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La frammentazione religiosa in Albania


La conversione degli albanesi all’Islam, professato oggi da quasi ¾ della popolazione, viene interpretata dagli studiosi balcanici come una loro sostanziale subordinazione ai turchi, come un tradimento della causa comune europea e cristiana: tradimento consumatosi solo per condividere con gli ottomani l’opera di saccheggio e di massacro delle popolazioni slavo-ortodosse.
L’interpretazione albanese è opposta e si incardina sulla rappresentazione di una nazione che sulle orme di Scanderbeg contende palmo a palmo il territorio agli ottomani, costantemente minacciando i governatori provinciali ottomani, e li costringe a riconoscere l’autonomia ora di questa, ora di quella parte del territorio.
Entrambe le visioni sono storicamente fuorvianti.
La conversione all’Islam fu la conseguenza dell’introduzione dell’ordinamento ottomano nelle terre balcaniche.
I cristiani, infatti, nell’Impero ottomano, in virtù del suo ordinamento giuridico e politico rigidamente teocratico, erano infatti considerati cittadini di seconda classe.
La conversione, anche solo esteriore, all’Islam, era per loro l’unica soluzione mediante la quale migliorare la propria posizione sociale o mantenere le proprie fortune.
L’islamizzazione promossa dai turchi aggravò la frammentazione religiosa della società albanese.
Nel tentativo di superare queste divisioni religiose, che si erano convertite in divisioni politiche, Vaso Pasha coniò quella frase che poi fu assunta a motto dell’Albania indipendente: “l’Albanità è la religione degli albanesi”.
La religione, quindi, non fu più un elemento di discrimine fra gli albanesi, definitivamente riuniti attorno al culto laico della nazione.
Le teorie di Vaso Pasha raccolsero, nel 1968, l’ammirazione di Enver Hoxha, tanto che, durante la rivoluzione culturale albanese, il leader comunista le propagandò per giustificare “la lotta contro l’oscurantismo”, come Hoxha definì gli eccessi contro i religiosi perpetrati nel tentativo di proclamare l’Albania “primo Stato ateo del mondo”.
Nell’ottica esasperata dell’autarchia nazionalista promossa dal regime di Hoxha, le parole di Vaso Pasha vennero intese come un appello per l’ateismo degli albanesi.
Donde l’avvio alla costruzione di un santuario, di cui è simbolo la piramide che oggi svetta al centro di Tirana, che sarebbe dovuto diventare il “centro mondiale di culto della nazione albanese”.

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