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I servizi e le imprese di investimento

Prima di affrontare l’analisi della disciplina dettata per le imprese di investimento e per la prestazione dei “servizi di investimento” aventi per oggetti “strumenti finanziari”, dobbiamo, ovviamente, capire con maggior precisione cosa intenda il legislatore per “servizi di investimento” aventi per oggetto “strumenti finanziari” e, avendo già definito quest’ultima nozione nel capitolo I, dobbiamo concentrare l’attenzione su quella di “servizi di investimento”. Con una precisazione, tuttavia, per quanto concerne gli oggetti con riferimento ai quali si svolge l’attività. Il T.U. ha limitato la disciplina dei servizi di investimento alle attività che hanno come oggetto gli strumenti finanziari; un’attività che avesse per oggetto un prodotto finanziario non ricompresso fra gli strumenti finanziari non costituirebbe un servizio di investimento e quindi sarebbe sottratta alla relativa disciplina. A questa regola la legge n. 262 del 2005 ha introdotto, come vedremo, un’eccezione per quanto concerne la sottoscrizione e il collocamento dei prodotti finanziari, diversi dagli strumenti, emessi dalle banche e dalle assicurazioni. Le linee portanti dell’ordinamento dei servizi di investimento sono: - la riserva dell’attività a particolari categorie di “imprese”; - l’imposizione, alle stesse, di regole di stabilità e di correttezza e trasparenza nei confronti dei clienti; - la previsione di una vigilanza ispettiva, informativa e regolamentare sui soggetti autorizzati, affidata alla Banca d’Italia e alla Consob. Anche per quanto concerne i servizi di investimento, come già per gli strumenti finanziari, il legislatore ha rinunciato ad una definizione generale, limitandosi ad indicare un catalogo di attività che debbono considerarsi servizi di investimento quando abbiano ad oggetto strumenti finanziari; catalogo tassativo, ma che può essere arricchito dal Ministro dell’Economia (art. 18, 5° comma, T.U.). A norma dell’articolo 1, 5° comma, T.U. sono servizi di investimento: - “negoziazione per conto proprio” ossia l’attività di acquisto (per la rivendita) e di vendita per proprio conto (dealing) di strumenti finanziari svolta, sia nei mercati regolamentati sia al di fuori di essi, con lo scopo di realizzare una differenza (spread) fra i prezzi di acquisto e quelli di vendita; - “negoziazione per conto terzi” ossia l’attività di acquisto o di vendita di titoli, anche in nome proprio ma per conto altrui (attraverso contratti di commissione e di mandato a sottoscrivere) che trova il proprio corrispettivo non nella differenza fra prezzo di acquisto e prezzo di vendita, ma nella provvigione che il cliente interessato corrisponde al broker per il servizio ricevuto; - l’attività di “sottoscrizione e/o collocamento con assunzione a fermo ovvero con assunzione di garanzia nei confronti dell’emittente e di collocamento senza assunzione a fermo né assunzione di garanzia nei confronti dell’emittente” ossia l’attività diretta a far acquisire dai risparmiatori nuovi titoli (offerti in sottoscrizione) o titoli già emessi (offerte di acquisto) per conto di un emittente o di un potenziale venditore attraverso la loro distribuzione; - “la gestione di portafogli”, ossia l’attività consistente nell’investimento in strumenti finanziari delle somme affidate dal singolo cliente all’intermediario e sotto questo profilo contrapposta alle gestioni in monte; - “la ricezione e la trasmissione di ordini” ossia l’attività di chi si limita a ricevere e trasmettere (al negoziatore) gli ordini di acquisto o di vendita o di sottoscrizione provenienti dalla clientela; - la “consulenza in materia di investimenti”, intendendosi per tale la “prestazione di raccomandazioni personalizzate a un cliente, dietro sua richiesta o per iniziativa del prestatore di servizio, riguardo a una o più operazioni relative ad un determinato strumento finanziario; - la gestione di sistemi multilaterali di negoziazione, ossia “la gestione di sistemi multilaterali che consentono l’incontro, al loro interno ed in base a regole non discrezionali, di interessi multipli di acquisto e di vendita di terzi relativi a strumenti finanziari, in modo da dare luogo a contratti”. Il Testo Unico prende in considerazione un’altra categoria di servizi: quella dei servizi accessori; categoria che viene utilizzata, per altro, in una prospettiva del tutto diversa da quella per la quale ha fatto ricorso alla nozione di servizi di investimento. Quest’ultima serve, come sappiamo, per individuare le attività riservate a predeterminate categorie di soggetti (e in particolare a banche e Sim); quella dei servizi accessori serve, invece, per stabilire quali sono le attività, ulteriori e diverse dai servizi di investimento, che tali soggetti (e in particolare le Sim) possono esercitare, essendo loro precluso, in applicazione del principio di esclusività dell’oggetto, lo svolgimento di ogni attività il cui esercizio non sia consentito dalla legge; e l’esercizio dei servizi accessori non abbisogna, a differenza di quanto previsto per i servizi di investimento, di alcuna specifica autorizzazione. Tra i servizi accessori meritano di essere ricordati: - la custodia e l’amministrazione di strumenti finanziari; - la locazione di cassette di sicurezza; - la concessione di finanziamenti ai clienti; - la consulenza alle imprese in materia di struttura finanziaria, di strategia industriale e di questioni connesse; - i servizi connessi all’emissione e al collocamento di strumenti finanziari; - la ricerca in materia di investimenti, l’analisi finanziaria o altra forma di raccomandazione generale riguardanti operazioni relative a strumenti finanziari; - l’intermediazione in cambi, quando collegata alla prestazione di servizi di investimento; - le attività e i servizi individuati con regolamento del Ministro dell’economia e della finanze, sentite la Banca d’Italia e la Consob. A norma dell’art. 18 T.U. “l’esercizio professionale nei confronti del pubblico dei servizi e delle attività di investimento è riservato alle imprese di investimento e alle banche”, intendendosi per imprese di investimento le Sim, le imprese di investimento comunitarie e quelle extracomunitarie. Il legislatore prevede, tuttavia, che anche gli intermediari finanziari iscritti nell’elenco speciale previsto dall’art. 107 T.U. bancario possano essere autorizzati dalla Banca d’Italia ad espletare alcuni dei servizi di investimento e, più esattamente, la negoziazione per conto proprio e per conto terzi, limitatamente agli strumenti finanziari derivati e la sottoscrizione e il collocamento di strumenti finanziari previsti dall’art. 1, 5° comma, lett.c) e c-bis) del T.U. È poi necessario ricordare che due categorie di soggetti possono esercitare “in via transitoria” alcuni servizi di investimento. Più esattamente, a norma dell’art. 199 T.U. “fino alla riforma organica della disciplina delle società fiduciarie e di revisione, le società fiduciarie che avevano ottenuto la iscrizione nell’elenco speciale dell’Albo delle Sim possono continuare ad esercitare l’attività di gestione dei portafogli di investimento, purché limitino a tale attività il loro oggetto sociale, con l’intestazione a sé medesime degli strumenti finanziari di pertinenza dei clienti. E ancora, a norma dell’art. 201 T.U., gli agenti di cambio ancora iscritti nel ruolo unico nazionale del Ministero dell’economia e delle finanze possono, fino alla cessazione dal ruolo, svolgere i servizi di negoziazione per conto terzi, di collocamento senza assunzione di garanzia, di gestione individuale di portafogli, di consulenza in materia di investimenti e di ricezione e trasmissione di ordini (e mediazione). La riserva, a favore delle imprese di investimento e delle banche, dell’esercizio professionale dei servizi di investimento, ha subito un’importante deroga, da parte del D.Lgs n. 164 del 2007 di attuazione della direttiva MIFID, per quanto concerne la consulenza in materia di investimenti. Quel provvedimento ha introdotto, infatti, nel Testo Unico, un articolo 18-bis dedicato, secondo la sua rubrica, ai “consulenti finanziari” e secondo il quale “ la riserva di attività di cui all’articolo 18 non pregiudica la possibilità per le persone fisiche, in possesso dei requisiti di professionalità, onorabilità, indipendenza e patrimoniali stabiliti con regolamento adottato dal Ministro dell’Economia e delle finanze, sentite la Banca d’Italia e la Consob, di prestare la consulenza in materia di investimenti, senza detenere somme di denaro o strumenti finanziari di pertinenza dei clienti”. Il potere di autorizzare lo svolgimento, da parte di una Sim, di uno o più servizi di investimento è attribuito alla Consob; che lo esercita, per altro, sentita la Banca d’Italia. L’autorizzazione concerne ogni singola servizio e non rappresenta una condizione per la costituzione della società, ma rimane soltanto un’autorizzazione all’esercizio dell’attività. Le condizioni alla cui presenza è subordinata l’autorizzazione sono: - l’adozione della forma di società per azioni; - l’indicazione, nella denominazione, delle parole “società per intermediazione mobiliare”; - la collocazione in Italia della sede legale e della direzione generale della società; - la presenza di un capitale sociale non inferiore a quello stabilito in via generale dalla Banca d’Italia, tenendo conto delle caratteristiche dei servizi per i quali si chiede l’autorizzazione; - la presentazione, unitamente all’atto costitutivo e allo statuto, di un programma concernente l’attività iniziale e di una relazione sulla struttura organizzativa, che deve essere adeguata alla prima; - il possesso, da parte di coloro che svolgono funzioni di amministrazione, direzione e controllo oltre che dei requisiti di indipendenza eventualmente previsti dal codice civile o dalla statuto, dei requisiti di onorabilità e professionalità stabiliti dal Ministro dell’economia e delle finanze, adottato sentite la Banca d’Italia e la Consob; - il possesso, da parte dei soci che detengono una partecipazione “qualificata” del capitale (superiore al 5% delle azioni con diritto di voto), dei requisiti di onorabilità stabiliti da un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze e la mancanza di tali requisiti comporta la sospensione del diritto di voto e l’impugnabilità, anche da parte della Consob e della Banca d’Italia, delle deliberazioni assunte con il voto determinante dei soci che avrebbero dovuto astenersi; - la struttura del gruppo di cui fa parte la società non sia tale da pregiudicare l’effettivo esercizio della vigilanza sulla società stessa Come si è accennato in precedenza, l’autorizzazione viene rilasciata per ogni servizio di investimento e può ben succedere, quindi, che una Sim chieda ed ottenga l’autorizzazione per uno od alcuni soltanto dei servizi previsti dalla legge. Le Sim sono iscritte in un albo, tenuto a cura della Consob; albo nel quale vengono registrate, in apposite sezioni, anche le imprese di investimento extracomunitarie e che porta in allegato l’elenco delle imprese comunitarie. Il Testo Unico consente alle banche di svolgere tutti i servizi di investimento, compresa la negoziazione per conto proprio e per conto terzi di strumenti finanziari negoziati sui mercati regolamentati. Si assiste, dunque, ad una sostanziale equiparazione, sotto questo profilo, tra banche e Sim e l’equiparazione concerne anche le regole alle quali entrambe le categorie di intermediari debbono attenersi nell’esercizio delle relative attività. Una notevole differenza esiste invece fra le stesse con riferimento alle regole per l’accesso al mercato; differenza in larga misura ricollegabile al fatto che sulle banche, in quanto tali, insiste già la vigilanza, regolamentare, informativa e ispettiva, della Banca d’Italia; una vigilanza che si preoccupa della sana e prudente gestione del soggetto e, in particolare, della sua stabilità e la cui presenza rende in gran parte superflua l’applicazione delle norme dettate per l’accesso al mercato delle società di intermediazione mobiliare. La Banca d’Italia deve, tuttavia, sentire la Consob prima di autorizzare una banca ad esercitare il servizio di gestione di sistemi multilaterali di negoziazione. Il principio del mutuo riconoscimento consente alle imprese di investimento comunitarie, ossia alle imprese di investimento, diverse dalle banche ed aventi sede legale e direzione centrale in uno Stato dell’Unione Europea, di prestare anche in Italia i servizi per i quali abbiano ottenuto la relativa autorizzazione nel paese d’origine. Questo principio vale, per altro, solo per i servizi ammessi al mutuo riconoscimento, ossia quelli considerati tali dalla normativa 2004/39, elencati in allegato al T.U. e coincidenti con quelli ricompresi nella nozione di servizi di investimento. Le imprese di investimento comunitario possono esercitare le attività ammesse al mutuo riconoscimento nel nostro paese sia nella forma della libera prestazione di servizi, ossia direttamente dal paese di origine e senza stabilire succursali nel territorio della Repubblica, sia nella forma della libertà di stabilimento, ossia costituendo una succursale italiana. Nella prima ipotesi, è sufficiente che l’autorità competente del paese d’origine informi di tale intenzione la Consob; nella seconda è necessario che questa comunicazione intervenga almeno due mesi prima della istituzione della prima succursale per consentire alle autorità di vigilanza italiane di svolgere le necessarie istruttorie. Anche le banche comunitarie, autorizzate nel paese d’origine a svolgere servizi di investimento, possono, in forza del mutuo riconoscimento delle autorizzazioni, prestare tali servizi nel nostro paese, avvalendosi sia della libertà di prestazione dei servizi sia della libertà di stabilimento. Le imprese di investimento extracomunitarie possono esercitare nel nostro paese servizi di investimento, sia direttamente dal paese di origine sia tramite l’apertura di succursali, soltanto dietro autorizzazione della Consob. L’apertura della prima succursale viene autorizzata dalla Consob quando: - la succursale presenti un capitale corrispondente a quello richiesto dalla Banca d’Italia per le imprese di investimento italiano, venga presentato il programma di attività e gli esponenti aziendali siano dotati dei requisiti di onorabilità e professionalità richiesti per le Sim; - l’impresa sia stata autorizzata ed effettivamente eserciti nel paese d’origine le attività per le quali è richiesta l’autorizzazione; - nel paese di origine esistano sistemi di vigilanza equivalenti a quelli vigenti in Italia per le Sim; - vi siano apposite intese fra la Banca d’Italia e la Consob e le competenti autorità del paese di origine; - lo Stato d’origine conceda la clausola di reciprocità alle nostre imprese di investimento. Le Sim possono operare anche al di fuori del territorio della Repubblica, ma la disciplina del loro accesso all’attività transfrontaliera muta a seconda che sia destinata a svolgersi in un paese comunitario o in un paese extracomunitario, debba attuarsi attraverso l’apertura di una succursale o senza stabilimento, abbia ad oggetto servizi ammessi al mutuo riconoscimento o servizi non ammessi. Più esattamente la Sim, che intende aprire una succursale in un paese comunitario per lo svolgimento di servizi ammessi al mutuo riconoscimento, deve comunicare tale intenzione alla Banca d’Italia; questa provvede, entro novanta giorni, ad effettuare la relativa notifica all’autorità competente del paese ospitante; notifica che consente alla Sim di avviare la propria attività in tale paese senza che l’Autorità di quest’ultimo possa pretendere di subordinare l’apertura della succursale ad un ulteriore provvedimento autorizzatorio. Le Sim possono esercitare negli altri paesi dell’Unione Europea servizi diversi da quelli ammessi al mutuo riconoscimento solo su autorizzazione della Banca d’Italia e tale autorizzazione è subordinata alla “esistenza di apposite intese di collaborazione tra la Banca d’Italia e la Consob e le competenti autorità dello stato estero” e alla “possibilità di agevole accesso”, da parte della casa madre, alle informazioni presso la succursale. L’apertura di una succursale in un paese extracomunitario è condizionata non solo alla mancanza delle ragioni che giustificano il rifiuto di notifica per l’apertura di quelle comunitarie ma è altresì subordinata all’esistenza, nel paese di insediamento, di una legislazione e di un sistema di vigilanza adeguati, all’esistenza di apposite intese di collaborazione tra la Banca d’Italia e la Consob e le competenti Autorità dello Stato e alla possibilità di agevole accesso, da parte della casa madre, alle informazioni della succursale. Il legislatore (art. 21 T.U.) stabilisce che nella prestazione dei servizi “le imprese di investimento e le banche” devono attenersi ad alcuni “criteri generali”. Tali criteri hanno tutti come punto comune di riferimento la tutela dell’interesse del cliente; il che consente anche di comprendere perché ne siano destinatarie non solo le Sim e le banche italiane, ma anche le imprese e le banche comunitarie ed extracomunitarie. Il legislatore ha previsto che i predetti “criteri generali” debbano essere eseguiti nella prestazione sia dei servizi di investimento sia dei “servizi accessori”, mentre non vincolano le imprese di investimento nel momento in cui svolgono le altre attività finanziarie, connesse o strumentali, loro consentite, né le banche nell’esercizio dell’attività bancaria, per la quale troveranno applicazione le regole proprie della relativa disciplina. Nella prestazione di servizi, imprese e banche devono - comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza, per servire al meglio l’interesse dei clienti e per l’integrità dei mercati; - acquisire le informazioni necessarie dai clienti e operare in modo che essi siano sempre adeguatamente informati; - utilizzare comunicazioni pubblicitarie e promozionali corrette, chiare e non fuorvianti; - disporre di risorse e di procedure, anche di controllo interno, idonee ad assicurare l’efficiente svolgimento dei servizi. Il legislatore si è da sempre preoccupato di arginare gli effetti negativi del conflitto di interessi nel quale possa operare l’intermediario. Per questo motivo l’art. 21 del T.U. prevede che qualsiasi impresa di investimento debba adottare ogni misura ragionevole per identificare i conflitti di interesse che potrebbero insorgere con il cliente o fra clienti, anche adottando misure organizzative, in modo da evitare che incidano negativamente sugli interessi dei clienti. Qualora le misure adottate non siano sufficienti per assicurare, con ragionevole certezza, che il rischio di nuocere agli interessi dei clienti sia evitato, bisogna informare questi ultimi chiaramente dell’esistenza del conflitto di interessi, prima di agire per conto loro. Un’importante linea guida del Regolamento Intermediari è la distinzione fra “cliente professionale” e “cliente al dettaglio”; distinzione che discrimina il grado di protezione assicurata all’ordinamento essendo, ovviamente, maggiore nei confronti di questi ultimi. Il Regolamento definisce “cliente professionale” “un cliente che possiede l’esperienza, le conoscenze e la competenza necessarie per prendere consapevolmente le proprie decisioni in materia di investimenti e per valutare correttamente i rischi che assume”. Nell’ambito dei clienti professionali il Regolamento distingue fra i “clienti professionali di diritto” (banche, imprese di investimento, imprese di assicurazione ecc.) e “clienti professionali su richiesta”, ossia soggetti diversi da quelli appena indicati che ne facciano esplicita richiesta scritta rinunciando così alla protezione prevista per i clienti al dettaglio. Sono “clienti al dettaglio” coloro che non siano o “cliente professionale o controparte qualificata”. Così, se a norma dell’art. 27 del Regolamento Intermediari, nei confronti di tutti i clienti, professionali o al dettaglio, “tutte le informazioni, comprese le comunicazioni pubblicitarie e promozionali, indirizzate dagli intermediari a clienti o potenziali clienti devono essere corrette, chiare e non fuorvianti”, è solo nei confronti dei clienti al dettaglio che le stesse debbono essere particolarmente analitiche sia sull’intermediario che fornisce il servizio sia sugli strumenti finanziari oggetto del servizio sia sulle modalità di salvaguardia degli strumenti finanziari e delle somme di danaro in pertinenza del cliente, sulle regole delle quali è disciplinato il rapporto con l’intermediario, con una puntuale indicazione dei costi e degli oneri connessi con la prestazione del servizio. Il Regolamento Intermediari disciplina alcuni doveri di comportamento dell’intermediario specificamente per i vari servizi. Due di essi solo l’adeguatezza e l’appropriatezza del servizio fornito. A norma dell’art. 39 del Regolamento, gli intermediari “al fine di raccomandare i servizi di investimento e gli strumenti finanziari adatti al cliente o potenziale cliente, nella prestazione dei servizi di consulenza in materia di investimenti o di gestione di portafoglio, ottengono dal cliente o potenziale cliente le informazioni necessarie in merito: - alla conoscenza ed esperienza nel settore di investimento rilevante per il tipo di strumento o di servizio; - alla situazione finanziaria; - agli obiettivi dell’investimento”. E “sulla base delle informazioni ricevute dal cliente, e tenuto conto della natura e delle caratteristiche del servizio fornito, gli intermediari valutano che la specifica operazione consigliata o realizzata nel quadro della prestazione del servizio di gestione di portafogli soddisfi i seguenti criteri: - corrisponda agli obiettivi di investimento del cliente; - sia di natura tale che il cliente sia finanziariamente in grado di sopportare qualsiasi rischio connesso all’investimento compatibilmente con in suoi obiettivi di investimento; - sia di natura tale per cui il cliente possieda la necessaria esperienza e conoscenza per comprendere i rischi inerenti all’operazione o alla gestione del suo portafoglio”. Mentre la regola dell’adeguatezza deve essere seguita nella prestazione dei servizi di consulenza e di gestione di portafogli, alla prestazione degli altri servizi si applica la regola dell’appropriatezza così disciplinata dal Regolamento Intermediari (artt. 41 e 42). - Gli intermediari, quando prestano servizi di investimento diversi dalla consulenza in materia di investimenti e dalla gestione di portafogli, richiedono al cliente di fornire informazioni in merito alla sua conoscenza e esperienza nel settore d’investimento rilevante per il tipo di strumento o di servizio proposto o chiesto e sulla base delle informazioni ricevute verificano che il cliente abbia il livello di esperienza e conoscenza necessario per comprendere i rischi che lo strumento o il servizio di investimento offerto o richiesto comporta. - Gli intermediari possono presumere che un cliente professionale abbia il livello di esperienza e conoscenza necessario per comprendere i rischi connessi ai servizi di investimento o alle operazioni o ai tipi di operazioni o strumenti per i quali il cliente è classificato come professionale. - Qualora gli intermediari ritengano, ai sensi del comma 1, che lo strumento o il servizio non sia appropriato per il cliente o potenziale cliente, lo avvertono di tale situazione. Sulla scia della direttiva comunitaria ha fatto ingresso nel nostro ordinamento la regola della execution only. A norma dell’art. 43 Regolamento Intermediari “gli intermediari possono prestare i servizi di esecuzione di ordini per conto dei clienti o di ricezione e trasmissione di ordini, senza che sia necessario ottenere le informazioni o procedere alla valutazione di appropriatezza quando sono soddisfatte tutte le seguenti condizioni: - i suddetti servizi sono connessi ad azioni ammesse alla negoziazione in un mercato regolamentato; - il servizio è prestato a iniziativa del cliente; - il cliente è stato chiaramente informato che, nel prestare tale servizio, l’intermediario non è tenuto a valutare l’appropriatezza e che pertanto l’investitore non beneficia della protezione offerta dalle relative disposizioni; - l’intermediario rispetta gli obblighi in materia di conflitto di interessi. Un ultima regola di carattere generale è quella della best execution, dettata dagli artt. 45 ss. Del Regolamento Intermediari. Stabilisce infatti l’art. 45 che “gli intermediari adottano tutte le misure ragionevoli e, a tal fine, mettono in atto meccanismi efficaci per ottenere, allorché eseguono ordini, il miglior risultato possibile per i loro clienti, avendo riguardo al prezzo, ai costi, alla rapidità e alla probabilità di esecuzione e di regolamento, alla dimensione, alla natura dell’ordine o a qualsiasi altra considerazione ai fini della sua esecuzione. A norma del 1° comma dell’art. 23 del T.U. i “contratti relativi alla prestazione di servizi di investimento, escluso il servizio [di consulenza in materia di investimenti] e, se previsto, i contratti relativi alla prestazione dei servizi accessori sono redatti per iscritto e un esemplare è consegnato ai clienti”. La mancanza della forma scritta comporta la nullità del contratto; nullità che può essere fatta valere solo dal cliente. La forma scritta però può rivelarsi un adempimento inutile o addirittura incompatibile con le esigenze tecniche proprie di alcuni tipi di operazioni; così il legislatore ha previsto che “la Consob, sentita la Banca d’Italia, può prevedere con regolamento che, per motivate ragioni tecniche e in relazione alla natura professionale dei contraenti, particolari tipi di contratto possano o debbano essere stipulati in altra forma”. Nell’esclusivo interesse del cliente è posta la norma che dichiara la nullità di qualsiasi pattuizione del contratto di investimento che rinvii agli usi “per la determinazione del corrispettivo dovuto dal cliente e di ogni altro onere a suo carico”. La disposizione, che esprime l’evidente sospetto che il contenuto dell’uso sia determinato dall’impresa di investimento o dalla banca, considerati come soggetti forti nel mercato, sancisce la nullità di una siffatta clausola di rinvio, precisando anche a questo proposito, che la nullità può essere fatta valere solo dal cliente. E, per l’ipotesi in cui la nullità venga dichiarata, stabilisce che nulla è dovuto alla banca o all’impresa di investimento. Qualora l’intermediario violasse le regole di comportamento alle quali deve attenersi durante la prestazione del servizio, incorrerebbe in una responsabilità per il risarcimento dei danni che la sua violazione ha causato. In particolare, l’art. 23, comma 6, del T.U. precisa che “nei giudizi di risarcimento dei danni cagionati al cliente nello svolgimento dei servizi di investimento e di quelli accessori spetta ai soggetti abilitati l’onere della prova di aver agito con la specifica diligenza richiesta”. Ovviamente però, anche il cliente dovrà provare in sede di accusa che l’intermediario ha violato qualche regola generale di comportamento e quest’ultimo si libererà dall’obbligo risarcitorio provando di aver agito con la specifica diligenza richiesta. Il legislatore stabilisce che “nella prestazione dei servizi di investimento ed accessori gli strumenti finanziari e le somme di denaro dei singoli clienti, a qualunque titolo detenuti dall’impresa di investimento, … , costituiscono patrimonio distinto a tutti gli effetti da quello dell’intermediario e da quello degli altri clienti”, traendone la naturale conseguenza che su tale patrimonio non sono ammesse azioni dei creditori dell’intermediario e che le azioni dei singoli clienti sono ammesse nei limiti del patrimonio di proprietà di ciascuno di essi. Nel nostro ordinamento la gestione di portafogli di investimento in strumenti finanziari è un contratto tipico riservato alle imprese di investimento e alle banche, nel senso che le sue norme non troverebbero applicazione quando un analogo contratto fosse stipulato al di fuori della riserva prevista per l’esercizio dei servizi di investimento. Queste le norme, inderogabili, che si applicano al contratto di gestione di portafogli di investimento in strumenti finanziari: - il contratto deve essere necessariamente redatto in forma scritta, rimanendo, quindi, esclusa la possibilità che la Consob possa prevedere una forma diversa in considerazione di ragioni tecniche o della qualità del cliente; - il cliente può impartire istruzioni vincolanti in ordine alle operazioni da compiere; - il cliente ha il diritto di recedere in ogni momento dal contratto senza che allo stesso venga addebitata alcuna penalità; - la rappresentanza per l’esercizio del diritto di voto inerente agli strumenti finanziari in gestione può essere attribuita all’impresa di investimento, alla banca, e alla società di gestione ma la procura deve essere conferita in forma scritta e per ogni singola assemblea. La rappresentanza può essere conferita solo per assemblee già convocate, ed è sempre revocabile purché la revoca pervenga al rappresentante almeno il giorno precedente quello previsto per l’assemblea; inoltre la procura deve precisare la direzione del voto che il rappresentante intende esprimere per l’ipotesi in cui il cliente non dia indicazioni al proposito; - l’impresa di investimento e la banca non possono delegare a terzi l’esecuzione dell’incarico di gestione loro conferito, salva l’autorizzazione scritta del cliente. Queste sono, le uniche norme che il legislatore detta in materia di forma e di contenuto del contratto di gestione, lasciando in particolare all’autonomia contrattuale la concreta determinazione del contenuto del contratto medesimo. Il Regolamento Intermediari, ha dettato una serie di regole che si aggiungono a quelle previste per la generalità dei contratti di investimento; norme la cui violazione, per altro, non comporterà la nullità del contratto, ma renderà applicabili le disposizioni generali in materia di contratti e di responsabilità. Il Regolamento Intermediari stabilisce che il contratto con i clienti al dettaglio: - indica i tipi di strumenti finanziari che possono essere inclusi nel portafoglio del cliente e i tipi di operazioni che possono essere realizzate su tali strumenti, inclusi eventuali limiti; - indica gli obiettivi di gestione, il livello del rischio entro il quale il gestore può esercitare la sua discrezionalità ed eventuali specifiche restrizioni a tale discrezionalità; - indica se il portafoglio del cliente può essere caratterizzato da effetto leva; - fornisce la descrizione del parametro di riferimento, ove significativo, al quale verrà raffrontato il rendimento del portafoglio del cliente; - indica se l’intermediario delega a terzi l’esecuzione dell’incarico ricevuto, specificando i dettagli nella delega; - indica il metodo e la frequenza di valutazione degli strumenti finanziari contenuti nel portafoglio del cliente. Inoltre, il contratto specifica “la possibilità per l’intermediario di investire in strumenti finanziari non ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato, in derivati o in strumenti illiquidi o altamente volatili; o di procedere a vendite allo scoperto, acquisti tramite somme di denaro prese a prestito, operazioni di finanziamento tramite titoli o qualsiasi operazione che implichi pagamenti di margini, deposito di garanzie o rischio di cambio”. La prestazione dei servizi di investimento e i soggetti autorizzati ad effettuarla sono sottoposti a vigilanza pubblica. Il D.Lgs. n. 64 del 2007, attuativo della direttiva MIFID, definisce gli scopi della vigilanza. In particolare stabilisce che “la vigilanza sulle attività disciplinate dalla presente parte ha per obiettivi: - la salvaguardia della fiducia nel sistema finanziario; - la tutela degli investitori; - la stabilità e il buon funzionamento del sistema finanziario; - la competitività del sistema finanziario; - l’osservanza delle disposizioni in materia finanziaria”. Gli obiettivi così fissati per la vigilanza sono poi specificati con riferimento alla vigilanza regolamentare nell’art. 6 del T.U.F., secondo il quale “nell’esercizio delle funzioni di vigilanza regolamentare, la Banca d’Italia e la Consob osservano i seguenti principi: - valorizzazione dell’autonomia decisionale dei soggetti abilitati; - proporzionalità, intesa come criterio di esercizio del potere adeguato al raggiungimento del fine, con il minore sacrificio degli interessi dei destinatari; - riconoscimento del carattere internazionale del mercato finanziario e salvaguardia della posizione competitiva dell’industria italiana; - agevolazione dell’innovazione e della concorrenza”. La competenza, per la formulazione delle regole di vigilanza, viene ripartita tra la Banca d’Italia e la Consob, per funzioni, almeno in linea di principio e nei limiti in cui tali funzioni possono effettivamente essere individuate e separate. Nel senso che alla Banca d’Italia viene attribuita la competenza per le regole di vigilanza prudenziale e in particolare “per quanto riguarda il contenimento del rischio, la stabilità patrimoniale e la sana e prudente gestione degli intermediari”, mentre alla Consob viene riservata la competenza per le regole di trasparenza e di correttezza dei comportamenti. In verità il legislatore è consapevole della difficoltà di tracciare un confine puntuale tra regole prudenziali e regole di trasparenza e correttezza e pretende che le prime, pur essendo emanate dalla Banca d’Italia, vengano adottate “sentita la Consob” e le seconde, formalmente riservate a provvedimenti della Consob, siano emanate “sentita la Banca d’Italia”. Non solo ma prevede che su certe materie le regole vengano dettate congiuntamente da Banca d’Italia e Consob. Anche la ripartizione, tra la Banca d’Italia e la Consob, della concreta attività di controllo diretta a garantire l’osservanza delle regole di vigilanza avviene sulla base dello stesso criterio adottato per la ripartizione del loro potere regolamentare: ciascuna di esse “vigila sull’osservanza delle disposizioni regolanti le materie di competenza”, ossia sull’osservanza delle norme contenute nei regolamenti che ciascuna emana. Il fatto che sullo stesso operatore insista il controllo di due diverse autorità può determinare una inutile duplicazione dei controlli e un ingiustificato incremento dei costi della regolamentazione quando non una lacune nell’esercizio degli stessi. E proprio allo scopo di evitare questi inconvenienti, il legislatore ha stabilito che, nell’esercizio delle proprie funzioni di controllo, la Banca d’Italia e la Consob, “operano in modo coordinato anche al fine di ridurre al minimo gli oneri gravanti sui soggetti abilitati”, e “si danno reciproca comunicazione dei provvedimenti assunti e delle irregolarità rilevate nell’esercizio dell’attività di vigilanza”. Per il concreto svolgimento delle proprie funzioni di controllo, sia la Banca d’Italia sia la Consob – ciascuna per le materie di propria competenza – hanno poteri di vigilanza informativa ed ispettiva nei confronti sia delle Sim sia delle banche. Esse possono, infatti, chiedere la comunicazione di dati e notizie e la trasmissione di atti e documenti e possono esercitare tali poteri non solo presso le banche e le Sim, ma anche nei confronti della società incaricata della loro revisione contabile e della certificazione dei loro bilanci. Inoltre, il collegio sindacale, sia delle Sim sia della banca, deve trasmettere ad entrambe le autorità di vigilanza i verbali che documentino l’accertata esistenza di irregolarità nella gestione societaria o nell’esercizio dell’attività di prestazione dei servizi di investimento. Sia i poteri di vigilanza informativa sia quelli di vigilanza regolamentare possono essere esercitati anche nei confronti delle imprese di investimento comunitarie, nel presupposto che le norme di vigilanza abbiano una diretta incidenza sui rapporti con i clienti e, quindi, rientrino nella competenza del paese ospitante; il che, se è sempre e certamente vero per le regole di trasparenza e di correttezza dei comportamenti, può essere dubbio per alcune regole di vigilanza prudenziale, in linea di principio rimesse al paese di origine. E in quest’ultima prospettiva assumono notevole rilievo gli accordi, per lo scambio di informazioni e per il coordinamento delle rispettive attività, fra le autorità del paese ospitante e quelle del paese d’origine; rapporti che il legislatore prende in considerazione anche per escludere che allo scambio di informazioni possa essere opposto il segreto d’ufficio. Tra le norme di vigilanza prudenziale dettate per le Sim possono distinguersi regole più strettamente afferenti l’adeguatezza patrimoniale, il contenimento del rischio e le partecipazioni detenibili e quelle dirette ad assicurare l’adeguatezza dell’organizzazione amministrativa e contabile e dei controlli interni. Nell’ambito del primo gruppo di norme rientrano anche quelle che prevedono un capitale versato minimo per le Sim. Il Regolamento della Banca d’Italia, correlando tale capitale minimo alla rischiosità insita nel servizio di investimento per il quale viene chiesta l’autorizzazione, ha stabilito che lo stesso sia: - di 385.000,00 euro per le Sim che intendono svolgere, anche congiuntamente, i servizi di collocamento senza preventiva sottoscrizione o acquisto a fermo ovvero assunzione di garanzia nei confronti dell’emittente, gestione su base individuale di portafogli di investimento per conto terzi, ricezione trasmissione di ordini nonché mediazione, a condizione che le Sim non detengano, neanche in via temporanea, le disponibilità liquide e gli strumenti finanziari della clientela e l’attività sia svolta senza assunzione di rischi da parte delle Sim; - di 1 milione di euro per le Sim che intendano svolgere, anche congiuntamente i predetti servizi in mancanza delle condizioni appena indicate nonché per le Sim che intendano svolgere i servizi di collocamento con preventiva sottoscrizione o acquisto a fermo ovvero assunzione di garanzia nei confronti dell’emittente e quelli di negoziazione per conto proprio o per conto terzi. Rientrano nell’ambito delle norme prudenziali ancorate al principio della esclusività dell’oggetto delle Sim le regole relative alle partecipazioni detenibili. Sottolineando che l’assunzione di partecipazioni anche di controllo in società finanziarie può costituire un momento importante della strategia imprenditoriale di un’impresa di investimento, il predetti Regolamento della Banca d’Italia, consente alle Sim di assumere partecipazioni anche di maggioranza in banche, in società finanziarie nonché in imprese di assicurazione. Il Regolamento vieta invece alle Sim di assumere partecipazioni superiori al quindici per cento del capitale rappresentato da azioni con diritto di voto o che, comunque, assicurino il controllo in società non finanziarie, per evitare che venga aggirato il principio di esclusività dell’oggetto sociale. L’ordinamento non prevede alcuna disciplina particolare per la crisi di una banca autorizzata a svolgere servizi di investimento: la stessa rimarrà sottoposta alle norme dettate dal T.U.B. Il legislatore ha invece dettato una disciplina speciale per le Sim. Sono inoltre previste norme per le situazioni di crisi nelle quali versino le imprese di investimento comunitarie e per quelle extracomunitarie. Nell’ipotesi in cui risultino gravi irregolarità nell’amministrazione ovvero gravi violazioni delle disposizioni legislative, amministrative o statutarie, e “ricorrano situazioni di pericolo per i clienti o per i mercati”, il presidente della Consob può disporre, in via d’urgenza, la sospensione degli organi di amministrazione della Sim e procedere alla nomina di un commissario che ne assume la gestione. Nel momento in cui il commissario cessa dalle proprie funzioni, e l’autorità di controllo non abbia assunto provvedimenti (amministrazione straordinaria o liquidazione coatta) che comportino lo scioglimento del rapporto di amministrazione, gli amministratori sospesi riassumono le proprie funzioni, almeno che l’assemblea non abbia provveduto nel frattempo alla loro sostituzione. Il provvedimento cautelare in esame può essere adottato anche nei confronti delle imprese di investimento extracomunitarie, ma non anche nei confronti di quelle comunitarie. A queste ultime, per altro, sia la Banca d’Italia sia la Consob possono ordinare di porre termine alle irregolarità o alle violazioni di norme nelle quali siano incorse, dandone comunicazione all’autorità di vigilanza del paese d’origine per l’assunzione di provvedimenti necessari. Il Ministero dell’economia e delle finanze, su proposta della Banca d’Italia o della Consob, può sottoporre ad amministrazione straordinaria una Sim, con scioglimento degli organi amministrativi e di controllo, - quando risultino gravi irregolarità nell’amministrazione ovvero gravi violazioni delle disposizioni legislative, amministrative o statutarie che ne regolano l’attività; - quando siano previste gravi perdite del patrimonio o - quando lo scioglimento sia richiesto con istanza motivata dagli organi amministrativi o dall’assemblea straordinaria delle Sim o dal commissario provvisorio nominato dal presidente della Consob in via cautelare. Nell’ipotesi in cui le irregolarità o le violazioni siano di eccezionale gravità, il Ministero dell’economia e delle finanze, sempre su proposta o della Banca d’Italia o della Consob, può disporre la liquidazione coatta amministrativa della Sim; procedura disciplinata dalle stesse norme che si applicano alla liquidazione coatta delle banche e che si svolgono sotto l’esclusiva direzione della Banca d’Italia.

Tratto da IL MERCATO MOBILIARE di Fabio Muzzolu
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