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Sentenza n° 176 del 5/4/2006 della Corte Costituzionale

Con questa sentenza la corte costituzionale si è pronunciata in merito alla legittimità della revocatoria fallimentare così come previsto dall'art. 6 della legge Marzano, che riferendosi alla Prodi bis attiva un programma finalizzato al rientro di flussi monetari destinati a finanziare la ristrutturazione. In tal modo, i creditori sono soddisfatte attraverso il risanamento andando così a rispettare quanto previsto dall'art. 6 che consente la proposizione per il commissario straordinario dell'azione revocatoria, pur attuando un programma di ristrutturazione "purché si traduca in un vantaggio per i creditori". Tale azione revocatoria consente la revoca di tutti gli atti compiuti in un periodo che può arrivare fino ai 5 anni, se tali atti sono stati posti in essere con imprese del gruppo (art. 91 Prodi bis) perché si sospetta che la frode abbia un potenziale di preordinazione dolosa. Inoltre il legislatore dimentica che i creditori possono essere pagati con ogni mezzo idoneo e che quindi non sono più creditori ma possono diventare anche proprietari. Alla lettera c-bis dell’art. 4bi della legge Marzano vediamo che il concordato può prevedere "l'attribuzione ad un assuntore delle attività delle imprese interessate dalla proposta di concordato... potranno essere trasferite all'assuntore le azioni revocatoria di cui all'art. 6 promosse dal commissario straordinario..." l'assuntore quindi è un terzo imprenditore che si assume l'onere di soddisfare le obbligazioni e a fronte di ciò assume l'attivo con tutte le azioni che ne derivano, anche quelle revocatorie. Questo infatti è l'unico caso in cui la revocatoria può essere esperita da un soggetto che non è organo della procedura. L'assuntore diventa quindi titolare dell’azioni processuali intraprese. La corte costituzionale ha ritenuto incostituzionale l'art. 6 della Marzano lì dove prevede l'esercizio della revocatoria in un programma di ristrutturazione perché viola l'art. 3 della costituzione e cioè la violazione del principio di uguaglianza e l'art. 41 della costituzione in quanto viola la libertà di iniziativa economica poiché mette in posizione di vantaggio concorrenziale l'impresa (che non è destinata alla cessione) rispetto alle altre consentendo il rientro di mezzi finanziari che non sono disponibili per tutte le altre imprese.

Tratto da DIRITTO FALLIMENTARE di Salvatore Busico
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