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Concause sopravvenute di lesione nella medicina legale


Si può pensare, ad esempio, ad una persona ferita in modo non grave che muore per una successiva complicanza settica della ferita stessa, per un inadeguato trattamento da parte dei medici o per una scarsa cura da parte dello stesso ferito.
Il feritore sarà comunque chiamato a rispondere della morte, sia pure a titolo diverso da quello di omicidio doloso (solitamente omicidio preterintenzionale).
In talune circostanze, però, le concause sopravvenute interrompono certamente il rapporto di causalità.
Ma l’art. 41 c.p. è assai rigoroso a tale riguardo, poiché è detto che esse escludono il rapporto di causalità solo “quando sono state da sé sole sufficienti a determinare l’evento”.
Si dovrebbe allora più propriamente parlare di “cause” e non di “concause” sopravvenute.
La giurisprudenza ha chiarito che ai fini dell’interruzione del rapporto di causalità, le concause sopravvenute devono possedere i seguenti attributi:
a. l’eccezionalità e perciò l’imprevedibilità;
b. l’atipicità, cioè deve essere intervenuto un qualcosa di nuovo rispetto alla condotta considerata o alla normale evoluzione di un certo quadro morboso;
c. l’indipendenza dal fatto del colpevole;
d. la capacità di essere da sole sufficienti a determinare l’evento
È quanto si verifica ad esempio nel caso in cui la morte sia stata causata dalle nuove gravi ferite riportate per un imprevedibile incidente stradale verificatosi durante il trasporto in ospedale.

Tratto da MEDICINA LEGALE di Stefano Civitelli
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