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Il concetto di originale, copia e traduzione del testo

Il concetto di originale, copia e traduzione del testo


Non possediamo nulla di proprio pugno dei classici greci e latini, di Dante e di molti altri autori, ma ne studiamo e leggiamo le opere comunque. C'è da fidarsi? Facciamoci un'idea di come i testi vengano trasmessi nel corso dei secoli.
Un testo originale può essere
Del Canzoniere di Petrarca possediamo l'originale ma non è del tutto autografo, scritto per la maggior parte dal ravennate Giovanni Malpaghini, ma sotto stretta sorveglianza di Petrarca.
Una copia deriva dall'originale o da altre copie.
Una prima copia derivata dall'originale si chiama apografo.
Una copia derivata da un'altra copia si chiama antigrafo o esemplare.
Se l'originale è perduto e l'opera è conservata da più copie, manoscritte o a stampa, si parla allora di testimone.
L'insieme dei testimoni costituisce la tradizione dell'opera, perchè sono i testimoni che hanno tradìto, tramandato, l'opera.
La lezione di un testimone è un passo del testo o tutto il testo così come compare in tale testimone.
C'è poi la cosiddetta tradizione indiretta, fatta da eventuali traduzioni o citazioni all'interno di altre opere.
La quantità dei testimoni conservati dipende in gran parte da un complesso intreccio di circostanze.
Non sempre un'opera dal successo incontrastato ha una tradizione migliore di una dal successo ostacolato: il De Monarchia di Dante, condannato e ostracizzato, fu fatto passare sotto banco tra gli amatori e i simpatizzanti, che ne produssero copie anche accurate.
Libri dal successo non avversato, invece, sono spesso scomparsi in molte edizioni, trattate male da lettori avidi ma non interessati: la prima edizione dell'Orlando Innamorato del Boiardo è perduta, e delle edizioni 2, 3 e 4 resta un solo esemplare per ciascuna, mentre della 5 non è rimasto nulla; il Morgante di Pulci ha una sola copia salva per ogni anni di edizione dal 1481 al 1483; poco più numerosi sono gli esemplari dell'Orlando Furioso del 1516 (una dozzina) e del 1521 (solo tre).
Non dimentichiamo, insomma, che manoscritti e stampe superstiti non permettono di conoscere effettivamente quale fosse la diffusione reale di un'opera. Ci sono testi irrimediabilmente scomparsi, come la pistola sotto forma di serventese che Dante, nella Vita Nuova, dichiara di avere scritto sulle sessanta donne più belle di Firenze. Ci sono testi che sarebbero oggi sconosciuti se non fosse rimasto a testimoniarne l'esistenza un singolo manoscritto: il codice Vaticano Latino 3793 contiene un migliaio di componimenti poetici di cui quasi la metà non è nemmeno nota, per cui se non ci fosse almeno un testimone sopravvissuto non sapremmo quasi nulla, ad esempio, della produzione di un importante poeta come Chiaro Davanzati.
I testimoni possono essere molto tardi rispetto all'originale ma un testimone più tardo non è necessariamente meno affidabile, poiché può essere la copia derivata direttamente dalla lettura dell'originale, mentre un testimone più antico può derivare dalla copia della copia della copia... con tutti gli errori inanellati con ogni probabilità.

Tratto da FILOLOGIA DELLA LETTERATURA ITALIANA di Gherardo Fabretti
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