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La dieta raccomandata dalle linee guida e i fattori genetici


Le linee guida raccomandano una dieta ipocalorica a basso contenuto di grassi, solo così si può favorire la perdita di peso attraverso la riduzione dell’introito calorico (1% del peso per settimana).
L’obesità è rilevabile mediante BMI e circonferenza vita, quest’ultima è importante per determinare il grasso addominale che è associato ad un maggior rischio di sviluppare malattie metaboliche.
Se da un lato la “colpa” dell’obesità è la nostra società del benessere, delle comodità, della globalizzazione, dall’altro esisto fattori genetici non sottovalutabili. Se un individuo ha entrambi i genitori obesi ha l’80% di sviluppare l’obesità, se ne ha uno solo la probabilità scende al 40%, se non ne ha neanche uno la probabilità è inferiore all’8%. Alcuni studi hanno valutato la cosa mediante l’adozione e i figli adottivi hanno evidenziato che il loro BMI si correla con quello dei genitori biologici e non con quello dei genitori adottivi. Pertanto l’ambiente familiare sembra giocare un ruolo marginare nel determinare lo sviluppo dell’obesità. Un altro studio sulla popolazione degli Indiani Pima ha dimostrato d’altro canto che il gruppo di progenitori insediati nell’Arizona hanno una prevalenza di obesità e diabete elevata poiché si sono adeguati alla dieta americana; il gruppo di progenitori che vivono nel Messico hanno una bassa prevalenza di diabete e obesità perché sono impegnati in agricoltura e allevamento, pur condividendo i geni dei cugini dell’Arizona. In conclusione l’accumulo di grasso non è dovuto ad un fattore singolo ma ad una serie di fattori (sociali, fisiologici, genetici).
I pazienti obesi non hanno lo stesso modo di agire davanti ad una perdita di peso: alcuni riportano significativi miglioramenti psicologici, si sentono più attraenti e sono orgogliosi del loro successo, altri sperimentano reazioni negative poiché si sentono minacciate dal ricevere un’aumentata attenzione oppure si sentono vulnerabili poiché spogliati di quella funzione protettiva che l’eccesso ponderale aveva svolto per loro fino ad allora.
Il paziente non deve subire passivamente il trattamento dietetico o delegare ad esso il suo successo o il suo fallimento, ma deve cercare di soddisfare i propri bisogni (riconoscendo prima di tutto il bisogno di nutrirsi) trovando un compromesso tra ciò che vorrebbe essere e ciò che risulta già un traguardo importante per la salvaguardia della propria salute. Deve imparare a controllare gli stimoli con semplici regole: fare la spesa lontano dai pasti portando il denaro essenziale ed acquistando in base ad una lista, mangiare lentamente assaporando i cibi, gettare gli avanzi ecc..

Tratto da EDUCAZIONE SANITARIA di Lucrezia Modesto
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