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Le rimanenze di magazzino


Partecipano al calcolo del reddito non solo i ricavi e i costi, ma anche le variazioni, intervenute nell’esercizio, delle rimanenze dei beni-merce.
La valutazione delle rimanenze finali si effettua raggruppando i beni in categorie omogenee per natura e valore.
Le rimanenze, nel primo esercizio in cui si verificano, sono valutate in base al costo medio.
Negli esercizi successivi, se vi è incremento, le maggiori quantità costituiscono gruppi distinti per esercizio di formazione, da valutare con il criterio del costo medio; se, invece, negli esercizi successivi, vi è diminuzione di quantità, vuol dire che nel corso dell’anno sono stati venduti più beni di quelli acquistati.
Per espressa previsione, si considerano alienati per primi i beni facenti parte degli incrementi formati negli esercizi precedenti a partire dall’incremento più recente: è, questo, il criterio del LIFO.
Il codice civile prevede (principio di prudenza) che il magazzino delle essere valutato in base al valore di costo o in base al valore di realizzo, optando per quello minore.
La valutazione in base al valore di realizzo è consentita anche ai fini fiscali; infatti, quando il valore del magazzino, determinato in base al costo, risulta superiore a quello di mercato dell’ultimo mese dell’esercizio, il contribuente può “svalutare” il magazzino adottando il valore di mercato.
Viene così dato rilievo fiscale alla svalutazione delle rimanenze dei beni-merce, mentre analogo rilievo non hanno gli altri beni (per gli altri beni, le minusvalenze hanno rilievo quando sono “realizzate”); ed è, questo, un altro importante aspetto della distinzione tra beni-merce e altri beni.

Tratto da CONCETTI SUL DIRITTO TRIBUTARIO E SULL'IVA di Stefano Civitelli
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