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Prospettive di riforma nella disciplina dei nomi di famiglia


Concludendo, le soluzioni definite dai diversi ordinamenti pongono un inevitabile interrogativo: è logico che il diritto al nome di famiglia sia ancora considerato una prerogativa dell’identità personale dei singoli o sarebbe più appropriato definirlo quale diritto dei genitori a trasmettere ai figli il proprio nome? In precedenza, la trasmissione automatica del cognome paterno faceva prevalere il diritto del padre di assicurare un discendente in linea maschile, ma, ora che questo criterio è stato messo in discussione, la giurisprudenza oscilla tra queste due possibilità.
Perché proprio in questo momento storico sono stati avanzati questi interrogativi? Sostanzialmente, la radice di queste innovazioni è proprio la differenza di fondo nel modo di concepire il nome di famiglia e la patrilinearità.
Un tempo, la famiglia era un’identità collettiva, ma prima ancora un’identificazione sociale per i suoi componenti; lo svantaggio che ne derivava era necessariamente la gerarchia al suo interno, che poneva il padre quale capo in assoluto, a discapito di altri valori quali la parità tra i coniugi, il principio di uguaglianza, la dignità umana e l’identità personale.
Si potrebbe obiettare, quindi, che la nuova disciplina, per ovviare a questa problematica, abbia scardinato la stessa unità esteriore della famiglia, che, se pur espressamente prevista dall’ART.29 Cost., era molto più tutelata, quando a decidere il domicilio della famiglia e l’ubicazione dei figli era una sola persona.
Secondo i promotori dell’innovazione, tuttavia, scommettere sulla crescente responsabilità individuale e sul conseguente rispetto reciproco tra i membri interni alla famiglia, permetterebbe di assicurarle un’unità davvero salda ed effettiva, e non solo apparente; proprio di fronte al fatto che il matrimonio è in un periodo di fortissima crisi, in cui le separazioni quasi raggiungono le famiglie ancora unite, quindi, recuperare una dimensione di libertà individuale per i singoli componenti è imporre in qualche modo la ricerca di un accordo che vada bene per tutti.
A questo proposito, la seguente citazione di S.Mill induce, senza dubbio, ad una ragionevole riflessione: «L’eguaglianza dei coniugi di fronte alla legge non è il solo modo in cui questa particolare unione può entrare in armonia con la giustizia da entrambe le parti e condurre alla felicità di entrambi, ma è il solo mezzo per rendere la vita quotidiana una scuola di educazione morale per entrambe le parti».

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