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I Principi: buona fede, tutela dell’affidamento, contraddittorio

I Principi: buona fede, tutela dell’affidamento, contraddittorio


Il primo principio del procedimento tributario è quello della buona fede.
Nel codice civile si distingue tra buona fede soggettiva e buona fede oggettiva. La buona fede soggettiva è la convinzione di comportarsi secondo il proprio diritto; la buona fede oggettiva è il comportarsi oggettivamente correttamente, nel senso che, ad esempio, le parti di un contratto sono tenute a comportarsi in modo tale da soddisfare le ragioni dell'altra parte, venire incontro alle ragioni dell'altra parte nei limiti in cui questo non costituisce un sacrificio. La buona fede oggettiva è quindi una regola di fair-play.
Per il procedimento tributario la buona fede è delineata dall'articolo 10 dello Statuto del Contribuente , che al primo comma fa un’affermazione molto generica, ma importante: "i rapporti tra contribuente e amministrazione finanziaria sono improntati al principio della collaborazione e della buona fede".
È un principio generale di grande rilievo, suscettibile di molteplici applicazioni concrete: contribuente e fisco hanno il dovere di collaborare fattivamente, adottando il comportamento che, a pari efficacia, è meno pregiudizievole per la controparte.
Un'applicazione importante del principio di buona fede, cioè di questo principio di correttezza, è la tutela dell'affidamento.
Tutela dell'affidamento significa comportarsi rispettando la legittima aspettativa che si è indotta nella controparte con il proprio comportamento.
Nel diritto tributario ci sono applicazioni molto importanti:
- se il contribuente ha chiesto precise indicazioni e si è attenuto a quanto indicatogli dagli uffici, per il principio di buona fede e tutela dell’affidamento il fisco non potrà contraddirsi successivamente e tanto meno applicare delle sanzioni.
- se l'amministrazione con una circolare dichiara la non tassabilità di una certa operazione e, sulla base di detta circolare, il contribuente non indica quella operazione nella dichiarazione, l’amministrazione non potrà poi cambiare idea.
Anche il contribuente è tenuto al rispetto del principio di buona fede:
è lesivo del principio di correttezza il comportamento del contribuente che, convocato presso l’ufficio a fornire spiegazioni sulla propria dichiarazione, si rifiuti di collaborare tacendo, per poter poi dichiarare le proprie ragioni nel giudizio. L’atteggiamento collaborativo del contribuente può comportare un grande risparmio per entrambe le parti: il contraddittorio svolto con correttezza nella fase amministrativa può infatti convincere il fisco a non proseguire con l’atto di accertamento, evitando tutte le spese conseguenti.
Il secondo comma dell’art. 10 dello Statuto del Contribuente  fa un’affermazione più specifica: “Non sono irrogate sanzioni né richiesti interessi moratori al contribuente, qualora egli si sia conformato a indicazioni contenute in atti dell’amministrazione finanziaria, ancorché successivamente modificate dall’amministrazione medesima, o qualora il suo comportamento risulti posto in essere a seguito di fatti direttamente conseguenti a ritardi, omissioni od errori dell’amministrazione stessa”.
La norma parla di sanzioni, dice che non si può essere puniti, ma non dice che non si può essere tassati. In realtà la tendenza della giurisprudenza va in questa direzione: se l’amministrazione fornisce un parere al contribuente sulle modalità di tassazione di una certa operazione, e questi si attiene alle indicazioni ricevute, qualora l’amministrazione cambi idea , non solo non potrà sanzionare il contribuente, ma nemmeno potrà chiedergli un tributo maggiore.
È un principio molto importante, soprattutto per chi svolge attività imprenditoriale: l’imprenditore deve poter calcolare tutti i costi di ogni operazione, tra i quali rientrano gli aspetti tributari.
Quello della tutela dell'affidamento e della buona fede è un settore in via di espansione; la giurisprudenza sta ampliando sempre di più, ormai anche a livello di Corte di Cassazione, la tutela dell'affidamento.
Un altro principio del procedimento tributario è il principio del contraddittorio.
All’interno del procedimento amministrativo tributario non esiste una norma generale che stabilisca la doverosità del contraddittorio: tuttavia esso è previsto da norme specifiche.
Così è, ad esempio, per l’imposizione fiscale basata su uno studio di settore , in cui una specifica norma prevede che il contribuente possa essere convocato per il contraddittorio prima dell’emissione dell’atto di accertamento.
Un'altra norma simile a questa è l'articolo 32 del decreto sull'accertamento : in materia di accertamenti bancari, gli uffici devono convocare il contribuente per chiedergli spiegazioni su operazioni bancarie ritenute sospette.
Tuttavia la giurisprudenza prevalente ritiene che, anche quando previsto da specifiche norme, il contraddittorio non sia necessario: l’atto di accertamento emesso senza preventivo contraddittorio, è comunque legittimo, perché si sostiene che il contribuente avrà comunque la possibilità di difendersi in giudizio.
La posizione della giurisprudenza è profondamente criticata dalla dottrina che la ritiene sbagliata e iniqua: il contraddittorio nella fase procedimentale potrebbe persino evitare il processo con i relativi oneri per entrambe le parti.
 

Tratto da APPUNTI DI DIRITTO TRIBUTARIO di Luisa Agliassa
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