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Il mercato imperfetto e la rilevanza della politica dei dividendi


L’irrilevanza della politica dei dividendi sostenuta da M&M implica l’assenza di imperfezioni di mercato, ma poiché tali imperfezioni esistono non se ne può prescindere e devono pertanto essere prese in esame.
Tra le principali argomentazioni di chi sostiene la rilevanza della politica dei dividendi si possono evidenziare le seguenti:
L’esistenza dell’imposizione fiscale sia per quanto riguarda i dividendi che i capital gains. La preferenza tra distribuzione e ritenzione degli utili dipende dal differenziale di imposte personali e dall’epoca in cui le stesse si dovranno pagare. In tutti i casi in cui i dividendi siano tassati più dei capital gains e le imposte si paghino solo al momento del realizzo di questi ultimi, per gli investitori è sicuramente conveniente, sotto il profilo fiscale, essere azionisti di una società che maturi dei capital gains rispetto a un’altra che distribuisca dividendi. E viceversa. 
M. King (in presenza di un sistema di tassazione dei risultati di impresa di imputazione – quale quello vigente in Italia) imposta il processo di valutazione economica con la seguente equazione:
[(1 – Ir)/(1 - &’)]  - F’ = (1 – Tcg)
Ir = aliquota d’imposta media relativa al reddito marginale costituito dai dividendi distribuiti dall’impresa e percepiti dall’investitore socio.
&’ = incidenza percentuale del credito d’imposta sul dividendo imponibile (37%)
F’ = costi di transazione connessi all’emissione di nuove azioni.
Tcg = aliquota di imposta effettiva sui capital gains, in funzione del percettore (persona fisica o giuridica) e della natura della partecipazione (qualificata o non qualificata in relazione al possessore persona fisica e di controllo/collegamento o non per il possessore persona giuridica)
Nell’ipotesi che il percettore dei dividendi sia l’investitore/socio persona fisica, risolvendo l’equazione in funzione dell’aliquota Ir – che in Italia è funzione della natura e del reddito dell’investitore/socio, si ottiene che:
Ir = 1 – [(1 - &’) (1 – Tcg + F’)]
Obiettivo: max del ritorno netto per l’investitore socio.
3 differenti situazioni:
Se Ir (1° membro) = 2° membro, sotto il profilo fiscale è irrilevante, in termini di ritorno netto, una politica di ritenzione o distribuzione degli utili (ricorrendo all’emissione di nuove azioni)
Se 1° > 2°   ->  ritenzione utili netti
Se 1° < 2°  ->  distribuzione utili netti e contestuale sottoscrizione di nuove azioni per pari importo.
Dunque, in tutti quei casi in cui l’imposizione sui capital gains (costo relativo alla relativo alla ritenzione dell’utile netto d’impresa) è inferiore all’insieme dei costi di transazione (relativi all’emissione di nuove azioni) e di imposte aggiuntive (relative all’aliquota di imposta marginale che l’investitore/socio deve corrispondere sui dividendi incassati, ogni investitore che paghi le imposte, ha interesse a una politica di bassi dividendi, e viceversa.

Tratto da FINANZA D'IMPRESA di Alessia Chiovaro
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