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Anima e morale teologica in Guglielmo di Ockham




Anche a proposito del concetto di anima Ockham utilizza il principio del rasoio: nessuno ha il diritto di dire che intelletto e volontà agiscano indipendentemente dall’anima; anzi sono gli atti di intellezione e gli atti di volizione a differire tra loro, ma ciò che li genera è sempre e cmq l’anima. La distinzione allora tra intelletto volontà e anima è solo nominale. Non esistendo universali, e dunque non esistendo fattori intermedi nella conoscenza tra un soggetto e un oggetto, non è più necessario ammettere l’esistenza di un intelletto agente che aiuta l’intelletto umano a conoscere portandolo all’atto di volta in volta, o ad attualizzare l’universale che in potenza è in tutte le cose. L’anima allora possiede la facoltà di autodeterminarsi. In effetti l’esistenza della liberta non è dimostrabile ma l’esperienza ci mostra che la volontà può rifiutare ciò che la ragione comanda. È possibile solo che Dio si ponga, se vuole, come fine delle creature. Proprio così si giustifica la Rivelazione. È su questo che si basa la sua morale teologica: un atto morale è tale solo se come fine ha Dio, l’amore di Dio. è solo Dio a stabilire cosa è bene o cosa è male. Nessuna legge è valida se prescinde dal volere di Dio. Un atto allora per essere moralmente buono deve essere libero e non il risultato di una costrizione; sarà con la retta ragione che l’uomo scegliera liberamente i aderire al comando di Dio. Il destino ultraterreno è però esclusivamente appannaggio di Dio: è Lui con la sua grazia che decide chi vuole salvare e nulla esclude che egli applichi maggior misericordia per chi meno lo merita o vive esclusivamente secondo ragione. Se è così allora prede ogni funzione mediatrice la Chiesa nell’economia della salvezza.

Tratto da LA FILOSOFIA NEL MEDIOEVO di Carlo Cilia
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