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I sei tipi penali dell’ordine espositivo domatiano


La dispositio delle fattispecie criminali, prendendo le mosse dalla definizione di crimine come azione che lede l'ordine sociale, sarà elaborata a seconda del tipo di legame sociale (Fondamento vero e proprio dell’ordine sociale, conferito appositamente dal «regno della disuguaglianza artificiale») che esso mette in pericolo.
Nello studio del diritto penale, infatti, non ci si può limitare ai principi naturali che regolano le relazioni tra privati, ma occorre ampliare l'analisi di tali fondamenti, individuando i sei fattori, che consentono di spiegare la sussistenza del legame sociale nonostante la corruzione della natura umana, cui corrispondono sei tipi penali; in tal modo, si rende possibile un’articolazione della scienza penalistica che garantisce una maggiore flessibilità all'intervento repressivo statale, in relazione alla pericolosità sociale del singolo crimine.

ADDENTRANDOSI NELLA SPECIFICITÀ DI QUESTA CLASSIFICAZIONE TIPICA, DOMAT DISTINGUE:

A. CRIMINI CHE ATTENTANO ALL'ORDINE DELLA SOCIETÀ «NELLA DIPENDENZA DI TALE ORDINE DA DIO CHE L'HA FORMATA, E CHE LA MANTIENE ATTRAVERSO LA SUA PROVVIDENZA, LE SUE LEGGI DIVINE, LE REGOLE DEL DIRITTO NATURALE, E LA RELIGIONE NEI LUOGHI IN CUI ESSA È CONOSCIUTA» (ESSENZIALMENTE I REATI CONTRO LA RELIGIONE, QUALI LE BESTEMMIE, LE EMPIETÀ, LE ERESIE, I SACRILEGI E I SORTILEGI, E TEORICAMENTE ANCHE LA VIOLAZIONE DI PRINCIPI NATURALI UNIVERSALI, QUALI LA PROPORZIONALITÀ DELLA PENA RISPETTO ALLA QUALITÀ DEL CRIMINE): Se potere temporale e potere religioso debbono, secondo Domat, procedere in accordo totale per reggere l'ordine sociale, ciò non significa che tali poteri non debbano essere considerati nettamente distinti nelle loro funzioni e nelle loro modalità di esercizio dell'azione di governo; ciò significa che la finalità a cui deve tendere il diritto penale non è tanto la tutela della vera religione cristiana in quanto tale, quanto quella di proteggere la società dai disordini che possono scaturire dai conflitti religiosi. A suo parere, l'unica vera religione è quella cristiana e suo compito è di difenderla anche da quelle stesse tendenze cattoliche che conducevano, per lo meno nell'ambito politico, a subordinare le verità di fede alla raison d'État o alle ragioni del mondo; tuttavia, la precisazione «nei luoghi in cui essa è conosciuta» fa comprendere che Domat accomuna, nello stesso settore penale, le violazioni dell'ordine della religione con quelle delle regole universali di diritto naturale, in un tentativo, almeno teorico, di secolarizzazione del diritto penale (Tendenza giuridica tardo settecentesca che mira a superare il principio dell'unica religione riconosciuta, considerando come inviolabili più che le leggi positive di una professione religiosa, le regole di diritto naturale che il nostro intelletto è in grado di conoscere attraverso il suo percorso autonomo dalle verità di fede). Sotto un secondo profilo, inoltre, è possibile cogliere la tendenza domatiana a secolarizzare gli stessi crimini contro la religione, come si evidenzia chiaramente dal Titolo I (intitolato «Delle Eresie, Bestemmie, Sacrilegi, ed altre empietà») dell’abbozzo di codice penale di De Héricourt.

B. ATTI CHE LEDONO «L'AUTORITÀ CHE DIO HA DATO ALLE POTENZE TEMPORALI PER IL GOVERNO» (ESSENZIALMENTE I CRIMINI DI LESA MAESTÀ, SUDDIVISI IN TRE SOTTOCATEGORIE): Quando Domat scrive il suo trattato, la dottrina penalistica francese aveva da tempo cercato di regolare la proliferazione cinque-seicentesca di questo tipo delittuoso, distinguendo tra crimini di lesa maestà di primo grado (Attentati alla vita del Sovrano ed ai membri della sua famiglia, nonché quegli atti di vera e propria insurrezione o tradimento politico, che potessero costituire una cospirazione contro il regime monarchico) e crimini di lesa maestà di secondo grado (Atti o congiure che mettevano in pericolo la sicurezza dello Stato e degli officiers di nomina regia, quali le cospirazioni contro i ministri e i governatori delle province, o i tentativi di violare il monopolio fiscale dello Stato o militare).

C. ATTI CHE LEDONO LA «POLICE GENERALE DELLO STATO» E L’ORDINE PUBBLICO  (SIA DAL PUNTO DI VISTA DELLA POLITICA ECONOMICO-SOCIALE, SIA DAL PUNTO DI VISTA DELLA POLITICA CRIMINALE): Nell’ottica di una maggiore spersonalizzazione del potere e dello Stato, tuttavia, Domat crea un’ulteriore terza categoria di delitti che «ledono l'amministrazione generale (police) e l'ordine pubblico, e che, da una parte, non riguardano singolarmente l'interesse di alcuna persona in particolare, e, dall'altra, non sono propriamente dei crimini di lesa Maestà, quantunque le danno l'autorità del Principe, quali sono i crimini delle assemblee illecite, del monopolio, della falsificazione di moneta, e altri tipi».; si tratta, infatti, di una sfera di attività di governo, a metà strada tra tutela del Sovrano e tutela degli individui che non può essere propriamente protetta, né attraverso le fattispecie di lesa maestà, né da quelle, di derivazione privatistica, che tutelano le varie espressioni dell'individuo. Su questo tema, peraltro, nella prefazione del Libro III de “Le Droit Public”, Domat si limita ad enunciare un principio che deve essere sviluppato nelle sue conseguenze normative; perciò, è nella parte integrata da De Héricourt che la novità di questa categoria assume contorni più precisi: ben cinque dei tredici Titoli dell’abbozzo di codice penale, in particolare, il Titolo IV (Delle assemblee illecite, del porto d'armi e delle vie di fatto), il V (Del Peculato), il VI (Delle concussioni e delle altre malversazioni degli Ufficiali), il IX (Del crimine di falso e di falsa moneta), il XII (Delle diverse contravvenzioni ai Regolamenti di Polizia), possono essere inseriti in tale settore.

D. REATI CHE VIOLANO I VINCOLI NATURALI DEL MATRIMONIO E DELLA NASCITA, «IN UN MODO CHE TURBA L'ORDINE PUBBLICO, E LA CUI RILEVANZA RICHIEDE UNA PUNIZIONE PUBBLICA» (ESSENZIALMENTE I REATI CHE LEDONO I LEGAMI FAMILIARI, QUALI «L'ADULTERIO, IL DOPPIO MATRIMONIO, CHE SI CHIAMA BIGAMIA O DIGAMIA, IL RATTO, LA SOSTITUZIONE D'INFANTE, L'INCESTO, IL PARRICIDIO, GLI ATTENTATI CONTRO LE PERSONE DEI GENITORI, L'ABBANDONO DEGLI INFANTI, IL CRIMINE DELLE MADRI CHE SOFFOCANO I LORO FIGLI ALLA NASCITA»): In questo caso, Domat ripercorre una tradizione piuttosto consolidata del diritto penale seicentesco , che vedeva nella tutela della famiglia un modo per garantire il buon ordine dello Stato e, pertanto, un'entità sociale protetta dal diritto canonico quando dal diritto pubblico. La precisazione «in un modo che turba l'ordine pubblico, e la cui rilevanza richiede una punizione pubblica», tuttavia, fa sottintendere che possano anche esistere dei comportamenti che, pur rientrando potenzialmente in questa categoria, non hanno rilievo pubblico e pertanto non meritano l'intervento dello strumento penale, conservando la propria autonomia nella sfera delle Puissances naturelles.

E. DELITTI CHE VIOLANO GLI OBBLIGHI DI RISPETTO RECIPROCO CHE SI INSTAURANO TRA I PRIVATI (ESSENZIALMENTE LE LESIONI ALL’INTEGRITÀ FISICA DELLA PERSONA, QUALI L'OMICIDIO E LE LESIONI PERSONALI, LE LESIONI ALL’AMBITO DEI BENI PATRIMONIALI, QUALI IL FURTO E LA BANCAROTTA FRAUDOLENTA, LE LESIONI ALL’ONORE, QUALI L'INGIURIA E LA DIFFAMAZIONE): Si tratta della categoria penale quantitativamente più ampia; questa tripartizione tra integrità della persona, beni patrimoniali ed onore è ripresa da Domat quando tratta il tema della classificazione delle pene, affermando che «tutte le pene si possono ridurre alle tre specie di mali già indicate che si possono fare agli uomini». Si instaura, in tal modo, una corrispondenza tra oggetti colpiti dal crimine e quelli colpiti dai diversi tipi di pena, senza peraltro che tale corrispondenza sia univoca , nella prospettiva di una deterrenza della pena, che non si riduce ad una rigorosa legge del taglione; infatti, a reati che intaccano un determinato ambito della vittima, non corrispondono, in ogni caso, pene che incidono solamente sul corrispondente ambito del condannato.

F. AZIONI DELITTUOSE «CHE, SENZA LEDERE GLI INTERESSI DI NESSUNO, TURBANO L'ORDINE PUBBLICO ATTRAVERSO IL CATTIVO USO CHE FANNO DELLA LORO PERSONA I NULLAFACENTI, I PRODIGHI, I DISPERATI, LE DONNE DISSOLUTE, E LE PERSONE CHE CADONO IN QUEI CRIMINI MOSTRUOSI CHE NON SI OSANO NOMINARE» (ESSENZIALMENTE LA PROSTITUZIONE E IL SUO SFRUTTAMENTO, LA SODOMIA, IL CRIMINE DI LUSSURIA, MA ANCHE L'ADULTERIO, LA POLIGAMIA, L'INCESTO): Si tratta di una serie di azioni, aventi uno stretto legame con la quarta categoria penale domatiana, che non ledono diritti di altre persone, ma «gli obblighi di ciascuno nei confronti della collettività. Così, ad esempio, ogni privato deve a se stesso e alla collettività il buon uso della sua persona; il che rende punibili alcune azioni, quantunque esse appaiano limitate alle persone di coloro che le commettono. Anche in questo caso, infatti, come si deduce meglio dall’abbozzo di codice penale di De Héricourt, si tratta di quel disordine morale e comportamentale che la «scienza politica del buon governo» non può più tollerare; per questo motivo, De Héricourt renderà più evidente questa similitudine tra i due tipi penali domatiani, riunendoli entrambi sotto il X Titolo, intitolato «Degli attentati al pudore, degli adulteri».

Tratto da LA TEORIA CRIMINALISTA DI JEAN DOMAT di Luisa Agliassa
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