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Il rischio dell’utilità del lavoro e quello dell’impossibilità del lavoro


Nella dottrina pandettistica la distinzione tra locatio operis e locatio operarum aveva rilievo al fine di stabilire la diversa imputazione e ripartizione tra le parti dei rischi inerenti alla realizzazione della prestazione lavorativa.
Il primo di tali rischi, detto anche rischio del lavoro, è quello incidente sull’utilità prodotta dalla prestazione di lavoro, che incide sul risultato produttivo dell’erogazione delle energie di lavoro.
Il secondo rischio è quello dell’impossibilità (o mancanza) del lavoro, sopravvenuta per effetto del caso fortuito o della forza maggiore eventualmente ostativi dell’esecuzione della prestazione: cioè l’alea incidente sulla perdita totale o parziale del corrispettivo da parte del lavoratore.
Il rischio dell’impossibilità o c.d. mancanza di lavoro è sempre sopportato dal lavoratore, sia nella locatio operis che nella operatio operarum.
Il rischio dell’utilità del lavoro è invece collegato concretamente alla variabilità economica del rendimento delle energie di lavoro prestate dal locatore.
Questo rischio è ripartito tra i contraenti in modo diverso nella locazione d’opera e nella locazione delle opere: nella prima è integralmente a carico del locatore o lavoratore autonomo, il quale si obbliga appunto a prestare l’opera finita, qualunque sia il costo sopportato per ottenere il risultato futuro; nell’altra, il rischio del risultato produttivo è a carico del conduttore o imprenditore, poiché il lavoratore subordinato si obbliga a prestare le proprie energie di lavoro limitandosi a sopportare soltanto il rischio della mancanza di lavoro.

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