Skip to content

L'estro poetico di Andrea Calvo - 1800 -

L'estro poetico di Andrea Calvo - 1800 -



La guerra di indipendenza, che ispira l’autore dell’Inno alla libertà, accende anche l’estro poetico di Andrea Calvo nelle 20 “Odi”, pubblicate in due tempi, nel 1824 (“Lyra”) e nel 1826 (“Odi nuove”) con l’accompagnamento di una versione francese. Il poeta delle Odi era nato anch’egli a Zante nel 1792, ma se ne era allontanato ancora bambino, e viveva all’estero. Convisse per qualche tempo col suo compatriota Ugo Foscolo, facendogli da segretario.
Il Calvo aveva richiesto alla sua città natale un sussidio annuo per completare gli studi, e prometteva in compenso di tornare in patria a istruire i giovani del suo paese. Nel 1815 il Foscolo si recò in Svizzera. Il Calvo non poté seguirlo, ma lo raggiunse a Londra e ne accettò l’ospitalità. Se ne allontanò, tuttavia, non appena si fu assicurata, col dare lezioni di greco, una certa indipendenza economica che gli permise di sposarsi con una inglese, morta di lì a poco. Il Foscolo si dolse dell’abbandono e tacciò Calvo di ingratitudine. Scoppiata la lotta in Grecia, il Calvo si presentò a Nauplia, ma il Governo provvisorio non credette valersi dei suoi servigi. Nel 1826 lo troviamo a Corfù, dove istituì una scuola privata. Nel 1859 tornò nuovamente in Inghilterra e si sposò per la seconda volta. Morì a Londra nel 1876.
La poesia del Calvo rivela un classicismo foscoliano. Vi è una ricerca di vocaboli preziosi, nell’uso di metafore continuate. Vi è inoltre l’abbandono della rima. Il patriottismo, la fierezza morale, la fede nella virtù, conforto più alto e consolazione alla vita dell’uomo, sono tra i toni più frequenti di questa lirica ora filosofica ed etica, ora patriottica, che trova accenti di tenerezza nella nostalgia della materna Zacinto.
L’epopea cleftica
Come Bisanzio negli acriti, così la Grecia moderna ebbe i suoi eroi nei clefti. I clefti sono combattenti della montagna, gli uomini che hanno scelto di vivere tra le rupi e di dividere con le fiere il covile, piuttosto che di essere, nella pianura, schiavi del turco. Essi sono anche dei fuorilegge che vivono di rapina, taglieggiando turchi e servi del turco, ma il loro nome, che designava in origine il predone, il bandito (cleftis è l’antico kleptes, ladro), è divenuto glorioso e onorato. Questi eroi della perenne guerriglia contro il giogo turco ebbero parte di primo piano nel movimento greco per la indipendenza e nella guerra per la liberazione. Gli uomini della montagna erano il potenziale esercito della Grecia oppressa, il rifugio estremo della libertà, una scuola di virtù morale e di eroismo.
Dei clefti il popolo ha fatto i suoi eroi e ha elaborato nei canti le loro gesta, i loro nomi, il loro leggendario valore. Già nel corso del secolo XVIII questi canti hanno espresso e riacceso la coscienza nazionale, alimentata dai clefti nelle aspre montagne della Rumèlia, e l’hanno diffusa per le isole, come prima voce di un popolo ansioso di libertà. Una eco di questi canti vibra nell’appello del Rigas. La Grecia insorta era da qualche anno in armi, quando in Francia Carlo Fauriel, professore alla Sorbona di filologia romanza, e noto per i suoi studi sulla poesia trovadorica, rivelò all’Europa i canti cleftici, nel primo volume dei suoi “Canti popolari della Grecia moderna” del 1824.
L’eredità dei canti cleftici fu raccolta invece da un altro poeta d’arte, da Aristotele Valaoritis.

Tratto da LINGUA E LETTERATURA NEO-GRECA di Gabriella Galbiati
Valuta questi appunti:

Continua a leggere:

Dettagli appunto:

Altri appunti correlati:

Per approfondire questo argomento, consulta le Tesi:

Puoi scaricare gratuitamente questo appunto in versione integrale.