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Diversità delle dita



Sappiamo che uno dei primi sostenitori dell'importanza della disuguaglianza delle dita fu proprio Chopin; non a caso, infatti, egli impostava la mano degli allievi sulla scala di Si Maggiore, e non, come ancora oggi è prassi comune, su quella razionalmente più semplice di Do Maggiore: suddetta scala, infatti, permette di conservare inalterata la struttura anatomica naturale della mano, collocando le dita più lunghe "comodamente" sui tasti neri. È evidente che Chopin perseguiva in tal modo un criterio di stabilità della mano; ma non solo. Spesso, infatti, il criterio di scelta della diteggiatura dipende anche dal tipo di tocco che intendiamo realizzare.
A questo proposito, è importante considerare che la natura fisica della mano può offrire buone opportunità. Dice Neuhaus: "La nostra fortuna consiste proprio nel possedere cinque dita diverse, e neanche cinque, ma in realtà tutte e dieci diverse, visto che la collocazione a specchio delle mani sulla tastiera, simile all'esecuzione contemporanea del tema e del suo rivolto in una fuga, dà dieci splendide posizioni individuali differenti l'una dall'altra". Ancora, più avanti: "ogni dito rappresenta un'individualità e ha un determinato carattere" e "la comprensione e la sensazione dell'individualità […] delle singole dita contribuiscono efficacemente a trovare una buona diteggiatura".
In particolare, Neuhaus dimostra quanto sia insensata la frequente sfiducia nei confronti del quinto dito, che emerge da molte revisioni, soprattutto di opere di Chopin. Definisce infatti "antipianistico e innaturale" sostituire, ad esempio, il terzo dito al quinto della mano sinistra nell'esecuzione del basso, nel battere di un accompagnamento in tempo ternario.

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