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Vittorio Valletta e la FIAT


In FIAT la seconda guerra mondiale porta ad una drastica riduzione della produzione di autovetture con una conversione delle linee alla costruzione di veicoli commerciali richiesti dalla macchina bellica. Gli impianti subiscono gravissimi danni a causa dei bombardamenti e vengono pressoché fermati.
Dopo aver rischiato di perdere la proprietà dell'azienda per la propria compromessione con il regime fascista, Agnelli nel 1946 passa il comando a VITTORIO VALLETTA, essendo l'unico figlio maschio, Edoardo, morto in un incidente aereo.
Uomo di qualità non comuni, si occupò di reggere per conto della famiglia Agnelli una delle poche aziende italiane non completamente inginocchiate dalla disfatta. Riuscì a farla rialzare e contemporaneamente fornì l'opportuna preparazione al ruolo che appena possibile avrebbe dovuto assumere il giovane discendente.
Solo nel 1948 grazie agli aiuti stanziati dal Piano Marshall terminano i lavori di ricostruzione degli stabilimenti e riprende in pieno la produzione di autovetture.
Anche in Valletta troviamo intenzioni nazionalistiche, ma in una misura più contenuta che in Mattei e senza la carica terzomondista e le denunce contro i poteri forti dell’economia occidentale. Un punto di convergenza tra i due è la centralità che entrambi davano al momento della formazione dei quadri aziendali.
Dopo il 1948-49, decisa a far compiere all’azienda il grande balzo produttivo basato sull’espansione di Mirafiori, la direzione industriale deciderà giunto il tempo di ricostruire una linea di autorità gerarchica, con il recupero dei valori, della disciplina e della lealtà verso l’impresa. Sarà allora che la Fiat riscoprirà l’importanza dei giovani quadri. La nuova classe industriale sono i tecnici, i giovani, impegnati, ubbidienti e responsabili sul lavoro che escono dalla Scuola allievi Fiat, la più grande iniziativa per la formazione mai realizzata dall’industria italiana. Come già per il passato l’azienda torna a guardare all’esempio americano: era stata la Ford che negli Stati Uniti del dopoguerra, si era lanciata in una grande campagna per la trasformazione e la responsabilizzazione dei propri intermedi.
La Scuola diventa il centro dove si forma la gerarchia intermedia, i quadri. Dal dopoguerra all'inizio degli anni '70 vengono selezionati oltre 8.000 ragazzi che in otto ore al giorno alternavano scuola e officina, studio teorico e lavoro.
Inoltre Valletta prefigura un percorso di carriera per gli ex allievi, per il suo “esercito di sottufficiali” per rafforzare in loro il senso di appartenenza all’azienda: dopo sei mesi dall’immissione in fabbrica potranno ricevere aumenti salariali di merito; dopo due anni di anzianità lavorativa, verranno promossi alla prima categoria operaia, fino alla possibilità di divenire caposquadra.
Il 10 Marzo 1955 Valletta può presentare la prima vettura veramente utilitaria, la "Seicento", primo modello che veramente darà inizio alla motorizzazione di massa degli italiani.
Il 26 Giugno del 1962 Valletta, divenuto presidente della FIAT, si dichiara favorevole ad un governo di centro sinistra, dal quale rimarrà deluso, prendendo così le distanze dalla politica antigovernativa della Confindustria presieduta da Furio Cicogna dal 1961.
Questi contestava al governo l’apertura verso il PSI, la programmazione economica e la nazionalizzazione dell’industria elettrica. Alcune grandi aziende, non solo la FIAT, appoggiarono il governo perché capirono che la nazionalizzazione delle aziende elettriche era inevitabile per mantenere i rapporti tra DC e PSI. Occorreva quindi lavorare dall’interno per evitare altre nazionalizzazioni.
Questo fu un ulteriore fattore di indebolimento della CGII e del declino della sua forza politico-contrattuale.


Tratto da L'ITALIA DELLE FABBRICHE di Cristina De Lillo
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