo che non è completa perché non parla dei minorenni che sono comunque degli incapaci totali (gli inabilitati hanno una capacità limitata di agire). Probabilmente questa norma andrebbe integrata con un’altra fattispecie cioè l’articolo 404, il quale si occupa dell’amministratore di sostegno.
Art.404 Amministrazione di sostegno
La persona che, per effetto di una infermità ovvero di una menomazione fisica o psichica, si trova nella impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi, può essere assistita da un amministratore di sostegno, nominato dal giudice tutelare del luogo in cui questa ha la residenza o il domicilio.
Probabilmente anche questa situazione deve ricadere tra le ipotesi di ineleggibilità.
Ci si domanda poi se rientri tra gli ineleggibili anche l’amministratore che è stato revocato ai sensi dell’art 2393 5° comma che è un caso di revoca automatica deliberata dall’assemblea ordinaria laddove ci siano particolari maggioranze. Questa ipotesi sembra una forzatura. Non c’è accordo in dottrina rispetto a far entrare la revoca automatica tra le cause di ineleggibilità.
Un’altra ipotesi è l’art 2409 cioè l’amministratore revocato giudizialmente: per escludere la rieleggibilità degli amministratori si potrebbe fare leva su questa norma. Il giorno di efficacia della sentenza che dichiara l’interdizione o l’inabilitazione è il momento in cui diventa efficace la causa di ineleggibilità. La stessa cosa si potrebbe dire per il fallimento (anche se non è così certo). Dal giorno della sentenza che dichiara il fallimento, la causa di decadenza è efficace. Se l’amministratore già nominato viene dichiarato fallito/interdetto bisogna stabilire da quale momento è efficace l’operatività della decadenza. Per stabilire questo momento bisogna andare a vedere la data della sentenza di dichiarazione di interdizione/inabilitazione o della sentenza che dichiara il fallimento. Da quel momento l’amministratore decade dal proprio ruolo.

Oltre alla ineleggibilità, ci sono ipotesi di incompatibilità. La differenza tra ineleggibilità e incompatibilità sta nel fatto che l’incompatibilità importa che l’amministratore debba scegliere uno tra due ruoli che sono tra loro considerati incompatibili. Le cause di incompatibilità sono previste da leggi speciali o in alcuni casi sono desumibili anche dal codice civile (per esempio, il caso che viene richiamato è quello del divieto di concorrenza).
Altre ipotesi di incompatibilità: non possono svolgere il ruolo di amministratore (cioè devono scegliere) determinate categorie di lavoratori. In particolare:
  • i professori ordinari universitari a tempo pieno;
  • gli impiegati civili dello Stato;
  • i membri del Parlamento;
  • i commissari Consob;
  • tutti gli amministratori di enti locali;
  • tutti i titolari di cariche di Governo.
Tutti questi soggetti hanno un’incompatibilità con il ruolo di amministratore.

Si pone un problema→ bisogna capire se l’amministratore di una società possa essere anche direttore generale della stessa. Il direttore generale è un soggetto che svolge un ruolo ai vertici della società. Ci si domanda se esista incompatibilità tra la figura di amministratore e direttore generale oppure se le due figure possano convivere. In realtà non esiste una risposta precisa. Bisogna guardare il singolo caso. Sicuramente ci sono delle ipotesi in cui si può già dire a priori che le due posizioni sono incompatibili: basti pensare all’amministratore unico (amministratore unico e direttore generale sono posizioni incompatibili). Forse è incompatibile la posizione del consigliere ordinario. Forse è incompatibile la posizione del Presidente del CdA perché di norma questo ha delle deleghe (ma se non ha deleghe probabilmente potrebbe essere compatibile). Cosa è più importante andare a verificare? Andare a verificare che il direttore generale, in quanto lavoratore subordinato (seppure al vertice) sia comunque un soggetto subordinato alle direttive degli amministratori: quindi sia un soggetto che rispetti le regole tipiche dei lavoratori. Quindi che sia possibile verificare un vincolo di subordinazione e che faccia anche qualcosa di più e di diverso rispetto al mero ruolo di amministratore: deve  fare anche il lavoro di direttore generale e che abbia degli orari di lavoro tipici di un dipendente (quindi che non sia un finto direttore generale). Occorrerà, per stabilire l’incompatibilità, andare ad analizzare i singoli casi aldilà di certe ipotesi che sono di default incompatibili.

È possibile che lo statuto introduca ulteriori requisiti: articolo 2387.
Art.2387 Requisiti di onorabilità, professionalità e indipendenza.
Lo statuto può subordinare l'assunzione della carica di amministratore al possesso di speciali requisiti di onorabilità, professionalità ed indipendenza…
Il venir meno di tali requisiti comporta ulteriori ipotesi di decadenza. È una decadenza di tipo sanzionatorio perché sanziona il venir meno dei requisiti previsti dallo statuto. Certamente possono essere richiesti dei requisiti ma l’autonomia statutaria  è caratterizzata da un limite. Il limite è quello di svuotare la competenza dell’assemblea, riservando la carica ad una cerchia ristretta di soggetti. Introdurre clausole che indicano in maniera precisa tanti piccoli particolari, in modo che vengano fuori delle persone specifiche (troppo costruite, troppo stringenti), sono clausole che non paiono ammissibili. In questa maniera si svuota l’assemblea della propria libertà di scelta degli amministratori. Indicando delle caratteristiche così stringenti la nomina degli amministratori è vincolata. Si possono stabilire quindi dei requisiti ma questi non devono essere esageratamente restrittivi.
È possibile introdurre requisiti diversi a seconda dei ruoli (es: stabilire che gli amministratori/il presidente del CdA devono avere determinati requisiti; che i consiglieri ordinari non debbano avere determinati requisiti).

PROFESSIONALITÀ → il codice civile non prevede dei requisiti di professionalità in capo agli amministratori ma in capo ai sindaci. I sindaci non possono essere tutti ma devono essere ben individuate categorie di professionisti. C’è una norma, art 2409, che stabilisce che l’autorità giudiziaria che deve sostituire gli amministratori lo deve fare scegliendo i soggetti di adeguata professionalità. L’art 2392 stabilisce che la diligenza è parametrata anche alle specifiche competenze.

ONORABILITÀ → può essere intesa in due modi.
  1. Solitamente, l’onorabilità nell’ambito delle società quotate e vigilate viene ricollegata all’assenza di condanne penali;
  2. Assenza di patteggiamenti.
Potrebbe anche riguardare la possibilità di prevedere particolari requisiti etici o morali in capo agli amministratori (ultimamente anche la responsabilità sociale).

INDIPENDENZA → è la capacità di giudizio indipendente; l’assenza di condizionamenti; l’assenza di relazioni familiari o economiche che mirino l’autonomia di giudizio del soggetto. Anche i requisiti di indipendenza sono previsti per i componenti del collegio sindacale.
A cosa serve l’amministratore indipendente? L’amministratore indipendente è un amministratore che dovrebbe garantire un miglior funzionamento della gestione della società, dovrebbe prevenire le situazioni di conflitto di interessi. Normalmente l’indipendenza è calcolata non solo verso la società stessa di cui si è amministratore ma anche verso le società del gruppo. Si fa riferimento quindi a un requisito di indipendenza sotto il profilo sostanzialistico più che formale.

Sul libro viene citato un paradosso che dice: “paradossalmente il miglior amministratore indipendente è quello che opera con professionalità e autonomia di giudizio, senza farsi condizionare dai rapporti economici con la società, amministratori esecutivi e soci di riferimento, mentre il peggior amministratore indipendente è quello che, sebbene privo dei suddetti legami, è prono ai voleri del gruppo di controllo nella speranza di diventare in futuro … dipendente, grazie ai lucrosi incarichi”. Il paradosso è che l’assenza di relazioni con il gruppo di controllo potrebbe essere in realtà un limite perché è nella natura umana quello di cercare chi potrebbe darti una mano per migliorare la tua posizione.

Tratto da DIRITTO DEL GOVERNO DELLE IMPRESE di Mattia Fontana
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