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Il tessuto sociale della città di Genova in "Il filo dell'orizzonte"

I protagonisti sono persone comuni e svolgono mestieri tipici del loro tempo: un infermiere dell’obitorio, una maestra (la sua fidanzata), un giornalista (l’amico). Si muovono però in una città di cui l’autore descrive soprattutto lo spaccato sociale degli abitanti del centro storico: «Vi abitano vecchi e puttane, ambulanti, pescivendole, giovinastri disoccupati, droghieri con botteghe cupe e antiche, umide, che odorano di spezie e di baccalà, sulle cui porte si leggono a malapena insegne sbiadite che dicono: “Vini-Coloniali-Tabacchi”. I netturbini passano di rado, anche loro disdegnano i detriti di questa umanità minore. […] La sera il vicolo è abitato da tre prostitute tranquille, che hanno vigili protettori alle finestre dei primi piani. Più che altro teme le bande dei topi che di sera si aggirano aggressivi, non si ha idea di come siano grossi». È lo stesso contesto descritto da De André-Gennari, anche se qui mancano i ritrovi notturni, la rumorosità della gente, i colori. Qui è semplicemente degrado, senza via di scampo.
Il proletariato operoso di Maggiani si è ormai spostato a vivere nei quartieri dormitorio, in collina, lasciando il centro storico in balia di “uomini persi”, grossi topi, immigrati.
I lavori pesanti del porto sono infatti già affidati ai migranti provenienti dal Nord Africa: «Ha passeggiato tutta la mattina lungo il porto, è arrivato fino alle dogane e ai porti mercantili. C’era una brutta nave con la scritta Liberia sulla poppa che scaricava casse e cassoni. Un negro che stava a osservare la manovra di scarico appoggiato a un parapetto gli ha fatto un cenno di saluto».

Tratto da GENOVA NELLA LETTERATURA di Isabella Baricchi
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