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Forma degli atti amministrativi non provvedimentali

Forma degli atti amministrativi non provvedimentali


La forma degli atti amministrativi non provvedimentali è scritta. Questo perché l'atto interviene in un procedimento: la sua funzionalità richiede una forma inequivocabile e percepibile, cosa che solo lo scritto può offrire. Quindi la forma scritta è la forma assunta dall'atto amministrativo strumentale: anche quando questo è adottato da un organo collegiale, ad es. il parere di una commissione edilizia, la deliberazione del collegio si traduce in un parere scritto, così adottato per poter essere poi trasmesso al sindaco.
Soltanto lo scritto può lasciare una traccia indelebile della fattispecie procedimentale.
In caso di atti amministrativi non strumentali siamo in presenza di uno schema legale tipico: l'esercizio non discrezionale del potere obbliga l'amministrazione a seguirlo in modo vincolato. Non può dunque ricorrere ad alcuna libertà di forma: l'antitesi tra forma scritta e orale si giustificava nel provvedimento proprio per la discrezionalità nell'esercizio del potere. La forma scritta è l'unico modo per lasciare una traccia reale ed è l'unica forma rispondente alla natura dell'atto amministrativo.
La forma dell'atto non deve essere confusa con la comunicazione del medesimo, che pur'essa avviene generalmente per iscritto. Come per la comunicazione del provvedimento, si tratta di operazioni che l'amministrazione pone in essere per portare a conoscenza di terzi l'esistenza dell'atto: questa finalità recettizia si realizza nei modi più variati.
Il parere scritto, come atto amministrativo strumentale, non va confuso con la sua comunicazione (trasmissione) che sempre per iscritto si effettua dall'organo consultivo all'amministrazione agente.
Atto e comunicazione sono 2 entità diverse, che devono rimanere distinte: la seconda è del tutto ininfluente per caratterizzare gli elementi del primo.
Non c'è atto amministrativo che non si traduca in una rappresentazione documentale, cioè in una misura di conoscenza su cui si potrà sviluppare il diritto all'informazione, oggi definito come diritto di accesso alla documentazione amministrativa.
Il documento produce una conoscenza dell'atto rappresentandolo in termini cartacei, probatori di una certezza legale. Ma saranno soprattutto gli avariati mezzi di comunicazione dell'atto amministrativo a fornire una produzione multiforme di documenti che, con efficacia probatoria, producono una conoscenza legale del medesimo.
Anche nelle misure collettive di pubblicità, laddove la comunicazione si realizza con affissioni e pubblicazioni, la copia, l'estratto affisso o pubblicato nel foglio legale, son sempre rappresentazioni documentali dell'atto, il cui originale è conservato nell'archivio dell'amministrazione. Sarà proprio l'archivio l'ufficio deputato alla conservazione della massa di documenti e il rilascio di una copia richiesta dall'interessato che esercita il suo diritto di accesso all'informazione e alla documentazione amministrativa, comporta una ulteriore produzione di documenti, non già di atti amministrativi.
Quindi molti atti di certezza possono esternarsi ovvero riprodursi in innumerevoli figure documentali. La relazione funzionale tra atto e documento è solo ripetitiva, al fine della conservazione e diffusione della memoria storica delle p.a.

Ogni atto amministrativo scritto doveva essere motivato; l'obbligo di motivazione veniva escluso quando per la semplicità o la ripetitività dell'atto, le ragioni della motivazione potevano risultare implicite.
L'atto amm. è espressione dell'esercizio non discrezionale del potere amministrativo: non c'è ponderazione sugli e degli interessi in gioco. L'atto è tipico in quanto vincolato dal principio di nominatività ad osservare un preciso schema legale. La conclusione sarebbe quella che gli atti amministrativi in quanto atti non vincolati non dovrebbero essere motivati. Oggi si deve intendere che l'obbligo della motivazione, introdotto di recente da una normativa, riguarda soltanto i provvedimenti: una estensione agli atti non sarebbe consentita dal diritto positivo.
Non deve quindi stupire la non rilevanza della motivazione negli atti amministrativi, irrilevanza ampiamente giustificata dalla loro natura non provvedimentale, che rende la motivazione per i medesimi del tutto insignificante o quanto meno improponibile.

Tratto da DIRITTO AMMINISTRATIVO di Beatrice Cruccolini
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