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Ejzenstein e il concetto di frammento e conflitto

Ejzenstein e il concetto di frammento e conflitto



La nozione di frammento designa in esso l’unità filmica, e la prima cosa da notare è che Ejzenstein non considera mai che questa unità sia necessariamente assimilabile al piano; infatti, almeno teoricamente, può essere definito in tutt'altra maniera, poiché esso è unità, non di rappresentazione, ma di discorso. Questa nozione è fortemente polisemia e riceva in Ejzenstein almeno tre accezioni alquanto differenti, ma complementari:
- è considerato come elemento della catena sintagmatica del film; esso si definisce attraverso i rapporti, le articolazioni, che presenta con altri elementi che lo circondano.
- in quanto immagine filmica, è concepito come scomponibile in un gran numero di elementi materiali, corrispondenti ai diversi parametri della rappresentazione filmica, e questa scomposizione è considerata come mezzo di calcolo, di controllo degli elementi espressivi e significanti del frammento. Le relazioni tra frammenti saranno di conseguenza descritte come articolazioni di determinati parametri costitutivi di un frammento dato con determinati altri parametri costitutivi di uno o più altri frammenti, in un calcolo complesso: un esempio di ciò è dato dalla sequenza delle nebbie del porto di Odessa, dove i frammenti sono assemblati essenzialmente in funzione dei due parametri dell’annebbiamento e della luminosità.
- indica un certo tipo di rapporto con il referente: il frammento, prelevato dal reale già organizzato davanti e per la camera, opera in esso come un taglio; così il quadro ha sempre più o meno valore di cesura netta tra due universi eterogenei, quello del campo, quello del fuori quadro.
Questa nozione di frammento, a tutti i livelli che la definiscono, manifesta una medesima concezione del film come discorso articolato: il recinto del quadro focalizza l’attenzione sul senso che in esso è isolato, e questo stesso senso si combina, si articola in modo esplicito e tendenzialmente univoco. Secondo la formula di Barthes, il cinema ejzensteiniano folgora l’ambiguità. La produzione di senso, nel concatenamento di frammenti successivi, è pensata da Ejzenstein sul modello del conflitto; se la nozione in se stessa di conflitto non è del tutto originale, l’uso che egli ne fa non manca talvolta di essere alquanto sorprendente per la sua estensione e la sua sistematicità: il conflitto è infatti per lui il modo canonico di interazione tra due unità qualunque del discorso filmico, sia il conflitto tra frammento e frammento sia all’interno del frammento. Con le parole di Ejzenstein: “Il montaggio non è un’idea composta da frammenti posti l’uno di seguito all’altro, ma un’idea che nasce da due frammenti indipendenti. Come esempi di conflitto si potrebbe dare: grafico, delle superfici, dei volumi, spaziale, delle illuminazioni, dei ritmi; tra il materiale e l’inquadratura(deformazione spaziale tramite il punto di vista della m.d.p. ); tra il materiale e la sua spazialità(deformazione ottica tramite l’obiettivo); tra il processo e la sua temporalità(immagine rallentata, accelerata); tra l’insieme del complesso ottico e un tutt’altro ambito”; tale lista vale soprattutto per la tendenza che indica, che è quella di una produttività demoltiplicata del principio di montaggio: la funzione di montaggio produttivo funziona qui appieno.

Tratto da ESTETICA DEL FILM di Nicola Giuseppe Scelsi
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