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Posizioni dottrinali e giurisprudenziali sulla supersolidarietà tributaria


La situazione venutasi a creare a seguito dei ricordati interventi della Corte Costituzionale ha provocato un dibattito sia in dottrina che in giurisprudenza teso ad individuare le regole applicabili alla materia in esame; e in tale contesto non sono mancate prese di posizione contraddittorie e diversificate, finché non si è approdati al diffuso convincimento dell’integrale operatività della normativa civilistica nella nostra materia.
Al riguardo mette conto qui dedicare appena un cenno alla tesi fatta propria sia dalla Suprema Corte di Cassazione che dalla Corte Costituzionale, la quale ha indotto autorevole dottrina a sostenere che la “supersolidarietà”, cacciata dalla porta, è stata fatta rientrare dalla finestra.
Ci riferiamo all’assunto per cui la notifica degli atti promananti dall’amministrazione finanziaria effettuata nei confronti di alcuni soltanto dei condebitori solidali, pur non pregiudicando gli altri condebitori, sarebbe tuttavia idonea ad interrompere nei loro riguardi i termini per la notifica dell’atto stesso: con ciò dimenticando che tali termini, in quanto di decadenza, sono insuscettibili di interruzione.
In secondo luogo, parte della dottrina, prestando adesione alla tesi costitutiva, ha circoscritto l’applicabilità degli artt. 1292 ss. c.c. alla sola fase di riscossione; escludendola con riferimento alla precedente fase di accertamento nell’ambito della quale si colloca la potestà impositiva del soggetto attivo, il cui esercizio non potrebbe non coinvolgere tutti i destinatari degli effetti riconducibili alla concreta esplicazione di tale potere.
Allo stato attuale l’orientamento dominante è nel senso che la solidarietà tributaria soggiace alla disciplina civilistica.
Non vanno però sottaciuti gli inconvenienti che ne scaturiscono: inconvenienti essenzialmente riconducibili all’eventualità di una definizione del rapporto obbligatorio, in punto di an e di quantum, differenziata nei confronti dei singoli coobbligati.
Tale realtà ha dato luogo ad un acceso dibattito intorno alla possibilità per il coobbligato, che pure abbia omesso di impugnare nel termine perentorio l’avviso di accertamento a lui notificato, di opporre alla finanza il giudicato favorevole conseguito da un altro coobbligato.
La questione è stata affrontata e risolta in senso positivo dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione.

Tratto da CONCETTI SUL DIRITTO TRIBUTARIO E SULL'IVA di Stefano Civitelli
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