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Adriano Olivetti, gli anni 50 e la crescita


Rispetto alle posizioni confindustriali, ADRIANO OLIVETTI andava controcorrente.
Dal 1926 entrò nella fabbrica paterna ove, per volere di Camillo, fece le prime esperienze come operaio. Divenne direttore della Società Olivetti nel 1933 e presidente nel 1938.
Si oppose al regime fascista con momenti di militanza attiva (partecipò con Carlo Rosselli, Ferruccio Parri, Sandro Pertini ed altri alla liberazione di Filippo Turati). Durante gli anni del conflitto bellico, in cui Olivetti era inseguito da mandato di cattura per attività sovversiva, riparò in Svizzera.
Rientrato dal suo rifugio alla caduta del regime, riprese le redini della azienda a Ivrea.
Tra i suoi collaboratori troviamo note personalità nel campo delle scienze sociali e della cultura: Franco Momigliano, Ottiero Ottieri, Franco Fortini, Franco Ferrarotti, Geno Pampaloni, Alessandro Pizzorno, Paolo Volponi.
Alle sue capacità manageriali, che portarono la Olivetti ad essere la prima azienda del mondo nel settore dei prodotti per ufficio, unì una instancabile sete di ricerca e di sperimentazione su come si potessero armonizzare lo sviluppo industriale con la affermazione dei diritti umani e con la democrazia partecipativa, dentro e fuori la fabbrica.
Avrebbe voluto sconvolgere la forma proprietaria dell’azienda di famiglia, convertirla in un’impresa sociale autonoma, controllata da una fondazione in cui fossero fuse le componenti del lavoro, del territorio, della cultura.
L’inizio di questo cambiamento poteva essere proprio la questione della partecipazione  dei lavoratori.
E così alla Olivetti si varò un consiglio di gestione con uno statuto e un meccanismo di rappresentanza elettiva. Era la prima tappa verso l’attuazione di un progetto di cogestione del potere aziendale. Nel 1950, con un referendum tra i lavoratori, ratificò lo statuto del suo Consiglio di gestione che durerà fino al 1967. Il consiglio assumeva su di sé l’amministrazione dei servizi sociali d’azienda, fino agli interventi assistenziali nei campi delle pensioni, della sanità, ecc. Il fine ultimo era rendere i lavoratori partecipi all’indirizzo generale dell’azienda.
A presiedere il consiglio era il presidente dell’azienda, affiancato da sei consiglieri nominati da lui e da otto designati dai lavoratori(tre dagli operai, tre dagli impiegati, uno dai dirigenti).
Sotto la guida di Adriano, gli anni cinquanta segnano una fase di crescita straordinaria.
Atlantismo e fordismo

Tratto da L'ITALIA DELLE FABBRICHE di Cristina De Lillo
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