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Plotino e il ritorno all'Uno con la dialettica


Il ritorno all’Uno: è questo processo sopra descritto quello che in sé contiene la spiegazione del perché il filosofo tenda a ritornare all’Uno. Dato che ogni aspetto del mondo sensibile è derivazione dell’Uno, ogni cosa è in gradi di tendere ad esso e di ritornare alla sua originaria perfezione (tranne la materia che è destinata a perire irrimediabilmente). L’uomo è quello che più di tutti è in grado di compiere questo viaggio a ritroso. L’anima non è mai del tutto caduta come si vede dal sistema di P. Esiste un’anima che guarda verso il basso e una che guarda verso l’alto. Ogni anima umana contiene tutte le divine ipostasi per cui è in grado di decidere secondo quale di essa vivere. È solo attraverso una purificazione dell’anima, che è una purificazione intellettuale, che si è in grado di risalire verso la perfezione. Per questo motivo, come in Platone, è fondamentale la dialettica. È vero però che con l’intelletto si arriva alla seconda ipostasi, ma si rimane impigliati nelle distinzioni di cui l’intelletto è caratterizzato. Per cogliere l’Uno bisogna abbandonare queste distinzioni: la forma più alta di liberazione  alla quale l’intelletto può giungere è quello che P. chiama intelletto in amore che mira bellezza. L’arte legata alla bellezza, è sì imitazione come aveva voluto Platone, ma non delle cose sensibili bensì delle forme ideali. Raggiunto questo stadio si deve solo attendere quel momento dell’unione con il divino che avviene attraverso l’estasi letteralmente l’uscita da sé: essa così come l’Uno è un avvenimento che non si può descrivere, si tratta di una unione mistica poiché come l’Uno è anch’essa ineffabile.

Tratto da FILOSOFIA ANTICA di Carlo Cilia
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