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Lesioni da arma bianca: Ferite da taglio


Sono rappresentate da soluzioni di continuo della cute e dei tessuti molli prodotte da mezzi taglienti.
Questi possono essere tipici (bisturi, rasoi, lame di coltello, falci, spade, ecc…) e atipici, quando pur non essendo concepiti per l’azione tagliente, posseggono un’analoga capacità lesiva (lamiere metalliche, schegge di coccio, frammenti di vetro, fili metallici sottili, ecc…).
 Le caratteristiche delle lesioni da taglio sono:
a. l’estensione in superficie;
b. la relativa regolarità e nettezza dei margini;
c. le estremità acute;
d. la presenza delle codette: si tratta di prolungamenti superficiali del taglio, in entrata e in uscita; all’entrata, essendo più elevata l’azione di pressione, il mezzo si affonda rapidamente e la codetta è breve, più lunga è la codetta in uscita; talora esse sono presenti ad una sola estremità, che è di norma interpretabile come punto d’uscita del tagliente, salvo che non siano in gioco superfici curve, come il collo o gli arti (in tale evenienza possono mancare del tutto o presentare un aspetto differente con maggiore accentuazione in entrata: fenomeno dell’inversione delle codette);
e. il fondo è regolare privo di ponti di tessuti o di briglie;
f. la forma delle ferite è lineare.
Costituiscono varietà tipiche di ferite da taglio:
i. le ferite da difesa: sono indicative di omicidio;
ii. le ferite da svenamento: indicative di suicidio;
iii. le ferite da scannamento o sgozzamento: si osservano nella regione cervicale e sono inferte mediante rasoi, lame di coltello, falci, cesoie; risultano rapidamente mortali quando si verifica la sezione della carotide, che provoca un’intensa emorragia; le emorragie più lievi possono anch’esse condurre al decesso per sommersione interna, quando il sangue penetra nelle vie respiratorie; più raramente la morte è causata da embolia gassosa, per penetrazione di aria nella giugulare interna; possono essere indicative sia di omicidio che di suicidio;
iv. le ferite da sventramento: sono prodotte dal filo di un rasoio o di una lama ricurva (sciabola), come nel karakiri, in cui si determina, a scopo suicida, un largo squarcio nella parete addominale con fuoriuscita di viscere.
A parte vanno considerate le ferite da fendente, che sono provocate da strumenti taglienti dotati di lama pesante (scuri, mannaie, ecc…) che reagiscono con meccanismo combinato recidente e contundente.

Tratto da MEDICINA LEGALE di Stefano Civitelli
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