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Giorgio Pasquali e la variante d'autore




Al termine del lavoro filologico che si è delineato nel capitolo precedente, abbiamo capito che possiamo trovare da un lato le lezioni accettate nel testo critico, dall'altro le lezioni respinte, cioè gli errori evidenti o quelli non evidenti ma smascherati. Ma può capitare di trovarsi in una situazione in cui si contrappongono due o più varianti di pari ottima qualità, talmente ottima da far pensare che siano entrambe opera dell'autore. In questo caso si parla di variante d'autore e non più di variante di tradizione. Può essere accaduto, ad esempio, che l'autore abbia dato da copiare un componimento, e poi ne abbia fatto copiare un altro inserendo nuove idee. Un campo questo inaugurato dal grande Giorgio Pasquali,specialmente nel caso dei testi classici, dove la dimostrazione della variante d'autore è particolarmente difficile da dimostrare. In età moderna ricordiamo la storia del primo e del secondo cominciamento della Vita Nova, quando Dante afferma di avere scritto due cominciamenti del sonetto Era venuta. I due cominciamenti esistono ma mancando autografi di Dante, è una teoria della variante d'autore da sostenere con robuste argomentazioni.
Ma in Petrarca, ad esempio, le varianti d'autore sono maggiormente visibili, poiché gli autografi petrarcheschi del codice Vaticano Latino 3196, un totale di venti carte, conservano ancora correzioni, varianti e postille che finiranno nell'edizione ufficiale del Canzoniere.
Parliamo di redazioni nel caso in cui ci troviamo davanti due varianti d'autore così diverse da essere analizzate globalmente e non solo punto per punto.
Parliamo di stesure nel caso di un sistematico controllo puntuale, dato dal fatto che le varianti non sono poi così diverse.

Tratto da FILOLOGIA DELLA LETTERATURA ITALIANA di Gherardo Fabretti
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