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I livellatori e gli zappatori

La rivoluzione puritana 

I Livellatori (Levellers) costituiscono un movimento che, all'interno dell'esercito di Cromwell, vuol dare una legittimazione religiosa e politica alla lotta nei confronti del sovrano Carlo I attraverso gli ideali di un repubblicanesimo impegnato non solo ad attuare una diversa distribuzione dei poteri costituzionali ma anche a proporre garanzie sociali, civili ed economiche a favore dei nuovi ceti emergenti. Questo movimento si opponeva alle pretese assolutistiche della corona ma voleva anche che il parlamento avesse una più estesa rappresentanza popolare. 
La guerra civile inglese, iniziata nel 1642 in seguito alla contrapposizione fra il re ed il parlamento, assunse anche un carattere religioso: la maggior parte dei Livellatori considerava la lotta contro la monarchia anche come lotta alla religione di stato, cioè all'Anglicanesimo ed alla sua base episcopale e gerarchica, molto legata agli interessi della corona. Questi membri dell'esercito di Cromwell sono invece di estrazione puritana e, opponendosi al Protestantesimo tradizionale in nome di una rinnovata purezza evangelica, vogliono rappresentare quasi una riforma della riforma. 
Essi chiedono la libertà del loro culto, più spazio per il loro associazionismo religioso e l'abrogazione delle discriminazioni che impedivano ai puritani l'accesso alle cariche pubbliche. A questo movimento dei Livellatori si aggiunge nell'esercito di Cromwell una corrente politica più radicale chiamata degli Zappatori (Diggers), di estrazione prevalentemente contadina, la quale cerca di modificare dal basso, in senso ugualitario e democratico, il "Nuovo Modello", come si chiamava il regime di Cromwell. Per costoro la rivoluzione contro la monarchia non doveva avere come scopo solo una ridefinizione dei rapporti costituzionali ma doveva incidere sull'insieme dei rapporti sociali. 
Gli zappatori esprimono il disagio dei ceti più poveri del paese e propongono la collettivizzazione delle terre ed un'organizzazione comunistica della produzione.
I diritti individuali 
I Livellatori non avevano affatto intendimenti sovversivi: erano contro la violenza ed il loro programma politico rispecchiava soprattutto gli interessi di quei ceti di commercianti, di artigiani, di piccola e di media borghesia che costituivano il nucleo più importante dell'esercito rivoluzionario. Un certo insegnamento di Hobbes non è estraneo al pensiero di questi Livellatori: Hobbes è partigiano del potere assoluto della monarchia, mentre costoro ne sono gli avversari, ma egli è anche sostenitore dell'individualismo dei nuovi ceti della borghesia e, da queste implicazioni individualistiche del suo pensiero, i Livellatori potevano trarre l'idea di diritti personali da far valere nei confronti sia della corona che del parlamento. 
Per questi Livellatori non si tratta solo di rendere più equilibrato il rapporto fra corona, parlamento e gli antichi poteri corporativi ma si tratta soprattutto di difendere i diritti del popolo e degli individui contro tutti i poteri consolidati su basi di privilegio; non è quindi bastevole una diversa distribuzione dei corpi politici tradizionali ma bisogna stabilire nuove misure protettive dei diritti e degli interessi di individui economicamente attivi e responsabili e garantire in parlamento forme rappresentative diverse da quelle dell'organicismo e del corporativismo sociale. 
A loro giudizio ciò che deve essere rappresentato è l'uomo più che il patrimonio dei cittadini o i privilegi delle comunità. I Livellatori non avevano niente contro la proprietà, erano anzi espressione della piccola e media borghesia ma l'idea della proprietà era collegata per loro soprattutto al lavoro imprenditoriale, al mondo degli affari, alla creatività personale e per questo non volevano che la proprietà feudale fosse rappresentata a scapito dei nuovi ceti sociali. Nessuna autorità, neppure quella del parlamento, è per loro legittimata ad esercitare costrizioni in materie concernenti la fede ed a vietare la libera pratica dei diversi culti secondo la coscienza di ciascuno; essi considerano perciò incostituzionali le leggi che interferiscono sulla libertà religiosa, anche se approvate dall'intero corpo dei rappresentanti del popolo. In campo sociale ed economico nessuna legge dovrebbe creare discriminazioni sia all'interno, sia nei rapporti internazionali pertanto i Livellatori esigono l'abrogazione di tutti i privilegi e di tutte le immunità esistenti, quale che sia la loro origine. Essi fanno delle proposte innovative anche nel campo della legislazione penale: nessuna sentenza può essere emanata senza leggi prestabilite approntate dal parlamento, i diritti dell'imputato devono essere difesi con presunzione di innocenza fino alla condanna e tutta l'attività giudiziaria deve essere sottratta ai pregiudizi sociali. I Livellatori sono comunque piuttosto moderati nella denuncia delle differenze di condizioni economiche e si oppongono ai programmi di abolizione della proprietà privata e di comunità dei beni proposti dai movimenti puritani più estremi; sono però convinti che il rafforzamento di una normativi comune, svincolata dai privilegi, possa favorire anche le trasformazioni sociali ed economiche.

La riforma economica
Più audace è il pensiero degli Zappatori, espresso soprattutto dall'opera di Gerrard Winstanley che si collega soprattutto ai ceti diseredati dell'esercito di Cromwell, i quali, nella lotta contro la regalità, erano animati da preoccupazioni di carattere sociale ed economico e non solo di natura istituzionale. La posizione di Winstanley è che la rivoluzione debba proporre, con metodi pacifici, una nuova costituzione sociale ed una nuova legge di libertà, una libertà che sia veramente comune e non quella per cui un fratello può escludere l'altro fratello dal pacifico godimento dei beni sociali. Il radicalismo di Winstanley insiste su questo principio: le discriminazioni della vita sociale nascono dalla legge del comprare e del vendere, legge che costituisce la base dell'attuale società, che è diffusa ovunque ma che non corrisponde ad alcuna misura di equità. La differenza fra monarchia e repubblica non è per Winstanley solo una differenza di istituzioni costituzionali; si tratta di due diversi prototipi di vita e quando si accetta la repubblica, bisogna trarne tutte le conseguenze anche in campo sociale ed economico ed impegnarsi a garantire che la nazione possa dare sostentamento a tutti i suoi cittadini. 
L'economia è fondamentale nella costituzione di uno stato ed ad essa compete affrontare questo problema: come governare la terra e le attività produttive senza subire il pressante condizionamento della legge del più forte. La polemica di Winstanley contro la monarchia è soprattutto polemica contro l'arte economica fraudolenta e di questa frode sono responsabili non solo il monarca ma tutti i ceti privilegiati che fanno parte del sistema. La repubblica deve invece restringere progressivamente i privilegi economici ed instaurare perciò, in modo pacifico, la legge della vera libertà. Come c'è una regalità politica, c'è anche una regalità economica che consente ad un fratello di togliere la terra ad un altro fratello; bisogna quindi provvedere ad instaurare valori di comunità e di solidarietà nella vita sociale, valori espressi dal governo repubblicano. La polemica di Winstanley contro il regime politico ed economico dell'Inghilterra del suo tempo si estende alle istituzioni ed alle gerarchie del clero anglicano e si spinge oltre, fino alla denuncia di quegli aspetti della dottrina spirituale e teologica del puritanesimo che, esaltando un paradiso pieno di benefici e di gratificazioni, sanciscono tuttavia in terra la miseria e la disuguaglianza, facendole apparire come dei prezzi che l'uomo deve pagare per la sua espiazione o come condizioni ineluttabili della vita sociale. Quando la teologia parla in questo modo, essa inganna i popoli: non bisogna riferirsi a Dio solo in vista del nostro destino extramondano, la vera religiosità va vissuta all'interno della creazione come impegno a trasformare le cose terrene e non come attesa messianica di un mondo extraterreno che promette tutti gli appagamenti futuri ma che abbandona i diseredati in terra. La religione istituzionalizzata mette il clero al servizio del potere, appoggia gli interessi dei potenti e trascura i valori della fratellanza, che sono i valori più profondi della teologia e dello spirito religioso; d'altra parte uno spiritualismo troppo incline alla penitenzialità non riesce ad impegnarsi in una trasformazione della realtà sociale corrispondente ai principi di giustizia del cristianesimo. Winstanley ritiene dunque che solo una radicale rigenerazione politica ed insieme religiosa possa dare alla rivoluzione inglese la sua positiva destinazione.
Egli tentò di formare tra i suoi seguaci delle associazioni per sfruttare in comune la terra con metodi collettivistici ma questi esperimenti non ebbero successo per divergenze interne e per le reazioni dei proprietari espropriati; fallì anche il suo proposito di affidare a Cromwell il compito di avviare queste riforme attraverso un deliberato intervento dell'autorità politica.

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